La cassa integrazione e guadagni
L’intervento ordinario della Cassa integrazione guadagni (CIGO).
L’intervento ordinario della CIG (Legge 20 maggio 1975, numero 164) ha la funzione di sostegno del reddito dei lavoratori a fronte di situazioni di mera contrazione dell’attività produttiva, di natura congiunturale, nell’ambito del settore industriale: si tratta delle sospensioni dal lavoro e delle riduzioni dell’orario di lavoro dovute ad eventi transitori non imputabili né al datore di lavoro né ai lavoratori, ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato (cosiddette cause integrabili).
L’ammontare del trattamento corrisposto ai lavoratori è pari all’80% della retribuzione che sarebbe loro spettata per le ore non lavorate.
La legge impone una procedura di informazione e consultazione sindacale. Successiva a questa, vi è la fase del procedimento amministrativo di concessione dell’integrazione salariale, che si sviluppa presso la sede provinciale dell’INPS.
La durata massima dell’integrazione ordinaria è di tre mesi continuativi. In casi eccezionali fino ad un anno in un biennio. L’intervento ordinario della CIG è stato esteso ai settori dell’edilizia e dell’agricoltura.
L’intervento straordinario della Cassa integrazione guadagni (CIGS). Le fattispecie causali; le procedure per la concessione del trattamento; la durata dell’integrazione ed i meccanismi di rotazione tra i lavoratori.
Anche l’intervento straordinario della CIG è stato istituito ad assicurare la continuità del reddito e dell’occupazione dei lavoratori temporaneamente allontanati dal processo produttivo; e attraverso la limitazione dei licenziamenti, a consentire all’impresa di conservare il patrimonio di professionalità in essa maturato. L’intervento straordinario è destinato a fronteggiare situazioni di tipo strutturale, e cioè di durevole eccedenza di personale.
La disciplina di questa forma di intervento è contenuta le Leggi numero 164 del 1975 e numero 223 del 1991.
Le cause integrabili in presenza delle quali può essere autorizzata la concessione dell’integrazione straordinaria sono la ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale e della crisi aziendale che presenti particolare rilevanza sociale. L’intervento straordinario è previsto, poi, nei casi d’impresa assoggettata ad una procedura concorsuale e di conclusione di un contratto di solidarietà interna; può essere concesso solo alle imprese che abbiano occupato più di 15 dipendenti. Entro questo ambito, l’integrazione spetta ad operai ed impiegati sospesi dal lavoro che abbiano un’anzianità di almeno 90 giorni. La misura dell’integrazione è pari all’80% della retribuzione che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate.
Passando a considerare le procedure per la concessione del trattamento di integrazione straordinaria, va detto che l’impresa è tenuta ad esperire la procedura di consultazione sindacale.
L’impresa deve quindi presentare all’amministrazione del lavoro la richiesta di ammissione all’intervento corredata dal programma di risanamento. In caso di presentazione tardiva della domanda, si applicheranno le conseguenze previste per l’intervento ordinario della CIG.
Il programma deve essere approvato dal Ministro del lavoro, il quale provvederà l’intervento straordinario di integrazione salariale.
Nell’ipotesi di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale, la durata del programma, nonché quella del trattamento d’integrazione salariale, non può essere superiore a due anni.
Il Ministro del lavoro può autorizzare fino a due proroghe dell’intervento della CIGS, ciascuna del periodo di 12 mesi, “in ragione delle caratteristiche tecniche dei processi produttivi dell’azienda”.
Nel caso di crisi aziendale la durata è di 12 mesi: non sono consentite proroghe ed una nuova concessione può essere stabilita solo dopo un periodo pari a 2/3 di quello relativo alla prima concessione.
La Legge numero 223 del 1991 ha fissato dei rigidi limiti temporali secondo i quali non è consentita la concessione del trattamento straordinario per più di 36 mesi in un quinquennio, indipendentemente dalle cause di concessione. Questo limite può essere superato, oltre che nel caso di proroga, nel caso in cui sia stata concessa la CIG in ragione di una procedura concorsuale o sulla base di un contratto di solidarietà interna. A parte questi limiti si è previsto che successivamente al primo trimestre l’erogazione del trattamento avvenga per periodi semestrali e si è precluso all’impresa di richiedere l’intervento straordinario per quelle unità produttive per le quali abbia già richiesto l’intervento ordinario.
La Legge numero 223 si è scontrato con l’esigenza di governare una complessa fase economica. Di qui la frequente emanazione di normative transitorie e derogatorie.
Altro aspetto di rilievo è l’individuazione dei lavoratori da collocare in CIGS. La legge prevede che qualora l’impresa ritenga di non adottare meccanismi di rotazione, debba indicarne i motivi.
Spetta al Ministro del lavoro giudicare la fondatezza dei motivi e nell’ipotesi che tali motivi non giustifichino la mancata rotazione, egli tenta un accordo tra le parti: decorsi tre mesi senza che si raggiunga un accordo, stabilisce l’adozione di meccanismi di rotazione. L’impresa potrà ancora rifiutarsi ma dovrà sottostare ad una sanzione premiale.
