La crisi si ripercuote sulle imprese
Come la crisi si sta ripercuotendo sulle imprese, abbiamo dati economici molto preoccupanti. Abbiamo la fortuna che il sistema camerale ha molte informazioni e che non sono a disposizione di tutti, le società che ci vendono informazioni.
Prospetto: UNIONCAMERE ha voluto osservare l’attuale congiuntura e fare alcune riflessioni. Poi hanno fatto analisi su green economy quindi come la tutela dell’ambiente nell’economia abbia effetti interessanti. Il nostro paese che ha un patrimonio culturale enorme e non riusciamo a sfruttarlo bene.
Come imprese italiane siamo in difficoltà, c’è carenza di domanda interna e anche all’estero i consumi hanno problematiche a crescere per cui possiamo fare qualcosa al massimo per recuperare delle quote di mercato.
Le imprese sotto i 50 addetti sono molto in difficoltà, quelle sopra i 50 meno. In Italia c’è un esercito di piccole e microimprese, qualche migliaio di medie e grandi. Quindi quando ci dicono che le grandi vanno bene bisogna tenere conto che sono poche, rappresentano poco il tessuto economico.
La voce delle esportazioni è 4,2 comunque.
L’Austria è una sorpresa che vano così male.
Su spagna e Portogallo ci sono delle conferme perché avremmo già pensato senza i dati che sarebbero state così. Hanno inserito anche Romania e Svezia che hanno un clima ed una prospettiva di crescita che è già un buon investimento.
La Grecia è messa malissimo, Romania e Svezia sono messe di nuovo molto bene.
L’occupazione occorre tenerla sempre sotto controllo per capire come stanno andando le cose. Se da un indagine c’è clima positivo ma non c’è rispondenza di clima positivo nell’occupazione allora potrebbe non essere così rosea la situazione.
Loro hanno un focus continuo sull’occupazione e il faro si chiama excelsior, è un ottimo lavoro sui fabbisogni delle imprese e sull’offerta formativa che è in corso, occorre capire qual è il matching tra le persone formate e le imprese.
Bisogna riuscire a tenere presente della realtà e quindi dello sviluppo delle posizioni lavorative. Settore turistico alberghiero: tanti che fanno quell’istituto poi non finiscono a fare quel lavoro, il turismo cresce e ha necessità ma nessuno fa quel lavoro.
Tipo ne escono 1000, ne hanno bisogno di 1000 ma ne assumono altri. Gli imprenditori dicono che la scuola non li forma bene.
Investimenti. L’Italia qui riesce a poter riequilibrare un certo tipo di fiducia nelle sue capacità per riuscire a superare il momento di difficoltà.
Loro gestiscono il registro delle imprese. Ci sono 6 milioni di imprese registrate, sono una banca dati su nuove aperture, cancellazioni eccetera e divise per settore, sanno i soggetti che riparano auto, quelli che vendono auto, quelli che fanno attività artigianali.
Questo consente di capire come si muovono i flussi di imprese rispetto agli imprenditori. Le società sono inoltre obbligate presso la camera di commercio il loro bilancio, prima era cartaceo, ora è in formato xbnr, quindi periodicamente può sapere il fatturato delle imprese liguri, delle imprese genovesi, e lo sanno rispetto ai settori anche.
Sulla base di questi dati e sulla base delle analisi che sono state fatte, la UNIONCAMERE ha attivato procedure per riuscire a svolgere un ruolo affianco delle imprese per fare una assistenza alle imprese che hanno sempre il problema di essere piccole (hanno tanti difetti).
Quindi hanno investito molto e con una tecnica che è di geometrie variabili cioè non vuole avere un modello unico che funzioni e da provare sul territorio ma ha sperimentato sul territorio alcuni modelli per verificare come affrontare i problemi di internazionalizzazione delle imprese. Bisogna riuscire a portare nel mondo i prodotti giusti e imprese giuste.
L’ICE: questo istituto è stato soppresso e subito le imprese hanno lamentato che manca.
Avevano in piedi progetti e accordi con l’estero e sono saltati. Non c’era una analisi precisa di quello che si faceva e si poteva fare, poi c’era la solita competizione su chi comanda, il ministero degli esteri voleva comandare e anche il ministero dello sviluppo economico.
Alla fine di questo scontro hanno chiuso l’ICE. Ora ricostituiscono una agenzia che in Italia ricostituirà le relazioni forse.
