Ordine di esecuzione
L’ordine di esecuzione, con annessa legge di autorizzazione alla ratifica in corpo unico è uno dei possibili strumenti che lo Stato italiano utilizza per immettere il diritto “fattizio” nel diritto interno. Abbiamo la possibilità di introdurre un trattato con una semplice legge di esecuzione in un modo che viene utilizzato quando non c’è necessità particolare di nazionalizzare il testo. Si fa un rinvio formale: “pieno potere ed esecuzione viene dato al trattato” e si allega una fotocopia. Il legislatore non fa nessuno sforzo per tradurre in lingua italiana (così tutti i parlamentari che sono ignoranti non ci capiscono niente, e restano ignoranti come prima).
Si guadagna in termini di sicurezza, perché non si faranno errori. Questo però crea difficoltà a chi dovrà applicare in concreto la norma: il giudice dovrà tradursi la norma e potrà sbagliarsi. Però tanto sono problemi del giudice: formalmente lo Stato è a posto così. Resta sempre il fatto che manca in questo modo, per chi deve applicare la norma, non soltanto una precisa traduzione, ma anche una certezza assoluta su quello che è lo Stato dell’accordo: nel momento in cui il giudice dovrà leggere la legge si troverà nell’impiccio anche di verificare se quel Trattato è già entrato in vigore o no.
L’altra via che può essere usata per nazionalizzare un accordo internazionale è quella del “rinvio sostanziale”: si prende il testo del Trattato e lo si acquisisce all’interno dell’ordinamento e del sistema italiano. Qui evidentemente ci troviamo di fronte al caso opposto: è il legislatore che può sbagliarsi nella traduzione. Dal punto di vista del cittadino italiano, però, e anche dal punto di vista del giudice, è meglio, perché sono posti in una situazione di certezza. È certo che la legge sia quella in Italia, poi se non c’entra una mazza col trattato, pazienza.
Diventa poi del tutto irrilevante per il cittadino che il Trattato non sia mai entrato in vigore, per esempio perché non è stato raggiunto un numero sufficiente di Stati. Ma tanto ormai la norma italiana c’è. La differenza è sostanziale. Diciamo che evidentemente la legislazione parallela o rinvio è un modo che viene usato ogni qualvolta ce ne sia un giustificato motivo: se dobbiamo creare delle nuove istituzioni o delle regole che prima non esistevano, è ovvio che sia il legislatore italiano a definirne i dettagli. Alla tizia davanti è caduto il quaderno per terra. Il fatto della traduzione è ad avviso della prof un elemento importante da tenere in conto quando ci si trova a che fare con accordi che hanno a che fare con diversi versioni linguistiche, perché non sempre sono coerenti una con l’altra. Ma che pastrocchio! Da un punto di vista oggettivo alle volte è impossibile tradurre una certa terminologia. Di solito una buona regola è che si confronti con quante più versioni si possa per verificare di aver capito il senso della norma. L’esecutivo può adottare il Trattato anche solo con un Decreto. Lo strumento tipico del lavoro del Governo, infatti, è proprio il Decreto del ministro competente (o anche del Governo).
Abbiamo detto che passato il momento della ratifica si va allo scambio delle ratifiche, deposito delle ratifiche e poi c’è un ulteriore passaggio (non è detto che ci sia semplice, ma bisogna sapere che può esserci): la registrazione o “pubblicità”. Si ricollega già con la società delle Nazioni (1919), quando il problema della diplomazia segreta era particolarmente sentito. A quell’epoca, nel creare gli organi, si previde all’interno dello statuto che il segretario generale avrebbe dovuto essere il responsabile del registro ufficiale dei trattati. Si volle (e fu reiterato con le nazioni unite) introdurre la pubblicità o conoscibilità: un registro che permette ai terzi di conoscere la norma.
Secondo l’accordo delle Nazioni tutti i Trattati dovrebbero esser registrati. Si previde la nullità degli accordi che non fossero stati registrati. Di fatto quel che succede è che alla prima creazione del registro, ci si rese conto che non si poteva negare la validità dell’atto alla pura e semplice registrazione: atti di tipo volontaristico, ciò che aveva la prevalenza era la volontà delle parti. Insomma: l’importante è che si tenga un certo comportamento, non il fatto che ci sia la formalità della registrazione.
Si è pensato in pratica e si consolidò tale principio più avanti: l’obbligo di registrazione vale solo per permettere agli Stati di poter eventualmente presentare gli accordi stessi davanti agli Organi delle Nazioni Unite (per esempio assemblea generale o consiglio di sicurezza, o anche per controversie tra i sottoscrittori del Trattato che vogliano usare la Corte Internazionale per risolvere la controversia). Insomma: se non registri poi non andarti a lamentare alla Corte di nessuno. J quel che succede quindi è che il Trattato è valido ed efficace anche in mancanza di registrazione; ciò che si può fare per sanare la situazione è la registrazione ad hoc successivamente prima di andare di fronte alla Corte, presentandolo presso la segreteria delle Nazioni Unite. Questo strumento è utile per usare il contenuto del testo.