Analisi degli aspetti critici conseguenti alla opzione per il consolidato nazionale: singolari scelte di convenienza
Tra le novità introdotte con la riforma istitutiva dell’Ires l’istituto del consolidato fiscale riveste notevole importanza: potrebbe, in effetti, influire in modo decisivo nella tassazione di gruppo.
La possibilità di preferire, con l’opzione per il consolidato, la determinazione di un unico reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi delle società appartenenti al gruppo sembra aver determinato un’immediata approvazione da parte degli stessi operatori.
Il regime opzionale in esame, come già rilevato nella precedente analisi, comportando la facoltà per i gruppi societari di liquidare le imposte in modo unitario sembra produrre notevoli benefici fiscali in vista di quello che è il fine primo dell’istituto: ottimizzare il carico fiscale delle imprese appartenenti ad uno stesso gruppo.
La centralità del nuovo istituto e la particolarità stessa della materia impongono di valutare, con attenzione e rigore, la reale convenienza dell’adesione a siffatto regime opzionale.
In questo senso, oggetto di valutazione devono essere, in particolare, gli aspetti di rilievo connessi alla tassazione consolidata, che già nell’immediato potrebbero rappresentare concreti spunti di riflessione.
Si deve, a tal proposito, ritenere che l’opzione per la tassazione di gruppo implica rilevanti ed immediate conseguenze di non poco rilievo per effetto degli artt. 118, 120 e 128 del nuovo T.U.I.R..
Le disposizioni normative in esame riguardano nell’ordine i seguenti punti:
- il limite all’utilizzo delle perdite fiscali pregresse;
- l’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo;
- il riallineamento per il consolidamento di una società partecipata precedentemente svalutata.
L’art. 120 del nuovo T.U.I.R., definendo il requisito di controllo, prevede espressamente che si considerano controllate le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata al cui capitale sociale ed al cui utile di bilancio la società o l’ente controllante partecipa, direttamente o indirettamente, per una percentuale superiore al 50%, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo.
In questi termini, il legislatore ha imposto siffatti requisiti come essenziali ai fini dell’accesso al consolidato.
In modo specifico, le disposizioni normative analizzate per la determinazione dell’area di consolidamento sembrano essere chiare e precise: la scelta del legislatore sembra, in primis, orientata al massimo ampliamento del perimetro di consolidamento.
In realtà, l’effetto demoltiplicatore concorre a restringere notevolmente il perimetro di consolidamento.
Nell’analisi di quelli che sono gli aspetti critici connessi alla opzione per la tassazione di gruppo, singolare importanza riveste il c.d. meccanismo di riallineamento.
A tal riguardo, degne di maggiore attenzione sono le norme transitorie: uno dei punti più controversi e problematici della disciplina del consolidato nazionale.
L’art. 128 del T.U.I.R. obbliga le stesse società che beneficiano della tassazione consolidata di gruppo ad un articolato e, alle volte, difficile controllo retrospettivo.
L’articolo in esame statuisce in modo espresso: “fino a concorrenza delle svalutazioni determinatisi per effetto di rettifiche di valore ed accantonamenti fiscalmente non riconosciuti…i valori fiscali degli elementi dell’attivo e del passivo della società partecipata se, rispettivamente, superiori o inferiori a quelli contabili sono ridotti o aumentati dell’importo delle predette svalutazioni…”.
Più specificamente, il meccanismo correttivo è volto ad evitare che gli stessi costi, già dedotti indirettamente per via della svalutazione, vengano, in ragione della tassazione di gruppo, nuovamente dedotti dallo stesso soggetto, concorrendo più volte alla determinazione del reddito imponibile.
L’eventuale analisi retrospettiva imposta dalla norma transitoria sembra, di fatto, ridurre notevolmente la convenienza del regime opzionale in esame.
In definitiva, l’eventuale demoltiplicazione che consegue al possesso di partecipazioni indirette insieme al succitato obbligo di riallineamento rappresentano le due principali cause ostative all’opzione per il consolidato nazionale.
Il regime opzionale di cui si tratta potrebbe presentare, comunque, ulteriori punti di riflessione per quanto concerne le due e differenti ipotesi di interruzione della tassazione di gruppo prima del triennio e di mancato rinnovo dell’opzione.