Esiste un grande problema che è quello del credito: in momenti in cui gli istituti di credito sono sotto lente di ingrandimento, c’è Basilea 2, ci sono parametri più severi e più seri, alla fine gli istituti non danno credito e chiedono di rientrare di quanto hanno sforato e non danno fidi, ma visto che le imprese sono nane e sottocapitalizzate allora se non hanno il credito non possono camminare.
Avendo capitali insignificanti, o hanno buone idee che meritano il credito oppure non riescono ad andare.
Flash: negli anni ’60 sono iniziati a nascere alcuni organismi che nascevano quasi come un club e sono quelli che ora sono i consorzi fidi.
Quando una banca fa finanziamento ad una impresa vuole avere delle garanzie e meglio se sono garanzie reali. Visto che le garanzie possono non averle le imprese allora i consorzi sono nati per dare delle garanzie, così rilassa l’esposizione della banca stessa. Se l’impresa non restituisce i soldi, la banca entra nel patrimonio di confidi e prende il 50% di quello che ha rischiato.
La cosa interessante è come il panorama dei confidi si sia andato a sviluppare. Ora ci sono oltre 50 confidi autorizzati secondo un articolo 107 e riguarda confidi che sono dimensionati cioè grandi, più di 75 milioni di garanzie, sono sottoposti al controllo della banca d’Italia, quindi la garanzia di questi soggetti vale di più.
Ci sono poi 700 confidi 106, più piccoli. Questi non hanno lo stesso valore per l’istituto di credito. Di norma è il 50%.
Questi confidi riescono in linea di massima a mantenere un livello basso di insolvenze, quindi il confidi è un partner importante per gli istituti di credito, c’è un gruppo di imprenditori e di colleghi che sanno come va quel territorio, sanno come vanno quelle imprese, sanno la storia della famiglia, hanno un patrimonio di informazioni che fa ridurre molto le insolvenze.
L’attività di questi confidi ci lascia sorpresi perché si sarebbe aspettato che i confidi grandi, nel crescere riuscissero ad avere delle economie di scala importanti e quindi diventavano dei concorrenti non sostenibili da quelli piccoli, ma più diventano grandi e più aumentano i default perché non possono conoscere palmo a palmo il territorio quindi hanno uno sguardo che perde il piccolo.
I confidi piccoli hanno una conoscenza del territorio che è enorme. Ci ha parlato di confidi perché a livello nazionale il lavoro che stanno facendo con UNIONCAMERE è la possibilità di dare supporto al credito tramite il sistema dei confidi.
Le imprese che lavorano con l’estero hanno la sace (società assicurativa), la simest (società di investimenti), la prima garantisce che i crediti verso l’estero siano solvibili cioè se non mi pagano chiedo a loro, ma la sace è troppo cara quindi non aiuta le piccole imprese, la simest acquisisce quote di una società ma sono sempre pratiche che riescono a fare solo aziende strutturate, le piccole non riescono a farlo, allora loro vogliono creare un fondo di garanzia e sulla base di questo fondo andiamo a garantire le imprese che lavorano con l’estero.
Se ho 1 milione di euro, riesco a garantire 15 milioni di euro di finanziamenti, questo perché le insolvenze che ho sono il 3%. 15 milioni di finanziamenti allora dovrei essere responsabile del 50% quindi di 7,5. Se nessuno restituisse i soldi allora dovrei dare 7,5 milioni. I migliori casi hanno moltiplicatore 20 cioè con 1 milione garantiscono 20 milioni di prestiti.
Stanno lavorando ad un contro confido, cioè il cliente ha garanzia dal confidi, loro vogliono fare un fondo che aiuti i confidi. La garanzia data alla banca non deve superare il 60% (così non è solo il confidi a rischiare), a quel punto possono anche garantire l’80% di quel 60%, deve rischiare anche al confidi, se la gente non rischia allora abbassa il suo livello di attenzione e non si può fare soprattutto nel credito.
Le camere di commercio italiane andranno a creare il fondo che andrà a contro garantire i confidi che avranno fornito per le imprese che vogliono impegnarsi nell’internazionalizzazione ad avere contatti internazionali. Si dovranno poi fare anche accordi con le banche.
Ogni CDA di un confidi vengono esaminate dalle 15 alle 30 pratiche, di queste o 2 o 4 non vengono passate dalle banche quindi l’impresa non vede i soldi.
Esempio ligure: i confidi della Liguria arrivano al 50% delle garanzie.