L’economia classica
Gli economisti classici (1600 – 1850 Smith, Ricardo, Marx) si sono trovati di fronte un mondo nuovo che non c’è mai stato prima e grazie all’invenzione del motore a scoppio l’uomo ha sostituito l’energia derivante dal cavallo con il cavallo vapore aumentando produttività e quindi la produzione e la popolazione ha potuto crescere. Il limite della rivoluzione agricola era che l’energia poteva trarsi dalla terra (più terra si aveva e più energia si aveva). Con la rivoluzione agricola l’uomo ha imparato la socialità e quindi la nascita delle istituzioni. Gli economisti hanno cercato di copiare gli strumenti forniti dai fisici e dai matematici introducendo così il calcolo marginale. Il paradigma dell’economia classica è quello che c’è una forte attenzione per lo scambio, nella microeconomia le curve di indifferenza creano la curva di domanda individuale, il consumatore che cerca di massimizzare la soddisfazione dà luogo ad una curva inclinata negativamente, i produttori cercano di massimizzare il profitto e la curva è quindi inclinata positivamente. Al centro c’è lo scambio. Neoclassici (dal 1850 in avanti Keynes). Secondo Keynes la moderna economia è industriale cioè si producono beni attraverso altri beni e produrre richiede tempo (esempio della produzione di una nuova macchina) quindi a priori non si sa quanto si riuscirà a vendere, non si sa la domanda aggregata. La domanda aggregata è la somma di 4 categorie: consumi, investimenti, spesa pubblica e domanda estera. Il PIL è un flusso: valore dei beni e servizi in un certo periodo di tempo. L’offerta aggregata comprende la variazione delle scorte e permette l’uguaglianza tra domanda e offerta. È assolutamente straordinario che si produca la giusta quantità. Stando così le cose sarà l’offerta aggregata che si adeguerà alla domanda aggregata. Il reddito di equilibrio è quella produzione verso cui il paese tende, questo non è il massimo perché il massimo è quello potenziale. Successivamente sono state create altre teorie, tra cui quelle del consumo e dell’investimento. Alla fine la politica fiscale e la politica monetaria sono le due politiche su cui uno stato interviene per aggiustare l’economia. La disoccupazione (K) non dipende dal fatto che i lavoratori non hanno voglia di lavorare ma le aziende dovrebbero pagarli di più se vogliono che comprino le merci. Keynes spiega che attraverso la politica fiscale e monetaria si può provare ad aggiustare le cose. Keynes con la teoria quantitativa della moneta si spiega il legame tra moneta e inflazione. Harrod nel 1933 è incaricato di scrivere un trattato di economia internazionale e scrive l’idea del moltiplicatore del commercio estero. Era preoccupato di tradurre dinamicamente la teoria Keynesiana che non prendeva in considerazione il fattore tempo. Keynes ha introdotto tre diversi concetti di reddito: offerta aggregata, reddito di equilibrio e reddito potenziale, nel tempo questi variano e quand’anche si raggiungesse la piena occupazione, a meno che queste tre variabili non crescano con lo stesso tasso si creeranno degli squilibri. Keynes pubblica nel 1936 la teoria generale e un mese dopo Harrod pubblica “The trade cycle”, pertanto quest’ultimo ragiona in termini dinamici. Lo sviluppo economico nasce con i la visione dei classici poi essa viene abbandonata, introducendo i microeconomisti e solo successivamente Keynes e Harrod. La crescita è la variazione del PIL tra un anno e l’altro in valore assoluto o in termini percentuali. La crescita, è misurata in termini assoluti dall’incremento del PIL tra un periodo e l’altro e in termini relativi dal tasso percentuale di crescita del PIL, attiene agli aspetti quantitativi del sistema economico. Lo sviluppo, invece, implica delle modificazioni nella struttura produttiva quindi la crescita è diversa dallo sviluppo. Una metafora che si può utilizzare è quella dei bambini, questo permette di capire la differenza tra sviluppo e crescita. Quindi, c’è differenza tra le teorie dello sviluppo e le teorie della crescita. Queste sono discipline empiriche, senza i dati non si va da nessuna parte, e questi dati devono essere comparabili. Questo è possibile dalla seconda metà degli anni 50, momento in cui si raccolgono dati internazionali. Caldor arriva ad avere questi dati e pubblica, nel 1946 – 1947, esso doveva guidare 25 fra economisti e statistici per studiare la possibilità di giungere ad una unificazione dei paesi usciti dalla guerra (la CEE che nascerà nel 1957). Quindi, Caldor voleva capire come si potevano confrontare le diverse economie nazionali europee. Tra questi 25 c’era Verdoorn che era l’assistente di Tim Berger (curva Cobb – Douglas). Nel 1964 i confronti internazionali si potevano solo fare tra 9 paesi, fra 12 paesi sono negli anni 70, poi gruppo di statisti si mette a lavorare per confrontare 56 paesi (uniformare le modalità di calcolo del PIL, della disoccupazione eccetera) poi c’erano le monete diverse, quindi, occorreva tradurlo in un’unica moneta cioè il dollaro americano. Perché il dollaro americano? Keynes è stato uno dei fautori degli accordi di Bretton – Woods che pone le basi per gli scambi internazionali del dopoguerra. Voleva creare una moneta unica (bancor) e creare due istituzioni per controllare la moneta questo per aiutare i paesi in difficoltà. Ma gli USA non volevano abbandonare il dollaro, quindi dovrò utilizzare dei cambi fissi ma trattabili. Per fare dei confronti internazionali servono dei dati e degli elaboratori per condurre le ricerche. Solo nel 1985 – 1986 ci furono molti dati disponibili. Possiamo, allora, affermare ch e la Teoria dello sviluppo (povertà, effetti dell’antropizzazione, eccetera) e la Teoria della crescita marciano parallelamente.