La rilevazione dei prezzi in Italia
Questi sono gli ultimi dati che abbiamo, 2012, i comuni capoluogo che partecipavano alla rilevazione erano 84. Ne abbiamo perso uno rispetto al 2011. Invece di andare avanti siamo andati indietro. Non è perso completamente, è perso per il 2012. Siena ha interrotto perché Istat non ha ritenuto questo comune attendibile dal punto di vista di costruzione di indice e quindi lo ha fatto uscire dalla rilevazione. Mi auguro che l’uscita sia provvisoria. È già successo anche con altri comuni di dimensioni più grandi di Siena. Purtroppo sta di fatto che sia perso diciamo un comune di discrete dimensioni. Può anche capitare che un comune salti un indice. È una cosa molto incresciosa, a Genova non è capitato. Ma è capitato a comuni di grosse dimensioni, anche magari per problemi non proprio dipendenti da loro. Qualche comune ha avuto dei crash informatici e non sono riusciti ad avere la rilevazione. Altri comuni, sto parlando di comuni capoluogo di regione, non faccio nomi, ma hanno ricevuto una ispezione Istat perché non lo ritenevano attendibile dal punto di vista della rilevazione, qualcuno è finito anche sulla carta stampata. Questo per ribadire l’estrema attenzione dell’Istituto nazionale di Statistica. Prendiamo questi 84 comuni che riescono a costruire un indice più che affidabile. In questi comuni vengono interrogati, vengono comunque considerati circa 42 mila punti vendita e ci addentriamo nella organizzazione vera e propria della rilevazioni, anche 8300 abitazioni presso le quali vengono rilevati i canoni di affitto. Parliamo di numeri abbastanza grandi: 42 mila esercizi, negozi e quant’altro in cui vengono rilevati i prezzi, e 8300 abitazioni in cui vengono rilevati i canoni di affitto. Ogni mese si rilevano quasi 600 mila quotazioni di prezzi. Non abbiamo parlato di prezzi, ma di quotazione dei prezzi. Ogni quotazione non rileva solamente il prezzo ma tante altre cose del prodotto, vedremo quali cose si rilevano insieme al prezzo. Di queste 591 mila rilevazioni, la maggior parte, circa il 78% sono rilevate dai comuni, da UCS, ma ce ne è una parte importante, 22-23%, 80.000, che sono rilevate direttamente da Istat. Istat ha una duplice funzione: non solo verifica, controllo dei dati di aggregazione dei vari indici regionali, ma anche funzione di rilevare direttamente determinate quotazioni di prodotti. Vedremo quali sono quelle che rileva direttamente Istat e vedremo perché vengono direttamente rilevate da Istat e perché non le rilevano i comuni. Istat non solo controlla, ma opera esecutivamente con la rilevazione dei prezzi. Questa è una rappresentazione di come la rilevazione dei prezzi sia distribuita sul territorio nazionale. Ad eccezione del Nord Est, in cui tutte le 22 province del nord est operano e costruiscono un indice dei prezzi, ci siano nelle altre macro regioni italiane delle carenze. Il nord ovest ha anche dei buchi, mi pare in Lombardia. Noi siamo abbastanza virtuosi, tutte e quattro le province, sia pure con diverso titolo, sono in grado di costruire l’indice. Man mano che si scende al sud, appaiono evidenti le lacune. Anche dove c’è una piena copertura, nella Campania, pensate che solo nel 2007 Napoli e Salerno costruivano l’indice. Benevento era in fase di costruzione, Caserta e Avellino non ce la facevano. Poi evidentemente si sono adeguate. Questo cosa ci dice? Che il grado di copertura territoriale, rispetto alla popolazione italiana, è di 52 milioni su 60, abbiamo un grado di copertura dell’86,3%, che comunque è già abbastanza un successo. La legge italiana impone l’ obbligatorietà degli uffici comunali di statistica solo per comuni con più di 100 mila abitanti. Quelli si devono sicuramente adeguare. Capite bene che non sono tantissimi i comuni che raggiungono i 100 mila abitanti. Ci sono tutta una serie di capoluoghi che non arrivano a questo valore e che spesso non hanno degli uffici di statistica completamente preparati per la costruzione dell’indice. Hanno magari personale che si occupa non esclusivamente di statistica. Magari opera su lavori di anagrafe, di demografia, ma non fa esclusivamente statistica. Il compito dell’Istat è cercare