Intervento Dottor Profumo sulla rilevazione dei prezzi
Noi siamo, come ufficio di statistica qui a Genova, una vera e propria direzione che comprende 22-23 persone. Le persone che si occupano di statistica economica sono 8, tra cui io. Io nel passato mi sono occupato anche di statistiche demografiche e sociali, ho la conoscenza dei vari settori del nostro ufficio che si occupa di censimenti, statistiche demografiche, rilevazioni presso le famiglie e rilevazioni dei prezzi. Questo per dare un quadro di tutto quello che si fa in un ufficio di statistica comunale. La cosa importante da dire è, che parlando di rilevazione dei prezzi, si sentono in giro tante opinioni. C’è chi dice che la rilevazione dei prezzi e la diffusione dell’indice dei prezzi al consumo che avviene ogni mese, non sia del tutto attendibile. C’è chi dice che la rilevazione dei prezzi è incompleta, come vedremo interessa tutto il territorio italiano, ma in certe zone ancora non è possibile effettuarla. Si sentono dire tante cose, c’è chi dice che l’approccio metodologico può essere corretto e non produce un indice dei prezzi attendibile. Il mio compito è quello di parlare dell’organizzazione dell’’ufficio, della organizzazione della rilevazione, della metodologia in sé stessa per costruire un indice. Sarà un po’ anche vostra cura trarre le conclusioni se, tutta questa metodologia, che sicuramente è migliorabile, sia o meno corretta. A mio avviso si: come vedrete l’approccio metodologico è molto curato, va molto nel dettaglio, tutto quello che si sente in giro dai giornalisti che vanno a fare le rilevazioni presso i negozi dicendo Milano è meno cara di Genova, nello stesso negozio abbiamo trovato dei prodotti che costano meno, queste cose lasciano quello che trovano, al di dietro non c’è alcuna metodologia di indagine accurata come quella che andremo a vedere oggi. Il problema della costruzione di un indice dei prezzi, risale a molto tempo fa, alla prima guerra mondiale, o comunque nell’immediato dopoguerra, quando tutti gli stravolgimenti economici che erano stati causati dalla prima guerra mondiale, avevano determinato talmente evidenti squilibri tra i prezzi e i salari, che c’era bisogno di uno strumento che permettesse di misurare e di adeguare quelli che erano gli stipendi e i salari di allora agli aumenti registrati nei prezzi al dettaglio. Da un centinaio di anni si avverte l’esigenza di avere un indicatore dei prezzi al consumo. I comuni, a quell’epoca, che avevano un ufficio di statistica adeguato a compiere queste rilevazioni, provarono in parte ad effettuare queste rilevazioni. Era una rilevazione che non era coordinata: ogni comune usciva con un dato che derivava da una metodologia e da una rilevazione diversa. Non c’era un ente centrale che imponesse a tutti regole uguali e soprattutto facesse suo questi indici costruiti dai vari comuni per poi sintetizzarli in un indice globale a livello nazionale. Con la creazione dell’Istat nel 1926, questo inconveniente è stato superato. L’Istat fece un po’ da fulcro di tutti questi lavori costruiti dai singoli comuni e, soprattutto, costruì una metodologia unica (un insieme di regole uniche) in maniera che tutti i comuni si basassero su queste identiche regole per arrivare al dato finale della costruzione di un indice dei prezzi. Col tempo la metodologia si è affinata, fino ad arrivare ai giorni nostri. È recente una forte correzione delle metodologie di rilevazione dei prezzi di qualche anno fa, in cui molti prodotti che venivano rilevati trimestralmente, sono oggi rilevati mensilmente. La metodologia è in continua evoluzione. Da un po’ di anni a questa parte, a sua volta l’Istat stesso e tutti gli uffici centrali di statistica di tutte le nazioni europee sono coordinate da Eurostat. C’è un organo a livello europeo sovranazionale che coordina tutti gli