Poste in valuta estera
La variabilità dei cambi determina incertezza sul valore delle poste contabili derivanti da operazione in valuta diversa dalla moneta di conto: dovendo contabilizzare in moneta di conto tali operazioni sorge il problema della scelta del tasso di cambio per la conversione. Fino al 2003 la normativa del codice civile era praticamente assente.
Con il decreto legge numero 6/2003 vi sono state importanti modifiche nelle regole civilistiche: è stato introdotto il 2° comma dell’articolo 2425 bis che stabilisce che “i ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta, devono essere determinati al cambio corrente (cambio storico) alla data nella quale la relativa operazione è compiuta (effettuata)”.
L’operazione si ritiene compiuta quando:
- Per le compravendite di beni mobili alla data di consegna spedizione;
- Per i passaggi di proprietà di beni immobili alla data di stipula del contratto;
- Per le prestazioni di servizi alla data di ultima azione.
Con il decreto legge numero 310/2004 è stato introdotto il nuovo punto 8-bis dell’articolo 2426 che afferma che “le attività e le passività in valuta, a eccezione delle immobilizzazioni, devono essere iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio e i relativi utili e perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l’eventuale utile netto deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie costituite da partecipazioni rilevate al costo espresse in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto o a quello inferiore alla data di chiusura dell’esercizio se la riduzione debba giudicarsi durevole”.
Quindi devono essere espresse al cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio (cambio corrente):
- Voci dell’attivo circolante, crediti, rimanenze di magazzino, attività finanziarie non immobilizzate, disponibilità liquide;
- Passività (tutte)
- Immobilizzazioni finanziarie consistenti in crediti.
Devono essere espresse al cambio storico, definito come cambio in vigore alla data in cui sono state convertite in moneta di conto la prima volta:
- Le immobilizzazioni materiali e immateriali;
- Le partecipazioni, fatta eccezione per quelle valutate con il metodo del patrimonio netto che invece sono anch’esse da valutare al cambio corrente;
- Titoli immobilizzati compresi tra le attività finanziarie (documento numero 1 dell’OIC)
Le immobilizzazioni in valuta rimangono espresse al cambio storico a meno di perdite durevoli (significativa, persistente, che non lascia presagire inversione di tendenza) su cambi.
Le poste diverse dalla immobilizzazioni, invece, devono essere espresse al cambio corrente e le eventuali differenze di cambio devono essere inviate a conto economico alla voce C.17-bis.
Una volta inviate a Conto Economico le differenze di conversione cambi si deve tuttavia evitare che queste possano originare redditi da distribuire ai soci poiché sono utili ancora non realizzati.
Se l’azienda chiude in perdita non si avrà nessuna rilevazione in quanto non vi è nessun utile potenziale su cambi che corre il rischio di essere distribuito.
Se l’azienda chiude in utile (con conseguente rischio di distribuire l’utile su cambi non realizzato) e C.17-bis è positivo (utile e perdite su cambi) si dovrà accantonare con delibera assembleare l’utile su cambi in una apposita riserva non disponibile (se non per copertura perdite) pari alla differenza da conversione.
Negli esercizi successivi si deve rideterminare in sede di chiusura dei conti il saldo netto da conversione cambi usando la differenza tra cambio fine esercizio e:
- Cambio della fine dell’esercizio precedente se la stessa posta esisteva già nell’esercizio precedente;
- Cambio del giorno di effettuazione dell’operazione se la posta è sorta nel corso dell’esercizio del quale si redige il bilancio.
Se emerge una perdita da conversione o un utile inferiore all’importo della riserva precedentemente iscritta, essa sarà girata a riserva disponibile.
Se invece emerge un utile da conversione cambi superiore al saldo della riserva di conversione già esistente, quest’ultima dovrà essere incrementata tramite prelevamento dall’utile d’esercizio.