I rapporti speciali di lavoro caratterizzati dalla tipicità della posizione del datore e/o del prestatore di lavoro
Cenni generali.
Passare a considerare la natura e la tipologia dei rapporti che si caratterizzano come speciali di funzione della posizione del datore e/o del prestatore di lavoro. Di specialità sarà questione in presenza di una diversità normativa che incida sugli elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato indicati dall’articolo 2094 c.c. e perciò tale da caratterizzarne la causa e l’oggetto e da delimitarne il campo di applicazione.
Il lavoro subordinato a domicilio: definizione e caratteristiche.
L’articolo 1, comma 1, Legge numero 877 del 1973, stabilisce che “è lavoratore a domicilio chiunque esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi”.
Con questa definizione il legislatore ha inteso fissare la differenza esistente fra i lavoratori subordinati a domicilio e gli altri lavoratori subordinati, da un lato, e i lavoratori autonomi, dall’altro. Dall’articolo 1, comma 2, Legge numero 877 si afferma che la subordinazione “… in deroga a quanto stabilito dall’articolo 2094 codice civile, ricorre quando il lavoratore a domicilio è tenuto ad osservare le direttive dell’imprenditore …”. Con questa formulazione il legislatore ha inteso configurare la subordinazione tipica del lavoratore a domicilio come una specifica ipotesi di subordinazione tecnico – funzionale, precisando che è sufficiente che il prestatore sia vincolato alle direttive dell’imprenditore, pur senza trovarsi alle sue dirette dipendenze. Si deve sottolineare che affinché si verifichi l’ipotesi prevista dall’articolo 1, il committente deve essere un imprenditore: diversamente sarà lavoro autonomo. Per contro deve considerarsi dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, chi esegua prestazioni in locali di pertinenza dell’imprenditore. Si deve osservare che anche nel lavoro a domicilio si riscontra il fenomeno del decentramento o collocazione all’esterno dell’impresa di parti o fasi dell’attività produttiva di beni o servizi. Al decentramento produttivo va ricondotto anche il fenomeno del lavoro a distanza (cosiddetto telelavoro) caratterizzato dalla collocazione logistica del prestatore di lavoro all’esterno dell’impresa.
La prestazione del lavoratore a distanza potrà essere ricondotta ad un contratto di lavoro subordinato, autonomo o anche parasubordinato.
La disciplina del lavoro subordinato a domicilio.
Nell’ambito dell’articolo 1, la stessa Legge numero 877 ha dettato le norme sulla disciplina del rapporto e sulla prestazione e la retribuzione del lavoro a domicilio. Per ciò che concerne la prestazione, la legge esclude l’ammissibilità dell’esecuzione “di lavoro a domicilio che comportino sostanze nocivi o pericolosi”; è inoltre vietato affidare lavoro a domicilio per la durata di un anno a tutte quelle aziende che abbiano disposto licenziamenti oppure sospensioni del lavoro.
Non essendo possibile la determinazione dell’orario di lavoro, l’unica forma idonea di retribuzione è il cottimo che fa riferimento esclusivo alla quantità prodotta. Se l’imprenditore committente affida una quantità di lavoro corrispondente all’orario normale di lavoro, il lavoratore a domicilio è obbligato ad astenersi.
La legge ha stabilito che l’impiego dei lavoratori a domicilio avvenga previo inoltre ai Centri per l’impiego di un’apposita richiesta. Il contratto di lavoro a domicilio è uno dei rari contratti di lavoro in cui ha rilievo una forma scritta, ad probationem. Infatti, l’imprenditore committente deve tenere un registro nel quale vanno trascritti nominativi e domicilio dei lavoratori, tipo e quantità di lavoro, la misura della retribuzione; il lavoratore a domicilio deve essere munito di un speciale libretto di controllo.
Il lavoro domestico.