Infine la legge sancisce un generale divieto di discriminazione diretta o indiretta per sesso.
L’intervento della CIG nelle ipotesi di procedure concorsuali.
Nel caso in cui vi sia stata dichiarazione di fallimento, qualora non sia stata disposta o sia cessata la continuazione dell’attività produttiva, il curatore, il liquidatore o il commissario possono richiedere l’intervento straordinario della CIG. La medesima disciplina si applica anche nel caso di ammissione a concordato preventivo con cessione dei beni, ma, qualora vi sia dichiarazione di fallimento, il periodo d’integrazione salariale sarà detratto da quello concesso in virtù del fallimento.
La concessione del trattamento da parte del Ministro del lavoro può avvenire per un periodo non superiore a 12 mesi, prorogabile per un ulteriore periodo di sei mesi, qualora “sussistano fondate prospettive di continuazione dell’attività”.
I contratti di solidarietà interna: nozione e disciplina legislativa.
Il legislatore nel 1984 ha introdotto nel nostro ordinamento il contratto collettivo di solidarietà cosiddetta interna, e ne ha promosso la diffusione attraverso la concessione di un sostegno economico finalizzato a contenere il sacrificio dei lavoratori derivante dalla riduzione dell’orario di lavoro. L’area dell’intervento riguarda i lavoratori dipendenti dalle imprese industriali, da quelle appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione, dalle imprese editoriali.
La legge prevede che, qualora l’imprenditore abbia stipulato un contratto collettivo aziendale che stabilisca una riduzione dell’orario di lavoro con corrispondente diminuzione della retribuzione.
Tale contratto costituisce il presupposto per la concessione di un trattamento di integrazione salariale posto a carico della contabilità dei trattamenti straordinari della CIG.
L’integrazione pari al 60% della retribuzione perduta può essere corrisposta per un periodo non superiore a 24 mesi, prorogabili fino a 24 mesi. Per i meridionali la proroga è di 36 mesi; ai datori di lavoro un biennio.
La retribuzione perduta va determinata non tenendo conto di aumenti nei 6 mesi antecedenti la stipulazione del contratto. Al contrario rimane inalterato in caso di aumenti. Il contratto di solidarietà prevede la possibilità di modificare in aumento l’orario ridotto ed in questo caso è stabilita una riduzione del trattamento di integrazione salariale.
L’estensione progressiva dell’ambito di applicazione dell’intervento straordinario della CIG.
Il trattamento straordinario è stato esteso ai lavoratori dipendenti da:
- Imprese industriali destinate alla commercializzazione dei prodotti delle stesse imprese;
- Imprese appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione;
- Imprese appaltatrici dei servizi di pulizia;
- Imprese commerciali con più di 200 addetti;
- Imprese artigiane.
L’integrazione salariale straordinaria è stata estesa anche ai soci di cooperative di produzione e lavoro nonché ai lavoratori dipendenti da imprese operanti nel settore dell’informazione e dell’editoria, laddove nel settore dell’agricoltura è stato l’intervento ordinario della CIG ad essere esteso, in favore degli impiegati, operai e quadri occupati con contratto a tempo indeterminato.
La riforma della Legge numero 223 del 1991 è volta ad utilizzare, in via temporanea ed eccezionale, l’intervento straordinario in ambiti esclusi dal suo ordinario campo di applicazione al fine di garantire la stabilità del reddito dei lavoratori.
CIG e sospensione del rapporto di lavoro: disciplina speciale e principi generali di diritto civile.
La distinzione tra le ipotesi di intervento ordinario e straordinario della Cassa non coincide con quella tra sospensioni dell’attività lavorativa dovute ad impossibilità sopravvenuta e sospensioni dipendenti da fatti organizzativi legati ad una scelta imprenditoriale.
Mentre le sospensioni collegate all’intervento straordinario non sono riconducibili ad una causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione, nell’ambito delle sospensioni per le quali è previsto l’intervento ordinario, sono invece ricomprese, accanto alle ipotesi di impossibilità, anche quelle dovute alla mera difficultas a ricevere la prestazione lavorativa.
Pertanto, all’opinione che collega alla semplice sussistenza dei fatti costituenti le cause integrabili il potere unilaterale di sospensione del rapporto da parte dell’imprenditore, pare preferibile quella che pone a fondamento della sospensione del rapporto di lavoro un accordo, sia pure implicito, tra imprenditore e lavoratori in grado, anche alla stregua dei principi generali, di produrre un simile effetto.
Si deve sottolineare come la dottrina e la giurisprudenza si siano orientate nel senso di collegare la liberazione dell’imprenditore dall’obbligo retributivo all’atto amministrativo di ammissione al trattamento di integrazione salariale. E’ da tale atto che deriverebbe la deroga ai principi generali con l’ulteriore conseguenza che l’imprenditore resterebbe obbligato al pagamento delle retribuzioni.