Norme distributive
Ripartizione della potestà impositiva tra i due stati: sono norme che fissano i criteri di collegamento con uno stato o con l’altro. Ogni stato membro definisce i criteri di collegamento unilaterali che in Italia sono contenuti nell’articolo 23 del TUIR, articolo che riguarda i criteri di collegamento in base ai quali vari tipi di reddito si considerano prodotti in Italia se prodotti da un soggetto non residente. Rapporti tra i criteri di collegamento bilaterali e i criteri di collegamento unilaterali. Le norme convenzionali prevalgono su quelle interne, quindi gli articolo dal 6 al 22 del modello prevalgono sul nostro articolo 23. Esempio redditi di capitale posseduti da un soggetto non residente in Italia. Si vuole vedere a che condizioni un reddito di capitale si considera prodotto in Italia. Articolo 23: i redditi di capitale si intendono prodotti in Italia se sono corrisposti da un soggetto ivi residente oppure se sono corrisposti da una stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente. Occorre che la fonte del reddito sia italiana ossia occorre che il reddito che da vita ad esempio al dividendo è che il reddito che da vita ad esempio al dividendo o all’interesse attivo sia prodotto in Italia. Quindi non vi è un criterio di collegamento personale ma materiale. Quindi si va a vedere il soggetto che distribuisce il reddito e non il contribuente. Sempre in tema di redditi di capitale vi è una norma che specifica che se il reddito di capitale deriva da interessi bancari non si applica questa norma generale ma vi è una norma di esenzione in base alla quale questi redditi non vengono tassati in Italia in quanto non si considerano prodotti in Italia (è una norma di esenzione che recide il criterio di collegamento per attirare capitali). Le norme nazionali definiscono il fatto generatore anche dal punto di vista spaziale e le norme convenzionali non possono ampliare il campo di applicazione ma solo limitarlo. Esempio redditi d’impresa: l’articolo 162 prevede 3 mesi perché un cantiere sia considerato stabile organizzazione. Se un trattato stabilisse 2 mesi come limite minimo perché si consideri stabile organizzazione non si tasserebbe comunque un cantiere che dura 2 mesi in quanto il trattato amplierebbe la fattispecie impositiva e questo non è possibile. Si tiene comunque conto dei 3 mesi come termine minimo. Se il cantiere dura 4 mesi e il trattato prevede 12 mesi perché si configuri stabile organizzazione allora il reddito d’impresa non verrà tassato in Italia ma solo nello stato di residenza. Casi in cui non vi sia un trattato con l’altro stato:
- Se il cantiere dura 2 mesi il reddito non viene tassato in Italia come reddito d’impresa
- Se il cantiere dura 7 mesi si ha stabile organizzazione e quindi il reddito d’impresa viene tassato in Italia.
Dagli articoli numero 6 all’articolo 22:
- Norme che individuano criteri di collegamento con entrambi gli ordinamenti interni
- Norme che individuano criteri di collegamento con soltanto un ordinamento interno
Si tratta di norme che delimitano il potere legislativo dei due stati contraenti fissando questi criteri di collegamento. Quindi solo entro i limiti dei criteri di collegamento gli Stati possono assumere i fatti/redditi a proprio presupposto d’imposta. Come avviene questa limitazione?
- nel primo caso vi è una delimitazione ma comunque entrambi gli Stati possono tassare. In questo caso è poi necessario applicare una specifica disciplina che è quella dell’articolo 23 per eliminare la doppia imposizione. Chi ha l’obbligo di eliminare la doppia imposizione? In base all’articolo 23 l’obbligo è dello stato di residenza. L’obbligo può essere di 2 tipi:
- obbligo di accreditamento (Italia): in questo caso non sempre si riesce eliminare totalmente la doppia imposizione)
- obbligo di esentare (Germania)
ecco perché quando siamo di fronte ai casi in cui uno solo può tassare è lo Stato di residenza che può tassare, perché negli altri casi rinuncia al prelievo. Comunque anche quando lo stato esenta non rinuncia alla progressività delle aliquote (articolo 23, 3° comma). Può quindi succedere che vi sia lo “scatto” di aliquota (di scaglione) perché si tiene conto anche dei redditi esentati. Esempio 1: obbligo di esenzione (articolo 23 A)
Germania: Stato della fonte 100: 100 al 30%
nello stato di residenza abbiamo 2 scaglioni: 30% fino a 50 e 40% oltre i 50. Se non ci fosse stata l’esenzione avrebbe tassato 50 al 30% e 150 al 40%. Ma in questo caso per i primi 100 vi è un’esenzione e quindi i secondi 100 verranno tassati al 40% in quanto si tiene conto della progressività delle aliquote.
Esempio 2: obbligo di accreditamento (articolo 23 B).
Italia: stato della fonte 100: 100 al 30% = 30
In Italia vi sono 2 scaglioni: 30% fino a 50 e 40% oltre. L’Italia deve riconoscere una deduzione di 30 che è l’imposta pagata nello stato della fonte. Tassazione che ci sarebbe in Italia: 50 al 30% = 15 + 150 al 40% = 60 = 75. Aliquota media = 75/200 = 37,5%.
In base al limite previsto dall’articolo 23 B comma 1 il contribuente può dedursi tutti i 30 in quanto l’aliquota estera è del 30% che è minore alla media italiana (37,5%). Se l’aliquota estera fosse stata del 40% il contribuente non avrebbe potuto dedurre 40 ma solo 37,5.
- nel secondo caso ad uno Stato è proprio vietata la possibilità di tassare. In linea generale il divieto è rivolto allo Stato contraente di non residenza con 2 eccezioni:
- articolo 8 (1° e 2° comma) infatti prevede ipotesi per le quali a poter tassare è lo stato di direzione effettiva (ossia dove c’è il top management). Ci si ricollega anche l’articolo 13 3° comma e l’articolo 22 al 3° comma (in Italia un’ipotesi simile non esiste in quanto l’unica imposta sul patrimonio che esiste in Italia è l’ICI).
- Articolo 19 (lettera A del 1° e 2° comma)