Strategie di Turnaround
Strategie di turnaround: con cui arrestare il declino dei risultati economico – finanziari e recuperare la redditività.
I primi studi nella letteratura statunitense distinguono tra:
- Strategie di livello corporate: ridefinizione strategica
- Strategie di livello business: recupero efficienza gest.operativa
La distinzione di Schendel et alii tra interventi strategici ed operativi era basata sulla considerazione della diversa natura delle cause del declino delle performance. Schendel et alii rilevano che, sebbene molte delle cause del declino sono dovute a ragioni di efficienza, più spesso il turnaround si realizza con mosse strategiche.
Hambrick e Schecter provano che sia una strategia di efficienza che una imprenditiva comportano risanamenti di successo, anche se questi più spesso sono il risultato delle prime. Le cause e la severità del declino sono variabili contingenti rispetto alla scelta della corretta strategia di turnaround da adottare.
O’Neill (1988) da un modello di tali variabili, come fattori che influenzano la scelta della strategia in funzione della prevedibile efficacia , quali:
- Posizione competitiva: forte, media, debole
- Settore industria: frammentato, concentrato
- Ciclo di vita prodotto: sviluppo, maturità, declino
- Stadio di sviluppo impresa: 1 Piccola Impresa, 2 impresa a reparti, 3 impresa a divisioni
- Gruppo strategico: stabile, dinamico
- Causa del declino: interno-amministrativa, ciclica, competitiva, politica
Tipi di strategie:
Strategie management: sostituzione di membri dell’alta direzione, ridefinizione della missione, ricostituzione del clima di fiducia tra i dipendenti e con gli interlocutori esterni; hanno valenza strategica
Strategie cutback: controllo e riduzione dei costi, liquidazione di attività, eliminazione di aree d’affari in perdita
Strategie growth: presuppongono l’esistenza di condizioni e risorse in grado di recuperare ricavi mediante nuove strategie di marketing per gli attuali prodotti, o entrando in nuove aree d’affari; hanno valenza strategica
Strategie restructuring: nuove modalità di gestione delle esistenti attività, come l’innovazione di processo, nuovi canali distributivi, ristrutturazioni organizzative, sistemi manageriali
Robbins, Pearce (1992). La ricerca empirica,intende provare l’efficacia di strategie di turnaround, identifica una costante nei comportamenti: ricreare cash flow positivo spinge ad anteporre provvedimenti di ridimensionamento (retrenchment) e, solo dopo aver arrestato il declino, ad avviare opzioni strategiche di rilancio attraverso il recupero (recovery) di potenziali di profitto. Due alternative per il rilancio: l’impresa impiega la preesistente strategia su base ridimensionata (turnaround operativo), l’impresa avvia un nuovo stadio di sviluppo strategico (turnaround imprenditivo) Il turnaround di successo è spesso un processo a più stadi, in parte anche sovrapposti.
Lo stadio del ridimensionamento: riduzione costi/attività con obiettivi di sopravvivenza e cash flow positivo, attuando strategie di liquidazioni, disinvestimenti, miglioramento efficienza operativa, eliminazioni prodotti, tagli personale
Lo stadio del rilancio: obiettivi di redditività di lungo periodo, e sviluppo di mercato; strategia di turnaround operativo comporta investimenti al fine di recuperare l’efficienza delle esistenti combinazioni prodotto-mercato; strategia di turnaround strategico implica l’introdursi in nuovi mercati e nuovi prodotti
Il modello del processo di turnaround di Robbins e Pearce cerca di spiegare le relazioni tra: la situazione di declino, la risposta di ridimensionamento, la risposta di rilancio, il grado di successo del processo.
Dal modello si evince che: fattori esterni ed interni portano a situazioni di turnaround, situazioni severe richiedono ridimensionamento delle attività, dopo la stabilizzazione, strategie di rilancio; per cause esterne strategie imprenditive.
Aspetti delle situazioni di turnaround delle piccole imprese. Per le pi sono più frequenti i fallimenti che i risanamenti. Una piccola impresa realizza con difficoltà una strategia di turnaround efficace.
Cause di fallimento delle piccole imprese sono amministrative, soggette a controllo dell’imprenditore, prevedibili e evitabili. Cause per a fattori ambientali hanno una scarsa incidenza, ciò a conferma della capacità di adattamento della piccole imprese.
Il declino della quota di mercato, del numero di clienti, la perdita dei maggiori clienti costituiscono la limitata capacità di conoscere il proprio mercato, il proprio vantaggio competitivo.
L’improvviso aumento dell’indebitamento è l’effetto di errori di valutazione del potenziale di vendita, della durevolezza del proprio vantaggio competitivo.
L’abbandono dei dipendenti è l’effetto di un clima interno deteriorato da difficoltà economico-finanziarie, o l’effetto di uno scarso processo di delega.
La crisi della piccole imprese dipende da limitazioni dell’imprenditore: non comprende il problema strategico, valuta in modo errato la crescita senza percepirne i riflessi finanziari ed economici.
Una ricerca su un campione di piccole imprese Usa del commercio al dettaglio evidenzia che limitazioni manageriali degli imprenditori sono causa principale di fallimento. Sono la mancanza di competenze manageriali e di pianificazione a determinare dissesti. Ma non si pensi che il fallimento sarebbe evitabile introducendo la pianificazione formale.
Una ricerca svolta da Perry (2001) tenta di verificare l’esistenza di una correlazione tra la mancanza di pianificazione formale e il fallimento della piccola impresa. Le imprese più piccole non impiegano la pianificazione formale, perciò è difficile dimostrare l’esistenza di tale correlazione.
