Le clausole in senso stretto
Le clausole di riserva sono quelle clausole con le quali uno stato dichiara di non volersi sentire obbligato a sottostare a certe regole. Non possono essere indicate su elementi essenziali del testo del trattato e per quanto riguarda il quando, teoricamente le riserve dovrebbero esser poste (un tempo erano poste solo nella fase di negoziazione) prima, ma nella pratica degli Stati Uniti, viceversa, era entrata in voga una prassi soprattutto in considerazione degli USA nei confronti degli altri, di porre le riserve quando voleva. Nella convenzione di Vienna è stata accettata questa regola. In linea di massima le riserve dovrebbero esser poste prima, però è accettata di farlo anche in sede di ratifica.
È pur vero che la riserva è una dichiarazione unilaterale di volontà c.d. recettizia. Può essere efficace solo se ricevuta e accettata dalle controparti. A Vienna è stato definito come tempo congruo un anno dal deposito presso l’ente depositario affinchè le altre parti potessero conoscere il contenuto della riserva e rifiutare l’accettazione; se passato l’anno nessuno la rifiuta si dà per accettata ed è operativa da quel momento in poi. Ci sono alcune conseguenze: se alcuni non hanno accettato la riserva, nei loro confronti non potrà esser fatta valere. Se la riserva è stata posta su un punto sostanziale (quindi è illegittima) allora la riserva decade a prescindere. Il principio è sempre quello del mantenimento del valore del testo contrattuale. In alcuni casi, però, come la convenzione di Montego-Bay sul diritto del mare, quel che è stato previsto è la impossibilità di porre riserve. Questo perché ci hanno messo talmente tanti anni per arrivarci che hanno apposto un divieto di riserva.
La clausola della nazione più favorita. È nata molto tempo fa, è antichissima ed è una clausola tipica soprattutto di trattati che avevano a che fare con le relazioni commerciali (davvero tipica, ricorda storia economica). Si fissano parametri attraverso le quali si gestiscono per esempio le dogane, le tasse etc. La clausola dice: qualunque eventuale trattamento più favorevole che dovessimo successivamente dare a un terzo stato verranno trasferiti automaticamente. È una clausola di non discriminazione: ci si impegna a non trattare male altri stati. Questo è utile per non dover rinegoziare i trattati ma a limitarci a trasferire le stesse regole. Infatti a livello commerciale le cose devono essere pratiche. La clausola bilaterale può diventare (come nel sistema del WTO e GATT precedentemente) estesa a tutti. C’è anche il ragionamento contrario: non si applicano clausole che rendono più deboli gli stati già deboli.
Le clausole sono una fonte di diritto di terzo grado. Perché? Diritto internazionale generale (soprattutto consuetudinario), nell’ambito del quale il secondo grado sono i trattati, poi ci sono le clausole.
Consuetudo est serranda et Pacta sunt serranda: in questo trova legittimità tutto il diritto dei trattati. Non esiste una costituzione che sovrasta il resto. Conforti ha una sua idea che è autorevole, ma non tutti la condividono. Rientra il discorso del sistema monista e dualista (il secondo vede l’indipendenza del diritto interno dall’internazionale), che avevamo visto anche in diritto commerciale, se non ricordo male (o magari mi confondo). Alla fine della storia vuol dire che io dichiaro il diritto internazionale al di sopra di tutto, ma poi come l’Italia fa che cosa vuole. Il risvolto pratico è minimo ed ha poca influenza, quindi è un argomento che ci interessa meno.