I redditi d’impresa nel modello di convenzione OCSE
L’articolo 7 deve esser coordinato con l’articolo 5, del quale costituisce un logico completamento. Il concetto di stabile organizzazione si configura come essenziale presupposto territoriale di localizzazione del reddito di impresa, originato dall’esercizio di attività industriale o commerciale avente carattere transnazionale. L’articolo 7 evidenzia una pluralità di previsioni e modalità di determinazione del reddito da assoggettare a tassazione.
La localizzazione e lo Stato di imposizione. Il primo paragrafo dell’articolo 7 dispone che “gli utili di un’impresa residente in uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato (di residenza), a meno che l’impresa non svolga la propria attività commerciale nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata”. In tal caso, gli utili sono imponibili anche nell’altro Stato (della fonte), nella misura in cui siano attribuibili alla stabile. Per utili di impresa si intendono non solo gli elementi positivi di reddito, bensì qualsiasi componente reddituale scaturente dall’attività. Perché possa operare il primo principio enunciato nell’articolo 7 (imposizione nello Stato di residenza) è richiesto il soddisfacimento di 2 condizioni:
- l’esistenza di un’impresa in uno Stato contraente la quale svolga la propria attività anche nell’altro Stato;
- l’assenza, nell’altro Stato, di una stabile organizzazione.
Il concorso tra le potestà tributarie degli Stati è eliminato in radice riconoscendo la prevalenza al criterio di collegamento soggettivo (residenza) dell’operatore economico. La prima regola non trova applicazione dove vi sia stabile organizzazione, in tal caso troverà applicazione il secondo principio enunciato dall’articolo 7, cioè il reddito di impresa prodotto dalla stabile organizzazione sarà assoggettato ad imposizione nello Stato della fonte, perché quest’ultima costituisce il presupposto territoriale per l’imposizione (Stato della fonte).
La forza di attrazione limitata della stabile organizzazione. L’OCSE ha recepito il principio della forza di attrazione limitata della stabile, in base al quale solo il reddito direttamente ed effettivamente connesso all’attività dell’unità produttiva può essere imputato alla stabile e, conseguentemente, assoggettato al regime impositivo del reddito di impresa.
I criteri di determinazione del reddito della stabile organizzazione. I metodi di determinazione sono fondamentalmente 2:
- articolo 7 paragrafo 2: il separate entity approach (il metodo dell’impresa industriale o principio del trattamento isolato): la stabile dovrebbe essere trattata come un’ipotetica impresa separata e distinta dalla sede centrale. Di conseguenza, il calcolo del reddito dovrebbe essere compiuto prendendo in considerazione i singoli costi e proventi attribuibili ad essa;
- articolo 7 paragrafo 3: il riparto proporzionale: per determinare il reddito della stabile, a quest’ultima si imputerebbe una frazione proporzionale del reddito conseguito globalmente dalla sede centrale (esempio: spese di regia).
Tra i 2 metodi, l’OCSE preferisce l’adozione del primo, anche se, a determinate condizioni, gli Stati contraenti hanno la facoltà di optare per il secondo. Il paragrafo 6 articolo 7 stabilisce che “i profitti da attribuire alla stabile organizzazione devono essere determinati secondo lo stesso metodo (per evitare la sottrazione di utili) anno per anno, a meno che vi sia un valido motivo di far diversamente (esempio: rilevazione più accurata del reddito della stabile)”.
L’autonomia della stabile organizzazione ai fini della determinazione del reddito. Il secondo principio enunciato nell’articolo 7 OCSE è parzialmente derogato dal successivo terzo paragrafo dello stesso, con riferimento a specifici proventi percepiti o costi sostenuti dalla stabile. Nel determinare l’utile della sede secondaria, in quanto essa deve essere considerata entità economicamente indipendente, occorre far riferimento alle scritture contabili della stabile. La previsione contenuta nel modello OCSE introduce una vera e propria fictio iuris (finzione di diritto) al fine di evitare una cessione di beni o prestazione di servizi non conformi al loro valore normale, tra la casa madre e la stabile organizzazione, col fine di modificare l’ammontare del reddito di impresa imputabile alla sede centrale o all’installazione fissa. Quindi, in virtù della finzione la stabile organizzazione deve essere considerata come un’impresa separata e distinta dalla casa madre, anche gli eventuali rapporti commerciali esistenti tra le 2 dovranno essere assimilate a quelle esistenti tra le 2 e terzi soggetti. Dove le operazioni risultassero non conformi alle condizioni commerciali di libero mercato, le autorità potrebbero procedere alle opportune rettifiche. La previsione evidenziata nell’articolo 7 si deve applicare anche agli scambi tra la stabile organizzazione e le società consociate con la casa madre, nonché, infine, con gli scambi avvenuti tra la stabile organizzazione e le stabili organizzazioni di società consociate con la casa madre. Per l’esatta individuazione del valore normale dei beni e dei servizi, si considera il valore costituito dal corrispettivo o prezzo pattuito in condizioni di libera concorrenza per beni e servizi similari, rispettivamente ceduti o prestati alle medesime condizioni (il valore di mercato). Al fine di accertare la congruità dei corrispettivi pattuiti al prezzo di libero mercato è indispensabile avere un alto grado di analiticità assunto dalla contabilità separata della sede estera, infatti più agevole sarà la ricostruzione dei ricavi percepiti e dei costi sostenuti più facilmente si potranno individuare eventuali operazioni illecite. In conclusione, v’è da dire che l’applicazione del separate entity approach presenta difficoltà applicative quando esistono differenze nella disciplina del reddito di impresa livello normativo dei vari Stati interessati.