di salire a questo dato, arrivare al 100% recuperando quelle realtà, specialmente nel centro e sud Italia che non ce la fanno. A questo proposito il fatto dell’accorpamento di determinate province può essere utile. accorpando alle province più piccole province più forti, magari si riesce a costruire l’indice in quelle zone del territorio italiano che ora non sono ancora coperte. Andiamo a vedere i campi di osservazione degli indici. Gli indici dei prezzi al consumo misurano anzitutto una variazione dei prezzi nel tempo. Ovviamente non di tutti i beni e servizi, è impossibile, sarebbe inumano andare a rilevare tutto quello che si vende al dettaglio e al consumo in ogni territorio. Misurano le variazioni di un insieme di prodotti che costituisce il paniere, che comprende i prodotti più rappresentativi, secondo una scelta fatta esclusivamente da Istat ma che comporta il parere di vari uffici comunali di statistica. La cosa che si impara è che non vengono rilevati i prezzi di tutti i prodotti, ma quelli di un paniere. Questa slide ci dice quali sono gli indici che vengono costruiti tramite la rilevazione dei prezzi:
- NIC, l’indice nazionale intera collettività, è il più comunemente usato per gli studi e le ricerche e che vedete da tutte le parti;
- FOI, Indice di prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, indice costruito insieme al NIC con alcune brevi differenze, è l’indice al quale vengono attribuiti gli effetti amministrativi più importanti. Ad esempio l’adeguamento dei canoni d’affitto. Non vengono adeguati in base al NIC, ma in base al FOI;
- PCA, indice armonizzato dei prezzi al consumo a livello europeo.
La legge in più fa anche costruire altri due indici che derivano direttamente da questi. Da questi due indici nazionali nascono questi due indici, che noi per comodità chiamiamo NIS e FOS. La S indica senza. Non è una simbologia ufficiale. È una terminologia degli ucs per semplificare le cose. NIS Nazionale Intera Collettività senza tabacchi e FOS senza tabacchi. Escludono dalla rilevazione solamente i tabacchi. In genere, i due indici coincidono o al massimo c’è un decimale di differenza. Si calcolano solo perché lo impone la legge: non hanno più valenza amministrativa né formale. Il NIC è l’indice dell’intera collettività. Considera il paese come un’unica grande famiglia di consumatori. Eravamo arrivati a descrivere il NIC. Il NIC è l’indice più importante, considera tutta la collettività dei consumatori, è l’indice con maggiori possibilità analitiche di studio e comparazione sul piano territoriale nazionale ed internazionale. È l’indice che trovate quasi sempre, se trovate dati diffusi sull’indice dei prezzi, quasi sempre trovate il NIC. Quasi mai si parla di FOI indice dei prezzi al consumo delle famiglie di operai ed impiegati. Si parla solo di questo indice quando ci sono degli effetti amministrativi. È l’indice col quale si adeguano i valori monetari di anni e periodi diversi (per esempio è utilizzato per adeguare ai canoni di affitto gli assegni dovuti al coniuge separato). Abbiamo come UCS molte telefonate i giorni seguenti l’uscita dell’indice definitivo, quello che è a metà mese. I cittadini, quando ci sono soldi di mezzo sanno quando è diffuso l’indice definitivo, chiamano l’ufficio di statistica e ci chiedono l’indice dell’ultimo mese per adeguare il canone di affitto. IPCA nasce con Maastricht elaborato dal 1997. Permette ad Eurostat di diffondere un indice armonizzato dei paesi UE. Permette soprattutto di elaborare e diffondere l’indice sintetico europeo che ovviamente deriva da una elaborazione degli indici nazionali. Cosa hanno in comune e di differenza questi indici? Se non ci fosse la rilevazione dei prezzi nessuno dei tre si potrebbe costruire. La metodologia di calcolo è uguale per tutti e tre gli indici, come anche la base territoriale, si lavora in quei comuni che riescono a costruire un indice. Lo schema di classificazione del paniere che tra un po’ esamineremo è comune a tutti e tre gli indici. Se sono tre indici diversi è perché qualcosa cambia da uno all’altro. NIC e FOI si basano sullo stesso paniere e sui consumi finali delle famiglie. Però a ogni bene