L’attuazione delle strategie O.S.F. e il finalismo aziendale
Se però vogliamo qualificare meglio l’O.S.F. ed andare al cuore di esso, prescindiamo per un momento dalle strategie di ASA (il DOVE dell’O.S.F.) e delle strategie organizzative (il COME dell’O.S.F.) per studiare più da vicino le strategie rimanenti, ossia le strategie economico – finanziarie, le strategie competitive e le strategie sociali, ed osservare quindi come si manifesta l’O.S.F. nei riguardi del cosiddetto finalismo d’impresa, costituito da risultati economici, sociali e competitivi, oggetto rispettivamente delle tre ultime strategie, di cui sopra.
Quando consideriamo l’O.S.F. nei riguardi del finalismo d’impresa si va, al cuore dell’O.S.F., in quanto si ha qui a che fare, più propriamente, con la divisione della torta rappresentata dalla nuova ricchezza prodotta, nonché con la realizzazione dei valori di ordine etico di tutti coloro che hanno partecipato alla produzione di nuova ricchezza e quindi con la posizione di privilegio o meno che il soggetto economico si assegna nei confronti degli altri interlocutori aziendali. Potremmo così meglio renderci conto se il nostro soggetto economico considera l’impresa come strumento di sviluppo della comunità che ruota all’interno o intorno ad essa, o viceversa come strumento di tutela dei suoi interessi, e quindi del profitto, a scapito dei portatori di altri interessi, rappresentati segnatamente dai risultati sociali e da quelli competitivi. L’atteggiamento del soggetto economico d’impresa nei riguardi del finalismo si può manifestare secondo due direzioni:
1. un’impostazione fisiologica secondo la quale il profitto, i risultati sociali ed i risultati competitivi sono posti sullo stesso piano di importanza ed in reciproca interazione tra loro;
2. un’impostazione patologica o gerarchico – piramidale, secondo la quale uno di quei risultati e segnatamente il profitto viene posto in posizione dominante rispetto agli altri.
Nel primo caso, si é in presenza di un O.S.F. di lungo termine in linea con i caratteri propri dell’Azienda, considerata come Istituto economico duraturo e quindi come strumento di sviluppo della comunità che ruota all’interno ed all’esterno di essa. Secondo questa impostazione, il soggetto economico d’impresa tende a conseguire risultati economici che – oltre a soddisfare le sue aspettative in termini di congrua remunerazione del capitale – segnino l’abbrivio per soddisfare le attese della componente personale sul fronte interno e quelle della clientela sul fronte esterno. In questo significato l’utile di periodo non rappresenta un fine da raggiungere a scapito di altri (fini), come secondo l’impostazione gerarchico – piramidale, ma un mezzo per la soddisfazione delle attese di tutti coloro che partecipano direttamente o indirettamente alla creazione di nuova ricchezza, rappresentati in particolar modo, rispettivamente, dal soggetto economico, dalla componente personale e dalla clientela. Tra risultati economici, sociali e competitivi, si realizza, pertanto, un rapporto di interazione e circolarità per il quale il bene dell’uno, si riversa sugli altri e viceversa.
L’impostazione gerarchico – piramidale, invece, denota un O.S.F. di breve periodo, che non é in linea con i caratteri propri dell’Istituto Azienda, in quanto, assegnando al profitto una posizione dominante, di privilegio nei confronti dei risultati sociali e competitivi, considera l’azienda come strumento di tutela degli interessi della proprietà e/o del management a scapito dei risultati sociali e/o competitivi. Secondo questa impostazione, in altre parole, l’impresa ed il profitto rappresentano strumenti di prevaricazione e di speculazione a favore di interessi particolari, rappresentati dalla proprietà e/o dal management, ed a scapito quindi di altri interessi, segnatamente forza lavoro e clientela.
Sono queste, ripetiamo, le caratteristiche dell’O.S.F. di breve periodo, tipico delle imprese mediocri che non sopravvivono a lungo in quanto, ripetiamo, strumento di prevaricazione di date categorie di soggetti nei confronti di altre. Cade qui opportuno il ricordo della teoria dei massimi simultanei di P. Onida, che idealizza una visione d’azienda nella quale tutte le sue componenti e in particolare finanziatori a titolo di credito, proprietari, componente personale, Stato, ottengano simultaneamente una congrua remunerazione delle proprie prestazioni. Ed ammonisce, al riguardo, “… la prosperità si conserva durevolmente, e si sviluppa, diffondendola presso gli altri, piuttosto che difendendola contro gli altri. Non dura a lungo la prosperità degli individui, delle imprese e delle nazioni, costruita sulla miseria altrui.”
I caratteri dell’O.S.F. che ora possiamo intendere meglio sia in rapporto alle singole strategie, che nei riguardi del finalismo d’impresa, caratteri che sintetizzano o un O.S.F. virtuoso, ossia un O.S.F. in linea con i caratteri propri di azienda e quindi nel rispetto di tutti coloro che partecipano alla creazione di nuova ricchezza (finanziatori a titolo di capitale proprio, o di credito, forza lavoro, management, Stato), oppure un O.S.F. miope, che considera viceversa le aziende come strumenti di tutela e di arricchimento di particolari portatori di interessi (tipicamente finanziatori a titolo di capitale e/o management) a scapito di altri tipicamente rappresentati dalla componente personale e dallo Stato. Il primo O.S.F. è, come già riferito, tipico delle imprese eccellenti, con formule imprenditoriali vincenti nel lungo periodo, il secondo (O.S.F.) è tipico di imprese mediocri, con formule imprenditoriali di successo nel breve periodo ma di estremo rischio ed incertezza nel lungo periodo.