Sicurezza ed ambiente di lavoro
1) Premessa: Grande impulso a partire dall’Atto Unico del 1987. 2) Tutela della salute nei luoghi di lavoro dalle origini all’87: Anche se già nel 1957 con la CECA dopo la sciagura di Marcinelle (264 lavoratori italiani muoiono in miniera belga), si crea un “Organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbone”. Poi nel 1974 si ha punto di svolta con il “programma di azione sociale” che ha grande rilievo sulle iniziative in materia di: salute e sicurezza dei lavoratori, in generale di promozione del miglioramento delle condizioni di lavoro. Nello stesso anno si crea il “Comitato consultivo per la sicurezza, l’igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. Importante la direttiva n°80/1107/Cee sulla protezione dei lavoratori contro rischi derivati da un’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro. Alla disciplina-quadro contenuta in questa direttiva si sono accompagnate 4direttive “figlie”: 1) protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione al piombo metallico durante il lavoro; 2) all’esposizione all’amianto; 3) all’esposizione al rumore; 4) proibizione di certi agenti specifici e/o di certe attività; altra: protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Direttive degli anni ’80 e ordinamento italiano: la 80/1107 e le “figlie” sono state trasposte in Ita con il D.lgs. 1991 n°277, che provocò polemiche, l’ordinamento italiano risulta fondato sul criterio della max sicurezza tecnologicamente fattibile. Criterio ben più rigoroso ad es. di quello britannico; cosicché ci si è chiesti se il nostro legislatore non abbia voluto adeguarsi allo standard comunitario con conseguente abbassamento del livello di tutela. 3) Apporto della Giurisprudenza della Corte di Giustizia: Dopo il 1986 con l’inserimento nel Trattato dell’art.118A si assumeranno le deliberazioni in materia a maggioranza qualificata (prima unanimità). Si è poi passati dal 118A nel quale ci si interrogava sul significato della nozione di “ambiente di lavoro” all’art.137 TCE che legittima ormai interventi normativi della Comunità sull’insieme delle condizioni di lavoro. Sono necessarie però delle “precisazioni minime”: implica il riconoscimento della possibilità per gli Stati Membri di adottare norme più rigorose di quelle che sono oggetto dell’intervento comunitario. Le direttive devono evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; per questo è stato criticato il 118A creando un immagine di “una sicurezza a 2velocità” (per le piccole e per le grandi imprese). 4) Direttiva-quadro 89/391 e la produzione normativa susseguente: promuove il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. È la base, costituisce l’intelaiatura della futura disciplina comunitaria. Il miglioramento di condizioni di salute e sicurezza non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico, non si può dare origine ad una concorrenza a scapito della sicurezza e della salute. Infatti la direttiva si applica a tutti i settori, escluse solo le forze armate polizia e servizi di protezione civile, e senza distinzione della dimensione dell’impresa. La direttiva si articola in 2sezioni: 1) Obblighi dei datori: garantire la sicurezza e salute assumendo misure necessarie per la protezione della sicurezza e salute. La responsabilità è personale, può essere esclusa o attenuata solo in caso si rientri nell’area della forza maggiore, e non possono delegare i loro poteri in materia di sicurezza. Principi generali di prevenzione: evitare i rischi, valutare quelli che non possono essere evitati, combattere i rischi alla fonte, attenuare il lavoro monotono e ripetitivo, dare priorità alle misure di protezione collettiva, impartire adeguate istruzioni ai lavoratori. Obbligo di aggiornamento scientifico. Doveri specifici in materia di pronto soccorso, lotta antincendio, evacuazione dei lavoratori, consentire in caso di pericolo grave che il lavoratore si possa allontanare dal posto di lavoro senza subire conseguenze (questa è innovativa, e anche la prossima), se sullo stesso luogo di lavoro ci sono lavoratori di diverse imprese i datori devono cooperare all’attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza all’igiene ed alla salute prevenendo i rischi. Sono aspetti principali: informazione, formazione, partecipazione e consultazione dei lavoratori, fornire tutte le informazioni necessarie riguardanti i rischi per la sicurezza e la salute e le misure e le attività di protezione e prevenzione; ciascun lavoratore deve ricevere una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute. I lavoratori possono presentare proposte in materia di sicurezza al datore; possono presentare ricorso alle autorità competenti se ritengono insufficienti le misure di sicurezza predisposte dal datore. 