Il ciclo virtuoso dell’adattamento
Premessa
Stiamo per compiere un’analisi dinamica delle evoluzioni che può avere il rapporto tra impresa e ambiente competitivo, sia per quanto riguarda l’ambiente settoriale (task environment) sia generale (general environment).
Un’impresa in espansione attua un percorso che si evolve dalla zona 1 alla 4. Questo è un ciclo ideale, detto virtuoso, che non tutte le imprese riescono o vogliono perseguire, o che perseguono parzialmente. Questo percorso non è inevitabile (come già detto, non tutte le imprese decidono di crescere) ed è anche regredibile (invertibile) o modificabile.
Il ciclo virtuoso è un processo in cui l’impresa cerca di affermare continuamente le ragioni della propria autonomia avversamente alle pressioni che l’ambiente esercita. Bisogna anche relativizzare l’ambiente: ad esempio, a livello nazionale la FIAT è monopolista, nel mondo è un produttore qualsiasi.
Apriamo una parentesi: il fine statutario è quello che certifica identità, produzione, collocazione etc. dell’impresa, mentre il fine strategico è l’insieme delle operazioni volte a raggiungere il fine statutario.
Vediamo allora cosa succede quando gli imprenditori si pongono il fine della crescita.
Ricordiamo che è il consiglio di amministrazione che delibera la strategia e ne approva il documento.
Spostamenti nei quadranti
1. Dal primo al secondo quadrante.
Rendendo il mercato meno competitivo lo si oligopolizza.
Se si vuole crescere si deve spiazzare la concorrenza, per scremare il proprio settore, oppure, poiché le forze competitive non riguardano solo la concorrenza diretta, si potrebbero spiazzare i fornitori. Prima di crescere bisogna stabilizzare, infatti, i contratti a monte, ancor prima di ridurre la concorrenza diretta. La non-fly zone è l’area di passaggio da un settore ad un altro. L’adattamento dal primo al secondo quadrante è dovuto alla differenziazione.
L’impresa che effettua questo passaggio è necessariamente più redditizia? No, per 2 motivi:
- Per spiazzare la concorrenza, può ridurre i prezzi, generando tuttavia profitti inferiori;
- Più importante: la crescita genera maggiori spese, cioè uno sforzo di crescita (es.: investimenti).
L’ingrandimento, quindi, non implica più reddito (ma più ricavi). Paradossalmente, un’impresa piccola potrebbe, minimizzando i costi, ottenere un reddito superiore ad un’impresa grande ed in espansione, ma entrambe le strategie sarebbero razionali: ognuno sceglie i propri obiettivi, l’importante è che entrambe le imprese sopravvivano.
2. Dal secondo al terzo quadrante.
Ora siamo in una situazione di oligopolio, nel secondo quadrante. L’imprenditore ha intenzione di proseguire la crescita. Deve riuscire a innovare i prodotti oppure inventarne di nuovi; il settore si screma ulteriormente. L’oligopolio diventa concentrato, perché la concorrenza è spiazzata. Se accanto all’innovatore originario si associa rapidamente un imitatore, la loro potenza congiunta concentra ancor maggiormente l’oligopolio. Ancora una volta, però, questo non implica una maggiore redditività. La linea da varcare potrebbe essere di collaborazione con altre imprese del settore o di altri settori, che solo successivamente consentirà un attacco concorrenziale.
3. Dal terzo al quarto quadrante.
L’imprenditore vive ormai in un oligopolio concentrato, in una struttura di mercato fatta relativamente di pochi operatori economici, in un ambito internazionale. A differenza della frontiera (anche collaborativa) tra il secondo e terzo quadrante, che non ha elevati rischi economici o strategici, per quest’ultimo passaggio i rischi sono parecchi: gli altri grandi oligopolisti, infatti, hanno parecchie risorse per controbilanciare le mosse (es.: guerra di prezzi).
4. Il ciclo contraddittorio dell’adattamento
Possono avvenire anche spostamenti all’interno degli stessi quadranti o al di fuori dei quadranti (uscite di mercato), oppure si può procedere all’indietro (es.: destrutturazioni di monopolio, antitrust, situazioni congiunturali di crisi etc.).