L’organizzazione delle società nella proposta della Quinta direttiva
- La Proposta di Quinta dir. soc.: cenni comparatistici sui sistemi di amministrazione delle società di capitali
- Modello dualistico tedesco, funzione dell’Aufsichtsrat (consiglio di sorveglianza) e Mitbestimmung (cogestione)
- L’influenza del modello tedesco sulla Proposta originaria di Quinta dir. soc.
- Il modello opzionale nella Proposta modificata di Quinta dir. soc.
- La responsabilità degli organi di amministrazione
- Funzioni e regole di funzionamento dell’assemblea dei soci
La Proposta di Quinta dir. soc.: cenni comparatistici sui sistemi di amministrazione delle società di capitali
Originariamente presentata al Consiglio il 9 ottobre del 1972, la Proposta di Quinta dir. soc. aveva l’obiettivo di armonizzare i sistemi di organizzazione amministrativa delle società per azioni dei Paesi membri, nonché i poteri e gli obblighi degli organi sociali. Da una parte, la Quinta dir. soc. si proponeva di introdurre in via obbligatoria il c.d. sistema amministrativo dualistico, imperniato su un organo di direzione ed un organo di vigilanza. D’altra parte, era tesa ad armonizzare il funzionamento delle assemblee ed i diritti spettanti ai soci.
Le società di capitali, in generale, sono caratterizzate in tutti gli ordinamenti, sia europei sia extraeuropei, da due elementi tipici: la limitazione della responsabilità per le obbligazioni sociali al solo patrimonio della società e l’articolazione in organi. Le società di capitali non sono articolate ovunque alla stessa maniera. Alcuni ordinamenti prevedono un solo organo amministrativo, monocratico o collegiale, ed un organo c.d. deliberante, ove si riuniscono i soci.
Altri ordinamenti prevedono invece due organi tra i quali è ripartita la funzione di amministrazione della società e sempre un organo ove si riuniscono i soci, con funzioni sostanzialmente ridotte alla tutela dei diritti ad essi spettanti come tali. Il primo sistema di amministrazione delle società di capitali, ove la funzione di amministrazione compete ad un solo organo, si denomina monistico. L’altro sistema si denomina dualistico. È dualistico il sistema amministrativo delle società la cui gestione spetta a due distinti organi, l’uno di amministrazione attiva o direzione, l’altro di controllo o sorveglianza.
Negli ordinamenti societari europei sono presenti entrambi i modelli di organizzazione della funzione amministrativa: si fa generalmente riferimento all’ordinamento tedesco per individuare il prototipo di società organizzata secondo il modello dualistico, e all’ordinamento inglese e a quello francese tradizionale per individuare il prototipo del modello monistico. Il modello dualistico tedesco viene seguito anche in altri Paesi dell’UE. In Germania, Austria, Portogallo, Finlandia ed Olanda il modello dualistico è sempre obbligatorio per tutte le società di capitali aventi certi requisiti di capitale e/o un certo numero di lavoratori impiegati; in Francia, si rende obbligatorio soltanto per le società a partecipazione statale (ed in Belgio per le imprese bancarie) ed è facoltativo per tutte le altre; dal 2004, il sistema può essere facoltativamente adottato anche in Italia.
Quando il sistema dualistico può essere adottato facoltativamente si denomina sistema opzionale. Il modello monistico è seguito negli altri Paesi dell’UE. In Gran Bretagna e in Irlanda, le società sono organizzate in modo che l’amministrazione spetti ad un board of directors che risponde direttamente ai soci, riuniti nel general meeting. Il board può strutturarsi internamente su tre livelli: board of directors, committees e managing directors.
In Francia, Belgio, Finlandia, Svezia e Spagna, invece, il consiglio di amministrazione può articolarsi solo su due livelli: mentre nei detti ordinamenti determinate funzioni spettano al consiglio ed altre spettano o possono essere delegate al presidente, nell’ordinamento belga il consiglio può liberamente delegare alcune funzioni ad uno o più amministratori delegati.
