Classificazione dei trattati
I “trattati” possono essere “unilaterale e bilaterale”. La cosa più semplice è che se volessimo fare una classificazione avremmo queste due categorie, distinguendo così quelli che vengono sottoscritti da soli 2 soggetti o da una pluralità (da 3 in su). Nazioni Unite o trattato di Vienna: la stragrande maggioranza degli Stati vi hanno partecipato.
Poi c’è un’ulteriore distinzione: due convenzioni:
1. Nel 1969 Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati: trattato di codificazione. La “consuetudine”: nel diritto internazionale è abbastanza comune tradurre in forma scritta diritti che già esistono. A Vienna non si è fatto altro che trascrivere in forma consolidato e magari innovato un po’ su taluni aspetti.
2. Trattati sottoscritti da Organizzazioni Internazionali con altre Organizzazioni Internazionali. Questo perché è diversa un’organizzazione da un “soggetto stato”. Qualcuno mette in evidenza come all’interno delle tipologie di trattati (soprattutto multilaterali) si viene in qualche misura, proprio per via delle Organizzazioni Internazionali, a creare casi tipici come “L’organizzazione Internazionale del lavoro” che prevede che le regole che gli Stati vogliono utilizzare vengano formulate norme attraverso procedimenti tra cui una Convenzione, che però non nasce come fatto a sé stante, ma fissata dallo Statuto dell’organizzazione stessa. Vienna ha scritto delle regole consuetudinario.
Una regola fondamentale è che non esiste una forma obbligatoria/prescritta perché un trattato abbia la sua validità. Tradizionalmente gli impegni degli Stati che si impegnano a rispettare possono essere adottati nella maniera preferita: scritta, orale o per tacito comportamento. Non c’è un modo fissato insomma. Questo è particolarmente importante e giustifica alcune regole nell’ambito della convenzione, ma anche in altri contesti, che vanno sotto il nome di norme che tendono a evitare gli accordi segreti. La politica di adottare accordi sconosciuti al pubblico e alla Comunità era molto diffusa un tempo: spesso le alleanze venivano negoziate e sottoscritte segretamente; si voleva che restassero sconosciute. Con la globalizzazione, si cerca di evitarlo.
Tant’è vero che la convenzione sulla pubblicità è esplicitamente fatto per evitarlo. L’insieme dei trattati segreti configurava una sorta di governante ombra, per cui non si aveva mai una percezione chiara di chi faceva cosa e con chi. Nel corso del tempo questo tipo di atteggiamento è stato rigettato. Almeno così si crede. 99% qualche trattato segreto ci sarà anche, ma non ci è dato sapere. Però normalmente nei rapporti tra Stati non è la regola. Per quanto riguarda la materia internazionalistica, stiamo sempre all’occhio la differenza tra regole e realtà. Il discorso del “soft-law” è anche questo. Ogni volta che ci confrontiamo con un documento cerchiamo di leggerlo per quel che vale. Dal punto di vista di porre una categorizzazione dei trattati internazionali, abbiamo già analizzato “la tipologia rispetto ai soggetti e al contesto”.
Abbiamo poi ancora una ulteriore classificazione interessante che va, legata al discorso della forma di poco fa, che va a richiamarsi al modo in cui gli accordi vengono formulati: forma solenne (= scritta; poi vedremo perché “solenne”) o orale o per comportamento tacito. Vogliamo ora aggiungere che la scritta può essere particolarmente elaborata (solenne), ma può essere anche “semplificata”. Qual è la differenza? Vedremo che i trattati vengono negoziati seguendo una particolare procedura, abbastanza complessa, con la partecipazione di diversi organi. La forma semplificata viene normalmente riservato quando non c’è necessità di fare un grosso impianto procedurale, per accordi operativi di secondario livello (es.: diplomazia statunitense, che appartengono alla piena competenza da parte del Presidente; è usato in maniera massiccia, per far prima nelle necessità concrete).
Perché? Perché normalmente, se esiste già un quadro normativo e l’accordo è solo una norma di esecuzione, ecco che il secondo accordo ha mera valenza di tipo amministrativo: si dà contenuto alle regole generali. Rientrano in questo senso nella competenza dell’esecutivo e nell’ambito delle sue capacità. Il caso italiano: anche noi possiamo utilizzare la forma semplificata, ma il nostro capo dello Stato non ha i poteri del Presidente USA, quindi nel nostro sistema il meccanismo funziona diversamente.
Tuttavia, ogni qualvolta ci si trovi di fronte ad un atto regolamentare, possiamo utilizzare questo tipo di accordo, ma ovviamente segue regole diverse per quanto riguarda la competenza a sottoscrivere. Quel che c’è da dire per quanto riguarda il caso italiano è che sicuramente la nostra costituzione prevede necessariamente l’uso della forma solenne e del passaggio (art. 80 Cost.) dal parlamento ogni qualvolta si tocchino aree particolari: adozioni di onere per le casse dello Stato, accordi che comportino mutamento dei confini o mutamento delle norme interne e tutti quegli accordi che hanno carattere politico. La Costituzione insomma stabilisce quelle categorie di atti in cui adottare la forma solenne.
Vediamo quindi qual è la differenza tra il procedimento di adozione di un trattato in forma solenne o semplificata. Quel che stiamo per dire è valido essenzialmente per trattati di carattere multilaterale, perché negli accordi bilaterali una forma scritta di tipo solenne si può avere anche in maniera meno pesante di quella che andiamo a descrivere, perché si passa attraverso un semplice scambio di lettere: se l’argomento è importante e c’è urgenza quel che vien fatto è denominato “uno scambio di lettere”, in tono formale – diplomatico.
La negoziazione è meno formalizzata comunque: possono anche mandarsi un sms J. Al contrario, per i trattati multilaterali, mettere d’accordo a distanza un certo numero di Stati non è così semplice. Di solito c’è un piccolo numero di Stati che si fanno promotori dell’iniziativa. Intanto cercano di capire se c’è spazio per discutere o no. Poi si riuniscono tutti e si bevono una birra J. Il linguaggio diplomatico è peggio di quello burocratico.