uffici centrali di statistica. A loro volta gli uffici centrali di statistica coordinano tutti gli uffici comunali di statistica, UCS. C’è un organo nazionale, Istat, che coordina tutti gli uffici di statistica comunali. C’è un organo europeo, Eurostat, che a sua volta coordina tutti gli uffici centrali di statistica a livello nazionale. Questo perché col trattato di Maastricht del 1992, anche Eurostat ha pensato di costruire un indice dei prezzi a livello europeo, che prima non c’era. Per costruire un indice dei prezzi a livello europeo, tutti gli stati membri dovevano uniformarsi ad un insieme di regole che fosse uguale per tutti. Questo insieme di regole viene dettato da dei regolamenti europei, e viene poi riproposto, trasmesso da Istat ai vari UCS, con delle leggi, con delle regole a livello nazionale. Le prime cose che andremo a vedere, abbastanza velocemente, sono la base normativa dell’indagine sui prezzi, l’insieme di regole che disciplinano proprio la rilevazione dei prezzi al consumo. La rilevazione dei prezzi riguarda leggi e regolamenti che costituistcono la base normativa. Definiscono soggetti e funzioni. I soggetti sono l’Istituto nazionale di statistica, o meglio tutti gli istituti nazionali di statistica dei vari stati membri UE e dei comuni. L’indice dei prezzi nasce da un lavoro di equipe, di squadra, che ogni comune fa con l’Istat. Io come responsabile e i miei collaboratori dell’ufficio di statistica di Genova sentiamo quotidianamente Istat, se non siamo noi che chiamiamo sono loro che chiamano o che ci scrivono, proprio perché la costruzione di un indice che è assai complesso, comporta un continuo confronto tra gli uffici comunali e l’Istat, per cambiamenti, per correzioni e precisazioni. Quotidianamente noi siamo in rapporto con l’ufficio delle statistiche economiche centrale dell’Istat. Vediamo la base normativa. Questo vi stupirà, un po’ meno rispetto a quello che vi ho detto prima. Guardate quanto è vecchia la legge che conferisce all’Istat la promozione della costruzione dell’indice dei prezzi, stiamo parlando di una legge del 1927. Non ci sorprende più, l’Istat è del 1926. Da un anno dopo la sua nascita, la legislazione si dà da fare per far sorgere quell’uniformità di regole che permettono una costruzione di indici omogenei, come metodologia, per tutti i comuni. Questo regio decreto del 1927 dice che gli indici vanno calcolati obbligatoriamente in tutti i comuni con più di 100 mila abitanti, in altri scelti preferibilmente tra i capoluogo di provincia, o comuni con più di 50.000 abitanti con uffici di statistica idonei, questo è molto importante. Ancora oggi, non tutti i capoluoghi di provincia, non tutti i comuni che hanno diverse migliaia di abitanti hanno uffici di statistica idonei. Non metterei la mano sul fuoco su alcuni uffici di statistica di alcuni capoluoghi di provincia, il problema è che non ce lo mette nemmeno l’Istat. Molti capoluoghi sono esclusi dalla costruzione dell’indice, proprio perché non hanno conoscenze e personale adeguato per formare un indice attendibile. Vedremo la copertura territoriale dell’indice e i capoluoghi di provincia che ne sono esclusi.
Più recentemente la legge 1975 modifica il regio decreto: è obbligatorio costruire indice per i comuni che sono capoluogo di provincia e per quelli con più di 30.000 abitanti con un ufficio di statistica idoneo. Passiamo da 50.000 a 30.000 abitanti. Se non avevano un ufficio di statistica idoneo, si presume che per i comuni con più di 50.000, ancora più difficilmente ce l’abbiano quelli con più di 30.000. Complessivamente nel tempo le cose sono andate migliorando, tant’è vero che oggi solo 84-05 sono in grado di costruire un indice dei prezzi. Il regio decreto, sempre la legge fondamentale per la costruzione dell’indice dei prezzi, dice tutta una serie di altre cose. È