Stili di vigilanza
Abbiamo approfondito gli stili di vigilanza strutturale e prudenziale. Tuttavia esistono altre regole, che toccano aspetti non considerati né nella vigilanza strutturale né in quella prudenziale. Il primo ambito è quello relativo alla trasparenza.
Vigilanza informativa (Fair Play Regulation): in gergo sportivo, il termine fair play significa che i giocatori devono rispettarsi l’uno con l’altro e fare in modo di giocare ad armi pari, senza scorrettezze. Quindi l’attenzione è sulle informazioni, mentre gli obiettivi sono la trasparenza e la correttezza.Gli elementi che vengono controllati sono:
– le informazioni sugli scambi finanziari;
– la trasparenza delle clausole contrattuali.
Partendo dal tema della trasparenza delle clausole contrattuali, possiamo innanzitutto ricordare che le banche sono obbligate ad esporre dei fogli informativi che contengono le norme relative ai contratti di conto corrente che i clienti stipulano con la banca. È la stessa normativa sulla trasparenza bancaria ad imporre questo tipo di pubblicità, oltre a stabilire come devono essere redatti i contratti, che tipo di informazioni le banche debbano fornire ai clienti, eccetera. Oltre a questi elementi, possiamo ricordare quello del prospetto, che in realtà riguarda anche il tema delle informazioni sugli scambi finanziari: si tratta si un’enorme documentazione che tutti gli emittenti sono tenuti a fornire alla clientela quando emettono titoli.
Per quanto riguarda il tema delle informazioni sugli scambi finanziari, vi sono alcuni ambiti principali, che si ritiene necessario controllare:
– informazioni sulla compravendita;
– informazioni sugli emittenti;
– informazioni sugli intermediari;
– informazioni sui mercati.
Vigilanza protettiva: L’obiettivo della vigilanza protettiva è prevenire e, ove si manifestino, gestire le situazioni di crisi. Riprendendo gli obiettivi generali, questo ambito può essere ricondotto all’obiettivo di minimizzare situazioni di esternalità negativa.
La prevenzione delle crisi passa attraverso alcuni elementi:
– ispezioni: possono essere di tipo ordinario (gli ispettori della Banca d’Italia e della CONSOB si adoperano continuamente per svolgere questo tipo di attività) o straordinario (in caso di informazioni critiche, viene inviata una task force che rimane in banca fin quando non ha raccolto tutte le informazioni necessarie per cercare di evitare un’imminente situazione di crisi);
– documentazione statistica: quotidianamente le banche inviano informazioni alla Banca d’Italia (o alla CONSOB, se si tratta di attività di emissione di titoli), relative alle attività che la banca sta svolgendo.
Sommando questi due livelli, le autorità di regolamentazione dovrebbero riuscire a capire se le situazioni stanno diventando critiche e agire opportunamente:
– rifinanziamento: attraverso questo strumento finanziario, la Banca Centrale Europea può rifinanziare le banche per rafforzare una situazione un po’ delicata degli intermediari europei.
Nonostante tutte queste misure di prevenzione, le crisi, ogni tanto, si manifestano, perciò vengono utilizzati vari strumenti anche per la loro gestione. Innanzitutto, è opportuno ricordare che le banche non sono soggette alla normativa classica di tipo fallimentare: nello specifico, per le banche, si parla di procedure di amministrazione straordinaria. Questo strumento viene utilizzato nel caso in cui una banca sia insolvente, ossia l’organo di controllo interviene per gestire una fase di possibile liquidazione.
Esiste poi uno strumentario che serve a controllare le relazioni che le banche intrattengono con la clientela. Tutte le banche aderiscono a schemi di assicurazione dei depositi, che sono presenti in tutti i Paesi. Tuttavia, la natura che questi schemi assumono può essere diversa da Paese a Paese. Ad esempio, negli Stati Uniti, queste assicurazioni dei depositi sono gestite a livello federale (FDIC: Federal Deposit Insurance Corporation), ossia i depositi sono garantiti attraverso l’utilizzo di fondi pubblici. In Italia, invece, si utilizza un sistema di tipo mutualistico, ossia sono le banche stesse che contribuiscono ad alimentare un fondo di assicurazione dei depositi, che verrà utilizzato per rimborsare i clienti, nel caso in cui una banca fallisca. La scelta tra un sistema o l’altro non comporta una grossa differenza per i piccoli risparmiatori, ma a livello di sistema possono esserci delle differenze sostanziali: se si utilizza denaro pubblico, probabilmente non si riuscirà ad assicurare tutti i fondi esistenti, ma grosso modo il denaro dovrebbe essere sufficiente per gestire anche situazioni di profonda crisi; il denaro fornito dalle banche, invece, difficilmente riuscirà ad assicurare tutti i depositi in caso di fallimento di una grande banca. Tuttavia, si tratta di situazioni estremizzate, che si manifestano molto raramente.
Per i piccoli risparmiatori non ci saranno comunque problemi, dal momento che non vengono assicurati tutti i depositanti, ma solo i piccoli depositanti. Secondo la nostra normativa, si considera piccolo deposito un deposito che contenga meno di 200 milioni di lire (circa 100 mila euro). Fino a quell’importo, l’80% del deposito viene assicurato: ciò significa che un piccolo depositante perderebbe solo il 20% del suo deposito, in caso di fallimento della banca. La normativa ha scelto di tutelare solo questa categoria di clienti, perché essi vengono ritenuti risparmiatori inconsapevoli, che devono essere tutelati in virtù del loro rapporto quasi esclusivamente di tipo fiduciario con la banca. Si ritiene invece che un depositante più benestante abbia risorse sufficienti non per valutare personalmente quanto sia rischiosa la banca, ma quantomeno per pagare una consulenza professionale che sia in grado di fornirgli queste informazioni.