Nell’ordinamento italiano, nel modello di amministrazione tradizionale coesistono tre organi distinti: il consiglio di amministrazione, l’assemblea e il collegio sindacale. Nonostante i tre organi, la dottrina colloca questo modello tra quelli a struttura monistica. Ciò in quanto il collegio sindacale non è dotato dei poteri che contraddistinguono gli organi di sorveglianza nei sistemi dualistici tradizionali: al collegio sindacale non spettano né poteri di nomina e revoca degli amministratori, né il potere di approvare il bilancio, né l’esercizio dell’azione di responsabilità, poteri questi che sono necessari per il riconoscimento di una ripartizione su più organi della funzione amministrativa delle società.
Qualche dubbio, sulla possibilità di ricondurre anche l’ordinamento italiano tra quelli dualistici, si è prospettato per le società quotate, ove i sindaci hanno maggiori poteri, ed in particolare quello di adire l’autorità giudiziaria per le gravi irregolarità degli amministratori: questo potere compete peraltro adesso anche ai sindaci di società non quotate. L’assetto dell’ordinamento italiano è mutato con la riforma del diritto societario, a seguito della quale è consentita l’adozione, in luogo del sistema tradizionale, di ulteriori due sistemi, alternativi, di amministrazione e controllo: il sistema dualistico, imperniato sull’articolazione di funzioni tra consiglio di sorveglianza e consiglio di direzione, e il sistema monistico, ove il consiglio di amministrazione ospita al suo interno comitati, ed in particolare il comitato (interno) per il controllo sulla gestione.
Modello dualistico tedesco, funzione dell’Aufsichtsrat (consiglio di sorveglianza) e Mitbestimmung (cogestione)
Per comprendere quale avrebbe dovuto essere l’impatto della Proposta di Quinta dir. soc. sugli ordinamenti societari europei, occorre conoscere il sistema di amministrazione delle società per azioni tedesche, alle quali la Proposta originaria si rifaceva. La legge tedesca sulle società per azioni prevede tre organi sociali: l’assemblea generale, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di direzione. La società assume una struttura piramidale in quanto, all’assemblea generale, che funge da base, spetta la nomina del consiglio di sorveglianza (in concorso con i lavoratori) e al consiglio di sorveglianza, organo intermedio, spetta la nomina del consiglio di direzione, che funge da vertice.
La funzione di amministrare la società è ripartita tra l’organo intermedio (consiglio di sorveglianza) e l’organo di vertice (consiglio di direzione). Mentre all’organo di direzione spetta la conduzione degli affari sociali in senso stretto, al consiglio di sorveglianza competono una serie di funzioni amministrative in senso ampio, tra cui, in particolare, quella di sorvegliare sulla gestione degli affari sociali, di nominare e revocare i membri del consiglio di direzione, di approvare il bilancio d’esercizio e di nominare i revisori contabili.
Al consiglio di sorveglianza non spettano compiti amministrativi in senso stretto. L’atto costitutivo può prevedere che al consiglio di sorveglianza siano sottoposti per l’approvazione determinati affari. Parimenti, lo stesso consiglio di sorveglianza può richiedere al consiglio di direzione di rimettere alla sua approvazione certe operazioni, che reputi di fondamentale importanza per la gestione della società. L’approvazione degli atti di gestione non ha l’effetto di esimere gli amministratori dalla eventuale responsabilità e il diniego di approvazione non impedisce agli stessi di compiere l’affare, con il consenso dell’assemblea generale: ciò conferma l’estraneità del consiglio di sorveglianza da compiti di stretta amministrazione.
Il consiglio di sorveglianza è organo la cui funzione amministrativa consiste in un controllo di merito ma è altresì organo di controllo tecnico: può esaminare e verificare i libri e le scritture sociali, così come può verificare in ogni momento la consistenza di cassa e lo stato dei beni dell’attivo. Il controllo contabile in senso stretto spetta ai revisori esterni, nominati dall’assemblea su proposta del consiglio di sorveglianza. Nel modello tedesco il consiglio di sorveglianza è organo necessario per tutte le società di capitali: si fa eccezione esclusivamente per le società a responsabilità limitata che impieghino non più di 500 dipendenti. La ragione dell’obbligatorietà si deve alle regole sulla composizione dello stesso organo di sorveglianza, in cui trova sede la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa.
La partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, detta cogestione o codeterminazione assume particolare significato sociale ed economico. Attualmente, in Germania, la cogestione assume tre distinti gradi di intensità: la paritetica, la quasi-paritetica e la cogestione del terzo. Nella prima, i rappresentanti dei lavoratori e degli azionisti sono eletti in numero esattamente pari tra loro e dotati di pari poteri: in caso di stalla decisionale deve ricorrersi all’arbitraggio di un terzo indipendente, il c.d. undicesimo uomo. Nella seconda forma, si ha altresì parità numerica dei rappresentanti dei lavoratori e degli azionisti, ma non di poteri: in caso di stalla il peso degli azionisti prevale grazie al doppio voto del presidente, eletto tra questi ultimi. Nella terza forma i lavoratori hanno un diritto di partecipare alla composizione del consiglio di sorveglianza in misura pari ad un terzo dei seggi e dispongono di altrettanti voti.
Almeno un amministratore (membro del consiglio di direzione) deve essere comunque nominato dai lavoratori e preposto alla gestione del personale. La Proposta di Quinta dir. soc., nella sua prima formulazione, si ispirava grandemente al modello tedesco, tanto per l’articolazione in organi, quanto per la partecipazione dei lavoratori.
L’influenza del modello tedesco sulla Proposta originaria di Quinta dir. soc.
Le ragioni dell’intervento comunitario, teso ad introdurre in tutte le società per azioni il sistema dualista, sono esplicitate nei considerando alla Proposta di Quinta dir. Qui si prende atto che in materia di organizzazione dell’amministrazione delle società per azioni sono attualmente in vigore nella Comunità due diversi sistemi e che, anche nel sistema che prevede solo un organo di amministrazione, si stabilisce una distinzione di fatto tra membri attivi che gestiscono la società e membri passivi che si limitano alla vigilanza. Per delimitare chiaramente le responsabilità delle persone rispettivamente incaricate dell’una o dell’altra di dette funzioni è preferibile attribuire queste funzioni ad organi separati.
Secondo la Commissione l’introduzione del modello strutturato su organi separati, quello dualistico, non avrebbe potuto rendersi facoltativa: ciò avrebbe attardato il processo di integrazione tra le imprese europee. Ai fini di una più rapida integrazione l’Autorità comunitaria escluse di poter suggerire l’introduzione del c.d. modello opzionale e si indusse a delineare il modello di società comunitaria, a struttura dualistica, sulle linee della legge azionaria tedesca: così per la denominazione degli organi, come anche per i poteri e le molte peculiarità.
Nella Proposta originaria di Quinta dir. era prevista non soltanto l’introduzione dell’organo di sorveglianza nelle società per azioni, ma una forma di partecipazione dei lavoratori agli organi sociali e alle relative decisioni. Le motivazioni alla base della introduzione della cogestione appaiono in realtà implicite e poco chiare. Il modello di cogestione prescelto dal legislatore comunitario era molto simile a quello noto come cogestione del terzo. Analogamente a quanto previsto nella legge tedesca la Proposta originaria di Quinta dir. soc. prevedeva l’obbligo di garantire la rappresentanza dei lavoratori, nelle società che impiegassero un numero di dipendenti superiore a 500 unità, riservando, a favore di questi ultimi, fino ad un terzo dei membri del consiglio di sorveglianza.
Il modello opzionale nella Proposta modificata di Quinta dir. soc.
La Proposta di Quinta dir. non ha trovato il favore dei Paesi membri, proprio sotto il versante dell’obbligatoria introduzione del sistema amministrativo dualistico e della cogestione dei lavoratori. Per queste ragioni la Proposta è stata notevolmente modificata nel 1983. Le modifiche hanno riguardato essenzialmente le questioni connesse con l’introduzione del consiglio di sorveglianza: da un lato, la sua assoluta obbligatorietà, dall’altro la composizione.