2) Obblighi dei lavoratori: devono prendersi cura della propria sicurezza, della propria salute e delle persone su cui possono cadere le conseguenze delle sue azioni o delle sue omissioni. In relazione alla direttiva-quadro sono state approvate 19direttive “figlie”, e ad oggi gli interventi sono diminuiti e l’applicazione delle norme non sta dando i risultati sperati perché gli infortuni sul lavoro sono moltissimi. Gli altri interventi riguardano l’istituzione dell’agenzia europea sulla sicurezza sul lavoro, il programma SAFE per promuovere la corretta applicazione della normativa nelle piccole e medie imprese, ed il programma Phare per il sostegno finanziario per adeguare gli ambienti di lavoro a sicurezza e salute. È stato introdotto anche lo stress da lavoro e rientra nella tutela della salute perché è uno stato che si accompagna a malessere e a disfunzioni fisiche psicologiche o sociali e che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti. 5) Direttiva sulla tutela delle lavoratrici gestanti e puerpere: La direttiva 92/85 è relativa al lavoro notturno, all’esposizione ad agenti nocivi, all’astensione dal lavoro e al licenziamento. È relativa anche alla protezione della salute delle donne senza che sia uno svantaggio per il mercato del lavoro e che certe misure non gravino troppo sul bilancio delle imprese. Esposizione ad agenti nocivi: modificazione delle condizioni, dell’orario e del lavoro e al max anche della disciplina del lavoro per tutto il periodo necessario alla protezione della salute e sicurezza fermo restando il mantenimento della retribuzione o il diritto al versamento di un indennità adeguata. Lavoro notturno: non possono essere obbligate a svolgerlo se in gravidanza o subito dopo, però per l’esenzione ci dev’essere un’attestazione medica, all’inizio la proposta della direttiva era il divieto di lavoro notturno per 16settimane di cui 8prima del parto. Congedo di maternità: astensione del lavoro con diritto alla retribuzione e dev’essere di 14settimane in parte precedenti e in parte susseguenti. Il congedo obbligatorio è di 14giorni. Divieto di licenziamento: per tutelare le lavoratrici tra l’inizio della gravidanza e il termine di congedo della maternità, però la tutela non è legata al fatto che il datore venga informato, in Ita invece non è così perché ci si basa sullo stato obiettivo di gravidanza. Quindi lo standard protettivo min nella Comunità è inferiore a quello che era già stato riconosciuto alle lavoratrici madri nel nostro ordinamento all’epoca della sua adozione; però la direttiva non può far si che si abbassi il livello di tutela già presente in uno Stato alla data della sua adozione. 6) Direttiva relativa alla protezione dei giovani sul lavoro 94/33: Li protegge dallo sfruttamento e da ogni possibile lavoro che nuoce alla salute, alla sicurezza, e allo sviluppo fisico e psicologico. Campo di applicazione: la tutela del lavoro giovanile dev’essere assicurata attraverso misure concernenti l’età min di accesso al lavoro, la durata dell’orario di lavoro, il lavoro notturno e i riposi. Riguarda tutte le persone di età inferiore a 18anni che abbiano stipulato un contratto o un rapporto di lavoro. Bisogna distinguere tra: 1) bambini: sono ritenuti bambini coloro che non hanno ancora compiuto i 15anni e hanno ancora gli obblighi scolastici. In generale è vietato il lavoro ai bambini, ci sono però deroghe per attività culturale, artistico o sportivo, o quelli che hanno almeno 14anni e svolgono tirocinio presso un’impresa. Per quanto riguarda l’orario non possono lavorare per più di 7ore al giorno e più di 35ore settimanali. Ci dev’essere un riposo di almeno 14ore consecutive per ogni periodo di 24ore e il riposo di 2giorni consecutivi ogni periodo di 7giorni. Il lavoro notturno è vietato fra le 20 e le 6. 2) adolescenti: sono considerati adolescenti i giovani di almeno 15anni che non abbiano compiuti i 18anni e che non hanno più obblighi scolastici. Il divieto di svolgere certe attività è deciso in base a: attività che vanno oltre le loro capacità fisiche o psicologiche; attività nocive perché in presenza di agenti tossici; esposizione a radiazioni; rischio di incidenti non valutabili dai giovani. Per quanto riguarda l’orario di lavoro può essere di 8ore al giorno e 40ore a settimana; il riposo dev’essere di 12ore consecutive per ogni periodo di 24ore e di 2giorni consecutivi per ogni periodo di 7giorni. Il lavoro notturno è vietato fra le 22 e le 6 o le 23 e le 7 e comunque ci dev’essere una valutazione gratuita del suo stato di salute da ripetersi in seguito a intervalli regolari. Bisogna ricordare che la clausola di non regresso non può costituire una valida giustificazione per un regresso del livello generale di protezione dei giovani.