Minsky
In opposizione alle teorie neoclassiche, dice che le logiche degli operatori economici sono difficili da interpretare, si evolvono nel tempo e l’assunto di base dell’economia neoclassica è fallace perché parte dalla presenza di operatori razionali e questa è una costante nel tempo.
Minsky invece dice che le decisioni di investimento sono prese da operatori (bankers e imprenditori) che hanno una visione del futuro molto mutevole nel tempo e una propensione al rischio molto mutevole nel tempo.
Ci sono periodi in cui gli operatori sono avversi al rischio e questo però degrada in una situazione in cui i rischi sono sottovalutati e maggiore propensione al rischio e le previsioni diventano così positive da far mettere in piedi investimenti che sicuramente non daranno frutti. È quindi un ciclo
economico che muta.
L’instabilità quindi non è il frutto di uno shock esterno e va sempre tenuto conto che è il sistema finanziario ed economico che ha una tendenza endogena ad evolvere verso situazioni di crisi, una situazione in cui si mettono in piedi tanti investimenti con scarsa redditività futura e subentra poi una fase di grandissima avversione al rischio e si vendono tutti gli attivi e il prezzo continua a crollare (chiamata debt deflationda Fisher).
La ricetta di Minsky per evitare questa tendenza naturale al disordine è la normativa cioè raccomanda i freni da parte del governo e delle banche centrali sul sistema, cioè avere un sistema finanziario che non si porta mai su un livello di propensione al rischio molto elevato, in modo che la visione dei bankers rimanga molto diversa da quella degli imprenditori.
Taleb dà invece meno importanza alle banche centrali e ai governi.
La cartolarizzazione (securitization) non è la causa della crisi, è stato semplicemente un veicolo alla eccessiva sottovalutazione dei rischi futuri. Una situazione di stabilità per Minsky è pericolosa perché crea un volano all’assunzione dei rischi.
Questa non era la visione che è prevalsa in tutti gli anni 2000 che viene definita great moderation. Non leggere questi documenti. Loro due hanno analizzato l’andamento dell’economia americana dagli anni ’80 e hanno visto una situazione in cui l’inflazione scendeva, bassa volatilità del PIL, il sistema economico evolveva verso una situazione di stabilità nel tempo.
Secondo gli autori questo crea una maggiore stabilità e crea delle premesse per un sistema finanziario meno costoso, maggiore circolazione del denaro, maggiori investimenti quindi una situazione positiva. Questo si è verificato perché ci sono dei dati storici. Ma perché? Portano varie motivazioni, è merito delle banche centrali che hanno operato in maniera molto reattiva e hanno subito combattuto fasi di recessione, aumento dei tassi in crescita forte, veloci abbassamenti in periodi di crisi, anche il sistema finanziario andava verso un sistema non bancario.
Questa visione è stata implementata dalle banche centrali, dal governo e dagli operatori economici.
Se la Great moderation lotta l’inflazione, deregulation creava un sistema più stabile.
Minsky vedeva questo come un set di elementi pericolosi. Money market capitalism cioè fusione tra banker e businessman.
Su questo filone, simile al pensiero di Minsky, troviamo Roubini. Si è specializzato subito sulle patologie dei mercati emergenti. Ha analizzato l’andamento dei mercati emergenti in situazioni di stress (crisi valutaria, crisi di fiducia).
Roubini arriva a capire che il contagio cioè trasmissione della crisi da un comparto all’altro, da un paese all’altro, l’impatto che le crisi hanno sugli operatori creano dei fenomeni di importanza enorme.
Ad un certo punto Roubini dice che questi fenomeni si possono verificare anche per sistemi più sviluppati (prima si pensava che si verificassero solo in paesi poco sviluppati), eccesso di leva, investimenti che vengono finanziati perché arrivano enormi capitali (all’inizio si fanno investimenti con grandi ritorni e poi cose sempre meno attraenti), poi ci sono fasi di pessimismo in cui i capitali corrono indietro, c’è crisi valutaria con svalutazione e generale crisi del paese che si conclude poi con un default (tipico nei paesi del sud America).
Lui dice che c’è enorme afflusso di denaro dall’estero per comprare azioni, immobili, titoli di stato, passività private, questo ha generato situazione di bonanza cioè enormi disponibilità finanziarie per molti progetti (Minsky avrebbe detto che questa crescita siccome dura da trent’anni quando scoppierà lo farà in maniera enorme e inoltre ci sarà un impatto generalizzato difficile da prevedere).
Tra le critiche che venivano fatte a Roubini c’era che scriveva ricerche interessanti ma con quasi nullo ricorso alla modellizzazione statistica delle teorie che espone. Ma se ci si pensa, quando ha senso usare la statistica e la modellizzazione?
Quando ho leggi precise, quando so che il modello di comportamento degli operatori sia lo stesso. Ma se ogni anno il comportamento cambia è impossibile modellizzare. Se invece parto da una prospettiva come quella di M, R, T in cui non conosco le modalità e i comportamenti degli operatori economici che passano da euforia a conservatorismo è impossibile fare modelli matematici.
Anche Roubini pone l’accento sul sistema finanziario ombra cioè prevede un ruolo importantissimo da operatori che sono de localizzati e a priori sconosciuto (fondi di investimento, operatori di investimento) questo sistema non lo riesco a controllare, anche quando pongo regole sulle banche non riesco a fare niente.
Se si dice che nel 2011 il credito non può crescere (sono la quantità di prestiti), se faccio così non ottengo niente in un sistema come quello attuale perché questa necessità di capitale che le banche non possono più accontentare allora si rivolgeranno ad operatori parabancari che hanno logiche diverse e agiscono sullo stesso ambito. Infatti negli anni immediatamente prima della crisi le imprese si finanziavano non tramite le banche ma tramite queste shadow bank a prezzi più vantaggiosi oppure rivolgendosi direttamente al mercato.