Politica monetaria
Effetti di una manovra monetaria espansiva
Supponiamo che, in una certa data, la BCE stabilisca di ridurre il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale e di ridurre i tassi sulle operazioni di rifinanziamento e deposito marginale d’un pari ammontare, così da mantenere inalterata l’ampiezza del corridoio. Una decisione del genere è un esempio di manovra monetaria espansiva, che avrà determinate conseguenze.
I tassi di interesse sul mercato monetario, che normalmente oscillano intorno al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale all’interno del corridoio, diminuiscono. Ciò favorisce un aumento dei prezzi delle attività finanziarie. La diminuzione dei tassi di interesse a breve favorisce inoltre la diminuzione dei tassi nominali a medio e lungo termine, stimolando la richiesta di prestiti. Le banche saranno ben disposte a soddisfare la maggiore domanda di prestiti, essendo diminuito il costo del proprio rifinanziamento presso la BCE ed essendo aumentato il valore delle attività finanziarie di cui dispongono e che possono offrire in garanzia. Aumentando i prestiti, le famiglie e le imprese tenderanno a consumare e a investire più di prima. La domanda aggregata aumenterà, favorendo l’incremento transitorio della produzione e dell’occupazione e un aumento permanente del tasso d’inflazione.
Sul fronte internazionale, una diminuzione dei tassi di interesse dell’area euro rispetto a quelli del resto del mondo favorisce il deprezzamento dell’euro. Se tale deprezzamento è prolungato nel tempo, le merci prodotte all’interno dell’area euro tenderanno a diventare relativamente meno costose di quelle prodotte all’estero. Ciò favorirà un aumento delle esportazioni e una diminuzione delle importazioni a livello di area euro. Un aumento delle esportazioni nette equivale a un aumento della domanda aggregata che, come nel caso precedente, tenderà a far aumentare la produzione, l’occupazione e i prezzi.
Effetti di una manovra monetaria restrittiva
Se i tassi d’interesse ufficiali aumentano, ci troviamo in presenza di una manovra monetaria restrittiva i cui effetti saranno sostanzialmente di segno opposto rispetto a quelli descritti in precedenza.
Il primo effetto della restrizione monetaria è quello di far aumentare i tassi di interesse sul mercato monetario. Ciò causa una diminuzione dei prezzi delle attività finanziarie. L’aumento dei tassi di interesse a breve favorisce l’aumento di quelli a medio e lungo termine, scoraggiando la richiesta di prestiti. Dal canto loro, le banche saranno meno disposte a soddisfare la domanda di prestiti, essendo aumentato il costo del proprio rifinanziamento presso la BCE ed essendo diminuito il valore di molte delle attività finanziarie che generalmente sono offerte a garanzia dei prestiti. Diminuendo i prestiti, le famiglie e le imprese tenderanno a consumare e a investire meno di prima. La domanda aggregata diminuirà, favorendo la caduta transitoria della produzione e dell’occupazione e la diminuzione permanente del tasso di inflazione.
Sul fronte internazionale, un aumento dei tassi di interesse dell’area euro rispetto a quelli del resto del mondo favorisce l’apprezzamento dell’euro. Se tale apprezzamento è prolungato nel tempo, le merci prodotte all’interno dell’area euro tenderanno a diventare relativamente più costose di quelle prodotte all’estero. Ciò favorirà una diminuzione delle esportazioni e un aumento delle importazioni a livello di area euro. Una diminuzione delle esportazioni nette equivale a una diminuzione della domanda aggregata, che tenderà a far diminuire la produzione, l’occupazione e i prezzi.
Obiettivi intermedi
Ogni Banca Centrale dispone di una serie di strumenti e agisce mossa da una serie di obiettivi. Abbiamo analizzato gli strumenti in funzione dell’obiettivo principale di garantire la stabilità dei prezzi all’interno dell’area euro. Tuttavia, il processo di trasmissione che lega le variazioni degli strumenti di politica monetaria al raggiungimento degli obiettivi è molto complesso e può richiedere tempi lunghi e variabili. Ciò può indurre la Banca Centrale a scegliere una variabile di mercato, definita “obiettivo intermedio”, dalla cui osservazione trarre indicazioni circa il grado di avanzamento del processo di trasmissione e l’efficacia della manovra in atto.
Per adempiere a tale funzione, gli obiettivi intermedi devono godere di tre requisiti essenziali:
– devono reagire in maniera prevedibile agli strumenti di politica monetaria;
– devono influenzare in modo altrettanto prevedibile gli obiettivi finali di politica monetaria;
– la Banca Centrale deve poterli osservare facilmente e con tempestività.
La logica che porta a scegliere un obiettivo intermedio è la seguente. La Banca Centrale fissa un valore per il proprio obiettivo finale. Calcola quindi il valore dell’obiettivo intermedio compatibile con quello finale. Il valore prescelto per l’obiettivo intermedio prende il nome di target. Una volta determinato il target, la Banca Centrale manovra gli strumenti a propria disposizione per avvicinarsi quanto più possibile ad esso.
L’obiettivo intermedio, però, non reagisce solo alle sollecitazioni della Banca Centrale, ma anche a una serie di forze presenti nel sistema economico. Uno scostamento significativo dell’obiettivo intermedio dal target spinge la Banca Centrale a intervenire, modificando i propri strumenti in chiave correttiva.
Gli obiettivi intermedi scelti tradizionalmente ricadono in tre categorie: tassi d’interesse di mercato, aggregati monetari, tassi di cambio.
Interventi della Banca Centrale sul mercato delle valute
Le banche Centrali più importanti stipulano spesso accordi tra loro per disciplinare l’intervento (o il non intervento) sul mercato delle valute estere.
