Emergenza Covid-19: cosa cambia nella legge fallimentare per concordati preventivi, dichiarazioni di fallimento e istanze cautelari.

Emergenza Covid-19: cosa cambia nella legge fallimentare per concordati preventivi, dichiarazioni di fallimento e istanze cautelari.

Oltre al rinvio (temporaneo) di tutti i pagamenti di tasse e contributi a favore dei professionisti e misure straordinarie per assicurare la liquidità alle imprese colpite dalla crisi innescata dal lockdown Covid-19, il decreto legge 8 aprile 2000, n. 23 introduce molte ed importanti novità in campo fallimentare.

Codice della Crisi e dell’Insolvenza entra in vigore il 1° settembre 2021.

Dopo aver posticipato al 1° settembre 2021 la vigenza del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (art. 5), gli artt. 9 e 10 del decreto legge in parola prevedono due importanti novità.

Le novità in materia di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione.

La prima in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione, con la concessione di importanti proroghe.

L’art. 9 prevede infatti che i termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021 sono prorogati di sei mesi.

Nei procedimenti per l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020 il debitore puo’ presentare, sino all’udienza fissata per l’omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell’articolo 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o di un nuovo accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Il termine decorre dalla data del decreto con cui il Tribunale assegna il termine e non e’ prorogabile. L’istanza e’ inammissibile se presentata nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo nel corso del quale e’ gia’ stata tenuta l’adunanza dei creditori ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall’articolo 177 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Il terzo comma del suddetto articolo concede anche la facoltà per il debitore di “modificare unicamente i termini di adempimento del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione deposita sino all’udienza fissata per l’omologa una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini, depositando altresi’ la documentazione che comprova la necessita’ della modifica dei termini. Il differimento dei termini non puo’ essere superiore di sei mesi rispetto alle scadenze originarie. Nel procedimento per omologa del concordato preventivo il Tribunale acquisisce il parere del Commissario giudiziale. Il Tribunale, riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 180 o 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, procede all’omologa, dando espressamente atto delle nuove scadenze.

Il quarto comma prevede infine che Il debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 161, comma sesto, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (riserva di presentazione della proposta, il piano e la documentazione prescritta) che sia gia’ stato prorogato dal Tribunale, puo’, prima della scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, anche nei casi in cui e’ stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza indica gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Il Tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi. Si applica l’articolo 161, commi settimo e ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Tale istanza puo’ essere presentata dal debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 182-bis, comma settimo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (accordo di ristrutturazione del debito). Il Tribunale provvede in camera di consiglio omessi gli adempimenti previsti dall’articolo 182-bis, comma settimo, primo periodo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi e che continuano a sussistere i presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui all’articolo 182-bis, primo comma del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Le dichiarazioni di fallimento e dello stato di insolvenza sono “improcedibili” sino al 30 giugno 2020.

Se quelle di cui sopra sono di fatto delle proroghe, le “novità” più significative riguardano senza dubbio quelle emanate in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza.

L’art. 10 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 prevede infatti che “1. tutti i ricorsi ai sensi degli articoli 15” (procedimento per la dichiarazione di fallimento) “e 195” (accertamento giudiziario dello stato di insolvenza anteriore alla liquidazione coatta amministrativa) “del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili”.

Ciò non toglie che le parti del procedimento abbiano interesse e possano comunque presentare e riprendere l’iniziativa, se interessate, alla fine del periodo.

Anzi, la presentazione il ricorso ha comunque una sua utilità. Tant’è vero che il comma 3 prevede che “Quando alla dichiarazione di improcedibilita’ dei ricorsi presentati nel periodo di cui al comma 1 fa seguito la dichiarazione di fallimento, il periodo di cui al comma 1 non viene computato nei termini di cui agli articoli 10” (dichiarazione di fallimento entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo) “e 69 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” (termine di tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto per le azioni revocatorie).

Le istanze cautelari o conservativi del Pubblico Ministero sono invece “procedibili”.

A tale principio generale è prevista soltanto una importante deroga, quella prevista dal comma 2 ovvero quando la “richiesta presentata dal pubblico ministero quando nella medesima e’ fatta domanda di emissione dei provvedimenti di cui all’articolo 15, comma ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” (richiesta di provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento). Attività del Pubblico Ministero che, ovviamente, può essere “sollecitata” e richiesta da chiunque abbia interesse.

di Andrea Rossolini – Avvocato del Foro di Ancona
www.rossolini.net