Ad un sistema necessariamente imperniato sul dualismo consiglio di sorveglianza – consiglio di direzione, è stato sostituito un sistema più flessibile. L’art. 2 dispone che gli Stati membri debbano prevedere che la società per azioni sia organizzata secondo il sistema dualistico; tuttavia, essi possono consentire alla società di scegliere tra questo sistema dualistico ed un sistema monistico, detto unitario. Il sistema unitario di cui alla Proposta modificata poggia sulla distinzione tra membri dirigenti e membri non-dirigenti, i primi nominati dai secondi, se necessario a maggioranza. Si tratta di una soluzione che sostanzialmente impone, nei sistemi monisti, l’articolazione del consiglio di amministrazione in amministratori comuni e delegati, ed un riparto di funzioni rilevante anche verso l’esterno (si parla di delega obbligatoria).
Sul versante della partecipazione dei lavoratori, la Proposta del 1983 risulta sensibilmente modificata rispetto all’originaria. È stabilita una diversa soglia di rilevanza per l’applicazione della direttiva: il numero di dipendenti è stato elevato a 1000 unità. Sia nel sistema dualistico, sia in quello unitario, viene inoltre data una doppia facoltà ai Paesi membri, con varie sub-opzioni:
- da una parte, essi possono scegliere:
- se consentire la partecipazione dei lavoratori alla nomina dei membri dell’organo di vigilanza o dei membri non-dirigenti, ovvero
- se consentire la partecipazione dei lavoratori alla costituzione di un organo proprio di rappresentanza, ovvero
- se consentire la partecipazione dei lavoratori mediante sistemi previsti dai contratti collettivi;
- dall’altra parte, ove scelgano di adottare la prima soluzione, possono stabilire di assegnare una rappresentanza ai lavoratori, da un minimo di un terzo, ad un massimo della metà dei membri dell’organo di vigilanza o dei membri non-dirigenti.
Nemmeno la Proposta modificata di Quinta dir. ha trovato il consenso necessario per essere approvata. Nel 1990 e nel 1991 essa ha subito alcune marginali modificazioni che non sono state comunque determinanti. Nelle bozze preparatorie di questi nuovi testi, elaborate a partire dagli anni 1986-7 era stata soppressa la distinzione tra membri dirigenti e membri non-dirigenti, nel sistema monistico.
Ad oggi, la Proposta di Quinta dir. soc., ancorché più volte modificata, non sembra ragionevolmente suscettibile di approvazione in tempi brevi. I nodi sono dai più individuati nella questione della partecipazione dei lavoratori, ossia nella cogestione, non (ancora) condivisa da alcuni Paesi; nell’inadeguatezza del modello dualistico ad adattarsi agli ordinamenti in cui il tipo della S.p.A. ospita anche imprese di medio-piccole dimensioni.
La responsabilità degli organi di amministrazione
La Commissione aveva ritenuto di suggerire una distinzione tra gli organi di amministrazione, di direzione e di sorveglianza, al fine di rendere possibile una chiara delimitazione di responsabilità dei rispettivi membri. Il nono considerando della Proposta di Quinta dir. dichiarava la necessità di sottoporre i membri degli organi di direzione o di vigilanza a speciali regole sulla responsabilità civile che prevedano il principio della solidarietà nonché l’inversione dell’onere della prova per la contestazione delle colpe e che garantiscano che l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità non sia indebitamente ostacolato.
La responsabilità degli organi amministrativi è un punto centrale del dibattito in tema di società di capitali. In quasi tutti i Paesi dell’UE si è discusso di come rendere effettiva la protezione degli azionisti-risparmiatori, senza che si inducano necessariamente a ricorrere al mercato, cioè all’exit: alcuni Paesi hanno ritenuto di affidare la protezione di queste categorie ad organismi pubblici, altri hanno introdotto misure semplificate per l’accertamento delle responsabilità, altri ancora hanno adottato gli uni e le altre.