Al momento, la BCE, come le altre Banche Centrali più importanti del mondo occidentale, segue l’approccio di lasciar fluttuare i tassi di cambio, senza vincoli particolari. In generale, le Banche Centrali possono influenzare il tasso di cambio della valuta nazionale, acquistandola o vendendola. Generalmente, le Banche Centrali adottano interventi del genere (denominati interventi valutari) in presenza di forte instabilità sui mercati valutari internazionali.
Il meccanismo degli interventi valutari è analogo a quello delle operazioni di mercato aperto. Invece di acquistare o vendere titoli, la Banca Centrale acquista e vende valuta estera in cambio di valuta nazionale, accrescendo o riducendo, di un importo pari all’operazione, le proprie riserve di valuta estera.
Nel caso in cui la BCE vendesse euro e acquistasse una valuta estera, per esempio dollari, il suo bilancio registrerebbe un incremento alla voce “Riserve valutarie”. Inoltre, dal momento che l’operazione descritta comporta un aumento della quantità di euro in circolazione, l’offerta di moneta proveniente dall’area euro aumenterebbe.
Politiche di vigilanza
Abbiamo visto che le politiche di vigilanza possono avere finalità diverse. Ora andiamo a vedere come viene organizzato il lavoro in funzione dei diversi obiettivi e dei diversi soggetti regolati. Esistono vari modi per classificare le politiche di vigilanza:
– Per soggetti, per istituzioni: ogni organo di vigilanza si specializza per soggetto vigilato (banche, compagnie di assicurazione, ecc). Questa modalità permette di organizzare i controlli con chiarezza, ma può generare diversi problemi, poiché è possibile che più soggetti svolgano la stessa attività: ad esempio, l’attività di emissione di titoli viene svolta sia dalle banche sia dalle SIM (Società di Intermediazione Mobiliare). Tipicamente, le SIM sono oggetto di vigilanza della CONSOB, mentre le banche sono di competenza della Banca d’Italia, perciò, se i due organi di vigilanza decidono di regolare in modo diverso la stessa attività, possono sorgere non pochi problemi, perché le diverse regole possono essere competitivamente più vantaggiose per un soggetto che per l’altro. Perciò, vigilare per istituzioni è complicato quando c’è diversificazione produttiva, ossia quando la stessa attività può essere svolta da più soggetti, come accade all’interno del sistema finanziario.
– Per attività: ogni organo di vigilanza si specializza nel controllo di una particolare attività, a prescindere dall’istituzione o dalle istituzioni che la svolgono. Anche in questo caso la situazione appare abbastanza chiara, ma vi sono in realtà delle aree grigie, ossia delle attività difficili da catalogare. Ad esempio, i prodotti assicurativi ramo vita sono prodotti assicurativi, ma sono anche una componente di investimento, cosa che rischia di mette in contrasto l’ISVAP e la CONSOB. Ciò può portare a problemi di doppia regolamentazione, o al contrario, a problemi di assenza di regolamentazione, nel caso in cui entrambi gli organi ritengano che l’attività in questione sia di competenza dell’altro.
– Per finalità: ogni organo di vigilanza si specializza nel raggiungimento di una determinata finalità. Le finalità generalmente considerate sono stabilità, efficienza e correttezza e trasparenza. Tuttavia, abbiamo visto che nel breve periodo la stabilità e l’efficienza possono entrare in contrasto, perciò, in questo caso, possono sorgere problemi di conflitto di interessi tra i regolatori.
Attualmente, nel nostro Paese si adotta un mix tra il controllo per attività e il controllo per finalità.
Stili di vigilanza
Vigilanza strutturale: la vigilanza strutturale risponde alla domanda “chi fa cosa?”. Questo stile di vigilanza ragiona sulla base del paradigma struttura ® condotta ® performance: il controllo della struttura influenza i comportamenti, che, a loro volta, influenzano le performance. Normalmente, si tratta di una vigilanza di tipo discrezionale e soggettivo.
Alcuni esempi di strumenti che possono rientrare in questo stile di vigilanza sono:
– barriere all’entrata o all’uscita dal mercato: le barriere vengono gestite con il meccanismo delle autorizzazioni (si autorizza una banca ad aprire nuovi sportelli, a non chiudere quelli già esistenti, ecc). Si tratta di uno strumento di tipo discrezionale e soggettivo perché si decide di volta in volta se concedere o meno un’autorizzazione;
– controlli sulla gamma di prodotti offerti;
– autorizzazioni alle aggregazioni aziendali: ad esempio, un’autorizzazione a realizzare o meno una fusione influenza la concorrenza e quindi la struttura del sistema.
L’obiettivo di questa politica è la stabilità.
Vigilanza prudenziale (Basilea): La vigilanza prudenziale risponde alla domanda “come si fa?”. Questi controlli sono volti al contenimento dell’assunzione dei rischi e, a differenza dei precedenti, sono di tipo oggettivo e neutrale. Dal momento che si tratta di criteri oggettivi, se gli istituti presentano determinate caratteristiche strutturali, non si può negare loro l’autorizzazione a svolgere determinate attività. Tali controlli, quindi, valutano l’adeguatezza degli istituti finanziari.
L’adeguatezza si può declinare in diversi tipi. La prima è di tipo patrimoniale, ed è quella su cui insiste la normativa di Basilea: adeguatezza patrimoniale significa che più capitale ha un intermediario, più rischi può assumersi. L’adeguatezza, inoltre, è anche di tipo organizzativo.
L’obiettivo di queste politiche è l’efficienza.