Specificità delle situazioni di turnaround di piccole imprese – Alcune circostanze che caratterizzano situazioni di turnaround della piccola impresa: l’imprenditore nasconde a se stesso la necessità di prendere provvedimenti, il declino evolve rapidamente, le risorse finanziarie sono poche la pi non può aspettarsi l’aiuto governativo, i problemi strategici e organizzativi sono semplici ma è difficile sanare carenze in funzioni chiave, il risanamento investe tutta l’impresa.
Da una prima ricerca (Lang, 1993) emerge l’utilità di distinguere tra il concetto di crisi e quello di declino:
- Lo stato di crisi implica una contrazione drastica dei risultati, un’inversione del loro andamento
- Il declino si manifesta con un andamento livellato del tasso di deterioramento dei risultati
La piccola impresa è più vulnerabile di fronte al graduale declino dei risultati. Lo stato di crisi impone soluzioni tempestive, provvedimenti immediati per reperire risorse.
Il declino delle performance può dipendere da forze ambientali (Parker, 1989) quando la piccola impresa operi in settori o aree d’affari in declino. La piccola impresa mono settoriale non può dismettere l’area di affari e successiva diversificazione.
La piccola impresa operante in mercati domestici esposti alla globalizzazione, quando il settore è in declino, è molto vulnerabile. Con il settore in declino, i soli provvedimenti di natura interno – amministrativa non sono efficaci.
Servono strategie imprenditive miste tra opzione di efficienza; le pi con strategie focalizzate ottengono migliori risultati
Le strategie di turnaround di piccole imprese – La natura dei settori influisce sul successo del turnaround che è più problematico per le imprese dei settori maturi in declino, rispetto a quelle dei settori esposti a fluttuazioni cicliche.
La risposta di ridimensionamento in fase recessiva dell’economia
Le attività di ridimensionamento, che eliminano costi ed elementi dell’attivo, sono una risposta idonea a condizioni macroeconomiche deteriorate.
Per le piccole imprese le azioni di ridimensionamento pongono in evidenza i punti di debolezza competitiva dell’impresa; per la piccole imprese tali azioni rappresentano la principale risposta per superare la recessione; la dismissione di aree d’affari, la diversificazione, il reperimento di risorse finanziarie aggiuntive sono strade difficilmente praticabili.
Michael e Robbins (1998). I risultati della ricerca:
le piccole imprese nel ridimensionamento devono proteggere i fattori che non possono essere acquisiti facilmente sul mercato; i costi di Ricerca & Sviluppo dovrebbero avere la più bassa priorità di qualsiasi altro fattore di costo; i costi dei canali di marketing dovrebbero avere una priorità inferiore a quelli di pubblicità; gli impianti dovrebbero avere una priorità inferiore rispetto alle scorte; i dirigenti e i quadri dovrebbero avere una priorità inferiore rispetto al personale pagato ad ore.
De Dee e Vorhies (1998) attività di ridimensionamento che aiutano le piccole imprese nel fronteggiare una fase recessiva: capacità di sviluppo nuovi prodotti da incentivare, però spese di Ricerca & Sviluppo da monitorareo.
Quali azioni possono essere intraprese dal management per mitigare gli effetti sulle performance dell’impresa? Occorre lavorare su commessa di clienti (che, in fase recessiva, scelgono prodotti a basso prezzo e inferiore qualità); la riduzione in area marketing può avere rischi, in caso di spese per forze di vendita, la pubblicità o la gamma dei prodotti offerti.
Ridimensionamento e rilancio in un settore in declino. I risultati della verifica empirica di Robbins e Pierce: le piccole imprese pongono in essere attività di ridimensionamento di entrambi i tipi (costi e attività); i fattori che influenzano la decisione di ridimensionare sono la maggiore dimensione e la severità della situazione; le imprese colpite da uno stato di crisi avevano attuato ridimensionamento nei costi e nelle attività, fino a recuperare quasi l’originario livello di performance; la sola riduzione dei costi non è efficace per le imprese con situazione di turnaround meno severa.
Strategia di rilancio: ricerca di efficienza o ricerca di riposizionamento strategico? Su quali aree funzionali le imprese fanno leva per realizzare la strategia prescelta? I RISULTATI (Robbins, Pearce): le piccole imprese realizzano cambiamenti nei sistemi manageriali, organizzativi, nei sistemi produttivi, in competenze distintive; nessun cambiamento nei prodotti e nei mercati; (i cambiamenti orientati all’efficienza superano quelli imprenditivi); le risposte le imprese del campione non mostrano una preferenza significativa, per strategie di rilancio di tipo imprenditivo rispetto a quelle di efficienza; per le imprese del campione che attribuiscono il declino a cause esterne, è più efficace una strategia di riposizionamento; per quelle che attribuiscono il declino a cause interne, una strategia di efficienza.
Azioni intraprese per il rilancio: l’impresa si focalizza su prodotti ad alto margine per gruppi ristretti di clienti; investe in tecnologia di processo; realizza strutture funzionali semplici e accentrate.
I risultati delle ricerche dimostrano l’utilità di una risposta alla situazione di turnaround che conserva il preesistente orientamento strategico e che si fonda su ridimensionamento di costi e attività.
Nella piccole imprese il turnaround è un intervento di tipo preventivo, promosso e realizzato da un consulente esterno il quale:
- deve valutare il posizionamento competitivo dell’impresa;
- deve negoziare nuovi termini con creditori, banche e fornitori;
- avvia interventi di ridimensionamento dei costi e delle attività;
- se necessario, promuove interventi di riposizionamento strategico.