L’ordinamento tedesco può essere additato come esempio di legislazione di favore all’esercizio dei poteri derivanti dalla partecipazione, onde disincentivare l’exit, e su di esso è modellato l’intervento comunitario. La legge azionaria tedesca prevede due modalità alternative per l’esercizio dell’azione di responsabilità: una delibera maggioritaria dell’assemblea ovvero una richiesta qualificata da parte della minoranza (il 10%).
Spesso accade che la maggioranza non delibera l’azione di responsabilità contro gli amministratori che ha concorso a designare e la minoranza, determinata all’esercizio dell’azione, non raccoglie consensi sufficienti per raggiungere la soglia imposta dalla legge. A ciò ha parzialmente posto rimedio il KonTraG, semplificando le condizioni d’esercizio di una speciale azione giudiziale, che può condurre all’esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori. Il Tribunale, su istanza di azionisti le cui partecipazioni rappresentino la ventesima parte del capitale di una società, ovvero il cui valore sia pari a 1 milione di €, qualora vi sia fondato sospetto che la società abbia subìto un danno a causa di gestione infedele o di gravi violazioni della legge o dell’atto costitutivo, nomina un commissario giudiziario che valuta se esercitare l’azione di responsabilità, ove constati la fondatezza della denunzia e le possibilità di successo.
Anche in Italia il TUF ha semplificato od introdotto ex novo analoghe disposizioni, limitatamente alle società quotate: da una parte è stata semplificata la procedura di denunzia al Tribunale, riducendo il relativo quorum ed attribuendone l’iniziativa anche al collegio sindacale; dall’altra parte, è stata consentita la c.d. azione sociale di responsabilità promossa dalla minoranza. Molte delle soluzioni sperimentate per le società quotate sono state poi generalizzate con la riforma del diritto societario: tra le molte, va ricordato che è stata prevista un’azione di responsabilità promossa dalla minoranza e anche promossa dal collegio sindacale; è stata completamente riformata la disciplina della denuncia al Tribunale per gravi irregolarità, confermando l’orientamento di attribuire al collegio sindacale o all’organo di controllo interno un’autonoma iniziativa; è stata articolata la responsabilità dei membri degli organi di amministrazione, in relazione alle specifiche competenze e alle funzioni.
In Germania e Italia è stata imposta la predisposizione di un sistema di controllo interno sulla gestione sul quale gli organi di controllo o sorveglianza sono chiamati a dare valutazioni di adeguatezza circa l’idoneità a segnalare, prima che il danno si sia verificato, la rischiosità degli atti di gestione. Si tende a prevenire il verificarsi del fatto dannoso e con ciò si limita il ricorso alle procedure previste per far valere la responsabilità degli organi di amministrazione o direzione.
La Proposta di Quinta dir., ove approvata, non interferirebbe in senso contrario sugli interventi segnalati. Essa si limita a prevedere che la responsabilità dei membri sia tra di essi solidale, fatta eccezione per coloro che riescano a dimostrare l’assenza di colpa (art. 14, par. 2). Ove le funzioni siano delegate o ripartite tra i membri, vige il principio della solidarietà: principio questo innovato di recente in Italia, nel senso che gli amministratori non esecutivi rispondono per aver omesso il dovere di vigilanza, qualora il danno avrebbe potuto essere evitato od attenuato da una condotta conforme a quanto imposto dalla legge.
Anche secondo il legislatore comunitario, l’approvazione degli atti di gestione ad opera dell’organo di sorveglianza o dell’assemblea, non fa venire meno la responsabilità civile dei membri dell’organo di amministrazione o di direzione. Per quanto riguarda l’esercizio dell’azione di responsabilità, la Proposta di Quinta dir. soc. (art. 15) dispone che la legittimazione spetta, oltre che all’assemblea, anche alla minoranza (singoli o gruppi di soci). La minoranza richiesta per l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità va fissata nello statuto sociale, secondo tetti, minimi e massimi, indicati dalla legge: il legislatore comunitario prevede una percentuale non superiore al 5% del capitale ovvero il possesso di azioni per valore non superiore a 1 milione di euro.