Le deroghe all’applicazione del separate entity approach, l’imputazione dei costi comuni (articolo 7 paragrafo 3). Il separate entity approach rappresenta il criterio principale nel determinare il reddito della stabile. Tale metodo trova piena applicazione nelle relazioni intercorrenti tra sede secondaria e terzi. Esso patisce importanti eccezioni in relazione alle operazioni fra le unità interne dell’impresa, quindi anche nei rapporti tra la stabile e la sede principale. Un’eccezione è enunciata nel terzo par. dell’articolo 7, questa è giustificata dal fatto che tra sede centrale e sezioni estere esista un rapporto di dipendenza economico-giuridica. La disposizione stabilisce che “nella determinazione del reddito della stabile possano essere ammesse in deduzione le spese sostenute per gli scopi perseguiti dalla stabile, comprese le spese di direzione e quelle generali di amministrazione”. Pertanto, per determinare il reddito della stabile, è necessario tener conto delle spese sostenute (sia specifiche sia generali) dalla casa madre, nell’interesse della stabile organizzazione. Riguardo alla deducibilità delle prime, chiamate “spese di regia”, è necessario che siano correlate all’attività svolta dalla stabile. In Italia i criteri su cui basare la deducibilità o meno delle spese di regia sono: certezza, competenza e inerenza. Riguardo alle spese generali di direzione e amministrazione, particolarmente problematica risulta l’individuazione della quota di tali costi comuni che deve essere imputata alla stabile organizzazione. Per ovviare a questo problema viene utilizzato un calcolo basato sul rapporto esistente tra il giro d’affari (in alternativa, il reddito complessivo) della stabile e quello dell’impresa nel suo complesso. Problema distinto da quello precedente riguarda la deducibilità del reddito della stabile delle spese da essa sostenute nell’ambito di operazioni con la casa madre. Potrebbe verificarsi il caso in cui la stabile corrisponda alla casa madre somme “sub-specie” di interessi in relazione a finanziamenti dell’impresa o a royalties. Salva l’ipotesi in cui l’impresa svolga attività di natura finanziaria o bancaria, le spese de quibus devono ritenersi indeducibili dal reddito complessivo della stabile, a meno che quest’ultima abbia sostenuto le spese nell’interesse esclusivo della casa madre. La commissione sul servizio reso dalla stabile alla casa madre e viceversa non è deducibile, per 2 ragioni:
- difficoltà nel quantificare l’ammontare della commissione;
- evitare il rischio che il riconoscimento di un compenso si trasformi in un potente strumento di elusione.
L’imputazione pro-quota del reddito complessivo (articolo 7 paragrafo 4). “Qualora uno degli Stati determini gli utili da attribuire ad una stabile in base al riparto dell’entrata lorda dell’impresa fra le diverse parti di essa, la disposizione al paragrafo 2 non impedisce a detto Stato di determinare gli utili imponibili secondo la ripartizione d’uso; tuttavia, il metodo di riparto dovrà essere conforme ai principi contenuti nel presente articolo”. I criteri utilizzati sono riconducibili a 3 macrocategorie: ricavi, costi, struttura patrimoniale.
Modalità di determinazione del reddito (articolo 7 paragrafo 5). L’articolo 7 enuncia: “nessun utile può essere attribuito ad una stabile a motivo del semplice acquisto di beni o merci per l’impresa”. Questa definizione era già stata espressa al paragrafo 4 dell’articolo 5 OCSE. Se la sede fissa è utilizzata ai soli fini di acquistare merci, non genera stabile organizzazione. La portata della norma prevista nell’articolo 7 permette di dedurre che gli utili e le spese inerenti l’attività di acquisto dei beni non potranno assumere rilevanza per il calcolo del reddito della stabile, dovendo essere imputate direttamente alla casa madre.
Reciproci condizionamenti tra reddito di impresa e singoli componenti reddituali (articolo 7 paragrafo 7). L’ultimo paragrafo dispone che “quando gli utili comprendono elementi di reddito considerati separatamente in altri articoli della presente Convenzione, le disposizioni di tali articoli non vengono modificate dalle disposizioni del presente articolo”. Ciò significa che, quando gli elementi di reddito siano oggetto di una disciplina specifica, per il principio di specialità, essa prevale sulla disciplina generica.