Le scritture contabili dell’imprenditore
La tenuta delle scritture contabili costituisce un obbligo tipico degli imprenditori commerciali. Le scritture contabili consentono la memorizzazione e la conoscenza, da parte dei terzi e degli organi giurisdizionali, delle numerose operazioni poste in essere dall’imprenditore. Attraverso la lettura delle scritture contabili è possibile riscontrate, in qualsiasi momento, lo stato di salute dell’impresa e quindi, nel caso, adottare strategie imprenditoriali in tempi adeguati.
Le scritture contabili che l’imprenditore commerciale deve obbligatoriamente tenere sono: il libro giornale e il libro degli inventari. Nel primo libro devono essere annotate cronologicamente tutte le operazioni poste in essere quotidianamente dall’imprenditore. Il secondo libro deve essere predisposto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e compilato al termine di ogni esercizio commerciale. Nel libro degli inventari devono essere annotate tutte le attività e tutte le passività relative all’impresa unitamente al bilancio d’esercizio, il quale si compone di stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa.
Nell’inventario deve essere riportata la consistenza, il valore e l’ubicazione dei beni appartenenti all’impresa, previo raggruppamento degli stessi in categorie omogenee. La mancanza delle citate informazioni è giustificata soltanto qualora vengano tenute a disposizione dell’Amministrazione finanziaria le distinte utilizzate per la compilazione dell’inventario. L’assenza dei dettagli inventariali legittima l’accertamento induttivo [Corte di Cassazione sentenza n.8273 del 31/10/2002].
L’imprenditore deve sottoscrivere l’inventario entro 3 mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi cui si riferisce. Al pari di qualsiasi libro contabile, anche quello degli inventari non è più sottoposto all’obbligo della bollatura e vidimazione. Lo stesso deve essere tuttavia numerato progressivamente prima dell’utilizzo, con l’indicazione, pagina per pagina, dell’anno cui si riferisce la contabilità e assoggettato a imposta di bollo.
L’imposta citata può essere versata limitatamente alle pagine effettivamente utilizzate e va assolta preventivamente all’effettuazione delle annotazioni.
Accanto alle scritture contabili obbligatorie in via generale, la legge prevede anche scritture contabili obbligatorie al verificarsi di determinate condizioni. Tali scritture, a completamento di quelle descritte in precedenza, sono obbligatorie solo in relazione alla dimensione e alla natura dell’impresa: il libro mastro, il libro cassa, il libro magazzino, i libri sociali, quali il libro soci, il libro delle assemblee, il libro del consiglio di amministrazione eccetera.
Il legislatore ha previsto norme di tutela e garanzia per una regolare tenuta delle scritture contabili nel rispetto di determinate formalità estrinseche iniziali e di formalità intrinseche. Le formalità estrinseche rispondono a un’esigenza dettata dall’art.2215 c.c., in base al quale il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente in ogni pagina prima del loro utilizzo.
Inoltre, in base all’art.2217 c.c., il libro inventari deve essere annualmente sottoscritto dall’imprenditore.
Le formalità intrinseche (art.2219 c.c.) prevedono una tenuta delle scritture contabili in modo ordinato, prive di spazi lasciati in bianco, interlinee e trasporti in margine. Non è possibile sovrapporre abrasioni e cancellature devono essere effettuate consentendo la lettura delle parole cancellate.
Oltre alle scritture contabili, l’imprenditore è obbligato alla conservazione della corrispondenza, cioè gli originali delle fatture ricevute, delle lettere ricevute e di quelle spedite. In base all’art.2220 c.c. sia le scritture contabili sia la corrispondenza devono essere conservate in buono stato, anche attraverso supporti informatici, per un periodo non inferiore a 10 anni.
Le scritture contabili, in quanto costituiscono mezzi di prova, hanno una efficacia probatoria positiva e una efficacia probatoria negativa per l’imprenditore. L’efficacia probatoria delle scritture contabili a sfavore dell’imprenditore ha valore di prova piena, superabile fornendo prova contraria, perché trattasi di presunzione semplice.
Per essere considerate prove contro l’imprenditore, occorre chiederne e ottenerne la produzione (ma possono anche essere prodotte volontariamente dallo stesso imprenditore) in sede di giudizio. In sede giudiziale, quindi, l’imprenditore può essere chiamato all’esibizione ovvero alla comunicazione delle scritture contabili.
L’esibizione è il mezzo processuale attraverso cui il giudice può pretendere l’esibizione, appunto, di singole scritture contabili, ovvero di tutti i libri, ma solo per consentire un’estrazione della parte relativa alla controversia. La comunicazione, invece, riguarda solo i casi di scioglimento della società, di comunione di beni e di successione mortis causa. In tali casi il giudice può pretendere la consegna di tutti i libri contabili nel loro complesso.
L’efficacia probatoria delle scritture è a favore dell’imprenditore, invece, solo nel caso in cui i libri siano stati tenuti correttamente e la controversia concerne solo questioni tra imprenditori commerciali, e sia una controversia riguardante gli imprenditori nell’esercizio della loro attività d’impresa.