e servizio è attribuito un peso differente. Per esempio, la pasta può avere un peso percentuale dell’1% in NIC, nel FOI avrà un altro peso percentuale, sicuramente un po’ di più, comunque il FOI è riferito ad un insieme di famiglie che tiene conto solo degli operai impiegati e non tiene conto della grande ricchezza, dei grandi patrimoni. Il paniere è lo stesso ma il peso dei prodotti, vedremo che importanza hanno sul paniere, sono diversi. Differenze tra gli indici: entra in scena IPCA. Ha la stessa popolazione del NIC e FOI ma si differenzia dagli altri perché si riferisce alla spesa monetaria per i consumi finali sostenuta esclusivamente dalle famiglie. Vuol dire che l’IPCA tiene in considerazione solo le somme spese effettivamente dalle famiglie nell’acquisto dei prodotti. Ci sono dei prodotti, come per i medicinali, in cui la famiglia non paga il prezzo pieno, ma il ticket, una parte dell’effettivo prezzo del medicinale, il resto lo paga lo stato, la pubblica amministrazione. La differenza per l’IPCA è questo: considera quanto pagato dalle famiglie. La differenza è minima, ma su alcuni prodotti, o alcune categorie di medicinali. Per esempio sui farmaci di fascia A, i salva vita. Il consumatore paga il ticket e la spesa sostenuta dallo stato è maggiore. Il prezzo pieno comprende il ticket più una parte di somma che dev’essere inglobata al ticket. Esclude alcuni prodotti: lotterie, lotto e i concorsi pronostici. Non ci rientrano per il semplice motivo che gli altri paesi europei abbiano un sistema di gioco simile al nostro. Non si può fare una comparazione diretta. Lotterie, lotto, concorsi pronostici, alcune rilevazioni sui servizi di istruzione, anche sulle assicurazioni della vita, vengono proprio tolte dall’IPCA, è impossibile armonizzarle a livello europeo. Sicuramente Eurostat si darà da fare per ampliare la popolazione di riferimento. Ancora qualche differenza. Della prima parte vi ho già detto. Questo è importante. L’IPCA considera le riduzioni temporanee di prezzo: promozioni, saldi e sconti. NIC e FOI non ne tengono conto. Noi come UCS nella rilevazione siamo costretti a rilevare anche i saldi, gli sconti e le promozioni, questo serve a calcolare l’IPCA. Nel calcolo del NIC e FOI il programma non tiene conto di saldi sconti e promozioni. Tenete presente che a proposito di saldi sconti e promozioni, le istruzioni impartite da Istat sono molto severe. Lo sconto che si va a rilevare in un negozio, deve permanere per almeno 15 giorni nel negozio stesso. Il rilevatore è obbligato ad accertarsi se la promozione avrà una dorata di almeno 15 giorni, altrimenti non ne deve tenere conto. Non solo, deve essere accessibile a tutti i consumatori. Se vado alla Coop e non sono socio Coop non ho diritto a determinati sconti, proprio perché non sono socio, mentre chi è socio ne ha diritto. Questa è una disomogeneità che non può essere ritenuta valida, non vale per tutti i consumatori. Se non tutti i consumatori hanno diritto allo sconto, esso non si calcola. Si calcola il prezzo pieno di vendita. Questo non ha nessun effetto per il calcolo di NIC e FOI, ce lo ha per l’IPCA. Per gli sconti bisogna che abbiano durata di almeno 15 giorni e che tutti ne possano usufruire, altrimenti il rilevatore non ne deve tenere conto. Incominciamo ad addentriamoci nell’organizzazione. Immaginiamo che da domani siete incaricati a costruire l’indice dei prezzi. La prima domanda che vi dovete porre è: i prezzi che devo rilevare, di quali prodotti sono? Chi è che definisce la struttura del paniere? Noi UCS o Istat? La struttura del paniere, tutti i prodotti che devono essere rilevati lo definisce Istat, con dei pareri e suggerimenti che ogni UCS è tenuto a mandare. In questo periodo si sta ridefinendo il paniere del 2013. Non vi posso dire le novità per una questione di segretezza d’ufficio di cui Istat è molto geloso, però le novità che verranno introdotte nascono da concertazione tra ogni ufficio comunale di statistica e Istat stesso. Genova fa le sue proposte ma non vengono accettate: magari se ne accetta una dell’anno scorso che quest’anno non abbiamo riproposto. Quantomeno prima o poi ne hanno tenuto in considerazione.