Il rapporto di lavoro domestico è caratterizzato da una prestazione eseguita nell’abitazione del datore di lavoro o, meglio, in convivenza familiare con lo stesso. Il Codice civile disciplina questo rapporto con una serie di norme che sono state in gran parte derogate dalla Legge 2 aprile 1958. La Legge numero 339 regolamenta i rapporti di lavoro domestico in cui la prestazione di lavoro sia resa per la durata di almeno 4 ore giornaliere. La stipulazione di un contratto collettivo è stata resa possibile dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell’articolo 2068, comma 2, c.c., nella parte: “sono sottratti alla disciplina del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti prestazioni di carattere domestico”. Il contenuto e l’oggetto della prestazione di lavoro domestico non si differenziano da quelli di lavoro subordinato; sua caratteristica è la destinazione dell’attività a vantaggio dell’organizzazione familiare.
Da tale caratteristica deriva l’obbligo di corrispondere oltre al danaro, il vitto e l’alloggio, nonché le cure e l’assistenza medica. L’inserzione della prestazione lavorativa nell’ambito della comunità familiare spiega come il legislatore si sia preoccupato del riposo settimanale e dei riposi giornalieri e notturni, ma anche della salute e della personalità del lavoratore. La stessa legge, ai fini della durata del periodo di prova, distingue i lavoratori domestici con mansioni impiegatizie e prestatori d’opera manuale specializzata o generica.
Passando ad esaminare i contenuti della contrattazione collettiva, gli aspetti più rilevanti riguardano la fissazione dei minimi salariali, dell’orario di lavoro, delle ferie, della conservazione del posto in caso di malattia. A tale proposito si può ricordare che la contrattazione collettiva prevede il divieto di licenziamento durante il periodo di gravidanza.
Il lavoro sportivo.
Un altro rapporto speciale di lavoro subordinato è quello tra società sportive e sportivi professionisti, regolato dalla Legge 23 marzo 1981, numero 91. La legge individua gli sportivi professionisti, stabilendo che sono tali “gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico – sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali secondo norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”. In relazione agli atleti, sono individuati tre requisiti, la cui ricorrenza consente di qualificarne il rapporto di lavoro come autonomo:
- L’attività sia svolta in una singola manifestazione sportiva o di più ma collegate in un breve periodo di tempo;
- L’atleta non sia contrattualmente vincolato per la frequenza a sedute di allenamento;
- La prestazione non superi le 8 ore settimanali.
A parte la norma secondo cui l’assunzione dello sportivo professionista con contratto di lavoro può avvenire in modo diretto, il legislatore ha previsto che il contratto debba essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità, secondo il contratto – tipo predisposto dalle federazioni sportive nazionali; ogni clausola del contratto individuale contenente deroghe peggiorative viene sostituita di diritto da quella del contratto – tipo.
Il contratto individuale deve essere depositato presso la federazione sportiva nazionale per l’approvazione. Esso deve contenere una clausola che stabilisca “l’obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici”. Al contrario, non può contenere clausole di non concorrenza o limitative, per il periodo successivo alla cessazione del contratto stesso.
Al rapporto di lavoro sportivo subordinato non si applicano la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali ed alcune norme del Titolo I della Legge numero 300. Si applicano, in quanto compatibili, le altre disposizioni non escluse dalla normativa speciale. Il contratto può avere una durata determinata, non superiore a 5 anni. E’ consentita, in questi casi, la cessione del contratto da una società sportiva ad un’altra prima della sua scadenza, purché lo sportivo contraente ceduto vi acconsenta.
La legge ha previsto l’abolizione del cosiddetto vincolo sportivo consistente in una notevole limitazione della libertà contrattuale. In un caso solo sussiste ancora una penetrante compressione dell’autonomia contrattuale dell’atleta: la legge attribuisce alla società che ha provveduto alla sua formazione tecnica, il diritto di stipulare con lo stesso il primo contratto professionistico.
Un cenno conclusivo merita il “premio di addestramento e formazione tecnica”, che deve essere stabilito dalle Federazioni sportive nazionali in favore della società o associazione sportiva presso la quale l’atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile. Esso ha sostituito l’indennità di preparazione e promozione, ciò al fine di adeguare la normativa interna al principio della libera circolazione dei lavoratori sportivi in ambito comunitario.