Sul fronte della prova della colpevolezza del fatto dannoso, debbono essere gli amministratori a provare la propria assenza di colpa e non gli istanti (cioè il rappresentante nominato dall’assemblea o dai soci di minoranza per l’esercizio dell’azione).
Funzioni e regole di funzionamento dell’assemblea dei soci
L’istituzione della cogestione e del sistema opzionale si accompagnavano ad una serie di altre disposizioni riguardo alle funzioni e alle regole di funzionamento dell’assemblea dei soci. Gli artt. 24-47 disciplinano le modalità di convocazione e di funzionamento dell’assemblea; gli artt. 48-63 disciplinano l’approvazione ed il controllo dei conti annuali. Sono degni di menzione alcuni interventi. Innanzitutto, quelli tesi a semplificare le modalità di convocazione dell’assemblea di società le cui azioni siano tutte nominative [in questo caso la convocazione può avvenire tramite lettera raccomandata ai soci risultanti dall’apposito registro, anziché mediante pubblicazione nel bollettino ufficiale degli annunci societari] e quelli tesi ad incentivare la partecipazione alle assemblee mediante sollecitazione delle deleghe. Sul punto, la Proposta modificata rimette la fissazione delle modalità di sollecitazione delle deleghe soltanto a quei Paesi i quali permettono che qualcuno possa offrirsi pubblicamente per sollecitare le procure degli azionisti, lasciando semplice facoltà agli altri Paesi di conformarsi.
Di particolare interesse sono le disposizioni tese ad incentivare il diritto di informazione degli azionisti, sia in occasione della delibera di approvazione del bilancio, sia anche in altre occasioni di deliberazioni assembleari. L’art. 31 dispone che ogni azionista che ne faccia richiesta ha il diritto di ottenere informazioni veritiere sull’andamento della società, se sono necessarie per un’obiettiva valutazione degli argomenti che sono all’ordine del giorno.
L’organo direttivo o di amministrazione può negare tali informazioni soltanto se ciò possa arrecare un non trascurabile pregiudizio alla società, o se la rivelazione costituisca violazione di un segreto imposto e tutelato dalla legge. L’art. 34 disciplina il conflitto di interessi dei soci, indicando le ipotesi nelle quali il socio non può votare. Ciò accade quando l’assemblea ha ad oggetto: il discarico dell’azionista; i diritti che la società può fare valere contro l’azionista; la liberazione di questi da obblighi verso la società; l’autorizzazione di contratti conclusi tra la società e l’azionista.
La Proposta di Quinta dir. soc. al riguardo non specifica se la società abbia poteri effettivi per impedire al socio in conflitto di partecipare ciononostante alla deliberazione, né se i casi di conflitto debbano ritenersi tassativi od esemplificativi. La sanzione è quella dell’annullabilità o della nullità (secondo le discipline nazionali) qualora il voto in conflitto sia stato determinante (art. 42). L’art. 35 sanziona esplicitamente con la nullità le convenzioni tra soci (c.d. patti parasociali) riguardanti l’impegno di un azionista a votare seguendo sempre le proposte fatte dalla società o da uno dei suoi organi; ovvero approvando sempre le proposte fatte da questi; ovvero ancora esercitando il diritto di voto in un senso determinato o, al contrario, astenendosi, in contropartita di vantaggi sociali.
La norma tenderebbe, per converso, a confermare la piena validità delle convenzioni di voto non aventi le caratteristiche di quelle vietate. Gli artt. 48-63 disciplinano l’approvazione e la revisione dei conti annuali. È previsto che l’approvazione debba spettare all’assemblea nei sistemi monistici e all’organo di sorveglianza nei sistemi dualistici (art. 48). La decisione sulla destinazione dell’utile, accantonate le riserve obbligatorie, spetta sempre all’assemblea (art. 50). Per quanto attiene alla revisione, restano disciplinate le incompatibilità tra l’ufficio di revisione e le cariche sociali (artt. 53-54) e le modalità di nomina. La nomina spetta per principio all’assemblea (art. 55); spesso però è più importante considerare a chi spetti il potere di individuare i revisori.