necessario conoscere le basi legislative per la nascita dell’indice. Dice che l’Istat dirama le istruzioni affinché la raccolta avvenga con criteri di uniformità e metodo, promuove i provvedimenti per l’organizzazione dei servizi di statistica locale e vigila sull’esecuzione dei lavori concernenti il calcolo degli indici. La vigilanza, i controlli e le verifiche dell’Istat sono veramente assidui. Tutti i giorni siamo in contatto con uffici Istat. Nonostante Genova è un buon comune dal punto di vista di costruzione dell’indice, i controlli dell’Istat sono ripetuti nel tempo e sono capillari e assidui, vedremo cosa Istat controlla, anche giustamente. Se su 100 controlli 95 non hanno senso, perché le cose sono corrette, c’è sempre una percentuale inferiore in cui il comune può sbagliare e l’Istat può correggere. La legge dice inoltre che c’è l’obbligo di costituire apposite commissioni, Commissione di controllo della rilevazione dei prezzi al consumo, vedremo a cosa servono queste commissioni. Servono semplicemente a validare l’indice costruito dall’ufficio di statistica del comune. La commissione, vedremo come è composta, che valida questo indice, non può cambiare i criteri metodologici fissati da Istat, ma può fare ulteriori verifiche e ulteriori controlli. Cosa succede in sostanza? Il comune di Genova lavora e costruisce un dato, un indice, indice provvisorio dei prezzi. Istat non lo valida, lo controlla e lo verifica. Dice: va bene, è corretto ma non sono l’organo deputato a validarlo, che è invece la commissione comunale di controllo. Solo dopo che la commissione di controllo lo ha validato, l’indice può essere diffuso, ovviamente il dato è provvisorio. Ci si riserva ancora di compiere ulteriori controlli fino a che il dato non diventerà definitivo. Il dato diventerà definitivo dopo una quindicina di giorni. Il comune di Genova lavora, produce un indice provvisorio dei prezzi del comune di Genova, diffuso in genere l’ultimo giorno del mese. Venerdì’ 30 il comune di Genova ha diffuso l’indice provvisorio della città, dopo che il dato è stato validato dalla commissione regionale di controllo. Dopo il dato non è ancora definitivo. Passano 15 giorni di controlli, non più operati dalla commissione comunale di controllo, che ha validato l’indice, anche con una funzione puramente formale, ma lo ha fatto. I controlli vengono effettuati dall’UCS, in concomitanza con l’Istat. Solo dopo che sono passate circa due settimane, approssimativamente la metà del mese successivo, l’indice diventa definitivo. Attenzione, l’indice può cambiare. Diventa definitivo ma può essere diverso da quello provvisorio. Questi ulteriori controlli, che sono stati effettuati, possono aver portato a delle variazioni talmente consistenti che hanno fatto cambiare l’indice. Una città che può aver fatto registrare in sede di indice provvisorio una variazione congiunturale, cioè una variazione mensile rispetto al mese precedente, pari a mezzo punto, 0,5 in più rispetto al mese precedente, in sede di indice provvisorio questo può cambiare e può cambiare e diventare 0,4 o 0,6 in genere il cambiamento è di un decimale, non può essere un cambiamento troppo evidente. Può accadere che in sede di indice definitivo ci sia un piccolo cambiamento. Solo allora il dato diventa definitivo, solo allora quel dato ha effetti legali e amministrativi validi. Quando il dato è provvisorio, indica soltanto una tendenza ma non ha alcun effetto legale valido. Abbiamo cominciato dalla fine: abbiamo costruito l’indice e c’è la commissione che lo valida. Da chi è composta? Da un sindaco o un suo delegato (di solito assessore con funzione di presidenza), un membro dell’ispettorato del lavoro, dirigente ufficio di statistica della camera di commercio, dai membri delle associazioni rappresentative dei datori di lavoro (per Genova Confindustria, Confartigianato e Ascom), dagli esponenti delle associazioni rappresentative dei lavoratori (sempre un numero di tre, per Genova CGIL, CISL e UIL) dal responsabile dell’ufficio statistico o dal suo delegato e da una segreteria che ha funzioni di aiuto. Perché ho inserito questa slide qua? Questa slide riguardava la parte legislativa e per farvi notare che una volta non c’erano i canali di diffusione dei dati come ora. Oggi si fa un comunicato stampa, si mette online, si diffonde subito alle televisioni e alla stampa. Una volta lo scopo essenziale di tutta questa riunione era di far conoscere immediatamente agli esponenti più rappresentativi, alle varie categorie del mondo del lavoro, le tendenze dei prezzi, proprio perché non c’erano i canali di diffusione che ci sono ora. Adesso, questa riunione che ha un compito di validazione dell’indice, in realtà svolge una funzione meramente formale e burocratica di validazione. Comunque la vera validazione dal punto di vista tecnico la da l’Istat. Tant’è vero che ci sono comuni che non riescono nemmeno a costituire la commissione comunale di controllo, o che, nel giorno di uscita dell’indice, non raggiungono il numero legale. Gli esponenti complessivamente sono dieci, questi due esponenti hanno tre rappresentanti, a volte la comunale di controllo non raggiunge le sei unità per cause varie. Magari sono 4-5. In quel caso la responsabilità di validazione dell’indice provvisorio è assunta direttamente dal direttore dell’UCS e in seconda battuta dall’Istat. Da quando ci sono io, io sono 13 anni che lavoro in UCS e sei anni che mi occupo di rilevazione dei prezzi, per fortuna il numero legale è stato sempre raggiunto. Anche perché c’è un interesse da parte di queste categorie di associazioni, non solo di avere comunque il dato, quello lo possono vedere online dopo un quarto d’ora che è stato diffuso, ma soprattutto di capire come si stanno muovendo le tendenze dei prezzi, e quindi avere un minimo di commento a quello che è successo in quel settore. Ancora un cenno sul decreto legislativo 322/1989. Solo per dire che questa è una legge quadro in materia di statistica. È la legge che, oltre a ribadire che la rilevazione dei prezzi è di interesse nazionale, quindi viene promossa da questo stesso decreto legislativo, istituisce il Sistan, il Sistema Statistico Nazionale. È l’insieme di enti e organismi composti dagli uffici di statistica di regioni comuni camere di commercio USL, amministrazioni dello stato enti privati che fanno statistica a livello nazionale, che collaborano con l’Istat per la raccolta dei dati statistici. Questo decreto ribadisce che l’Istat è l’unico soggetto a cui è demandata la produzione degli indici dei prezzi. Infine una norma che va richiamata è il regolamento comunitario del 1995 cui hanno fatto seguito ulteriori specificazioni, che istituisce l’indice armonizzato europeo dei prezzi al consumo, quello che avete già sentito chiamare con l’abbreviazione IPCA (Indice Prezzi Consumo Armonizzato). Indice europeo nato dopo la costituzione dell’Europa, dopo il trattato di Maastricht. Questo regolamento impone all’Europa e ai paesi membri di calcolare non solo un indice nazionale ma anche un indice che possa essere utile per la costruzione di un indice europeo. È un indice diverso da quello nazionale: vedremo perché non tiene conto di tutte le rilevazioni. La cosa importante è che è un indice confrontabile a livello di tutti gli stati membri della comunità, perché la metodologia di costruzione è la stessa in tutta Europa. Già da questo capiamo che in realtà ogni UCS, fa una rilevazione mirata non alla costruzione di un solo indice, ma di più indici. Abbiamo parlato di indice nazionale (sono due), ed indice europeo, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato perché è confrontabile in tutti i paesi d’Europa.