I contratti atipici
Questo è un corso integrativo, approfondiamo alcuni profili che riguardano i contratti atipici e poi i contratti individuali come LEASING, FACTORING e FRANCHISING. Per introdurre il discorso sui contratti atipici dobbiamo sottolineare alcuni principi. Il primo principio è quello dell’autonomia contrattuale, definizione sintetica ce la dà il 1322 che ci dice due cose: le parti possono stabilire il contenuto dei contratti nei limiti previsti dalla legge; i privati possono formare nuove tipologie di contratto purché perseguano interessi meritevoli di tutela. Il 1322 al primo comma consente di scegliere il contenuto del contratto.
Anche usando i contratti tipici, le parti non sono obbligate a mantenere quel paradigma visto dal codice civile. Alcune parti sono derogabili. Non sono ancorato a un rigido formulario, ad esempio se non ci fosse questa previsione, la compravendita sarebbe solo un formulario. Si ha autonomia perché è consentito alle parti di modificare o ampliare il contenuto del contratto. Posso rinunciare a una garanzia prevista dalla compravendita: ad esempio, nell’acquisto di immobile in costruzione, il venditore si assume l’obbligo di modificare il bene secondo la volontà dell’acquirente. Se il contratto di compravendita non consentisse alcuna modificazione, non poteri farlo.
All’interno del contratto le parti possono pattuire clausole che sono più confacenti ai loro interessi nel rispetto della legge; ci sono regole primarie dell’ordinamento giuridico e importanti sono le norme di ordine pubblico intese nel rispetto dell’ordine pubblico dell’ordinamento. Verificato che non superino quel confine, si può applicare l’autonomia privata. Noi non abbiamo un elenco di contratti; è possibile modificare il contenuto della pattuizione. L’unico limite che incontriamo sono le norme inderogabili.
Più interessante e intrigante è il secondo comma del 1322; consente alle parti qualcosa di diverso. Finora abbiamo parlato di contratti tipici dove la parti hanno libertà di movimento: il secondo comma ci dice che le parti possono inventare contratti che non trovano descrizione nell’ambito dell’ordinamento ad un’unica condizione: che perseguano interessi meritevoli di tutela. Il concetto è parzialmente diverso dall’ordine pubblico. È diverso perché mentre abbiamo una definizione di ordine pubblico, non abbiamo un quadro preciso di cosa s’intenda per interessi meritevoli di tutela. Questi ultimi hanno una flessibilità? Chi stabilisce se il contratto è atipico? L’articolo 1322 al secondo comma. Nel primo caso la struttura contrattuale è tipizzata. Nel secondo caso occorre la valutazione di un interesse perseguito dai contraenti. Ti lascio stipulare il contratto atipico ma se non persegue interessi meritevoli è invalido. Ma chi ce lo dice se persegue interessi meritevoli? È il giudice che valuterà caso per caso. Si pone questa domanda: il contratto che sto esaminando persegue o no interessi meritevoli di tutela? In questa sede viene stabilito se persegue interessi meritevoli.
I contratti tipici perseguono sicuramente interessi meritevoli. Nel contratto atipico invece il legislatore è muto. C’è un contratto che mi consente di ormeggiare una barca nel porto turistico. Questo non c’è scritto nel codice. Ma per prassi, dietro pagamento di una somma di denaro, il portuale me lo consente. Questo è un contratto atipico. L’ordinamento cosa consente di fare? In questo caso siamo di fronte ad un contratto atipico e persegue interessi meritevoli di tutela. Anche il contratto di parcheggio dell’autovettura è considerato atipico. Esiste il contratto di locazione. Ti do il bene immobile per un certo tempo. Esiste il contratto di deposito: ti do la cosa e tu me la consegni dietro pagamento.
Ma nessuno di questi soddisfa l’obbligazione del parcheggiatore. Il leasing, il factoring e il franchising sono entrati in vigore grazie al 1322 comma due. Se non esistesse il secondo comma del 1322, ciò significa che le parti non potrebbero mai fare leasing factoring o franchising. La liceità di questi contratti è nel secondo comma del 1322. Questi contratti però non sono in contrasto con l’ordine pubblico e le norme imperative. Quali sono le caratteristiche del contratto atipico?
- Non deve contrastare con le norme di ordine pubblico
- Deve superare il vaglio degli interessi meritevoli di tutela.
Sarà fatto ex post, non ex ante. I traffici economici devono circolare velocemente all’interno del nostro ordinamento giuridico. La regola dei contratti atipici sarà fatta ex post, non ex ante. Cosa succede nella prassi, se il contratto atipico è importante: si legifera . Va sottolineato che è la legge che segue l’economia e non che l’economia segue la legge. Si evolve la realtà economica, ancora no quella giuridica. Il contratto è usato da una moltitudine di soggetti. Importante è il tipo contrattuale: si è diffusa l’organizzazione di quello schema. Quando mi rendo conto della diffusione sociale il legislatore interviene tipizzando. Non è sempre una scelta premiante il tipizzare tutto.
L’evoluzione della prassi è molto veloce ma è superata dalla realtà. Il legislatore spesso non interviene nel codificare i contratti atipici. Interviene quando si rende conto che c’è un mercato. Interviene se ci sono vantaggi col fisco perché il legislatore è interessato a raggranellare i soldi. Valuta come si regolano i rapporti tributari rispetto al contratto. Non necessariamente le regole fiscali della disciplina atipica sono coerenti con quella dei contratti tipici. Il legislatore, si dice, eccede dalla tipizzazione dell’atipico. Il primo interesse normativo nella materia dei contratti atipici è fiscale.
Importante è analizzare alcuni requisiti del contratto. Partiamo dalla causa. La causa è la funzione economica sociale di quel contratto. È una nozione difficile. Proprio per questo, senza negare la validità delle tesi dottrinali, per capire cosa è la causa, essa significa: a cosa serve il contratto? I discorsi fatti sui manuali sono molto più complessi ma, per semplificare al massimo, se ci viene chiesto cosa è la causa possiamo dire che corrisponde alla domanda a cosa serve il contratto.
Ma non a cosa serve fra le parti, ma la domanda corretta è “ a cosa serve, nell’ordinamento, il contratto?” La compravendita è lo scambio della proprietà dietro un corrispettivo. A cosa serve? A scambiare beni e servizi. Ecco la funzione economica sociale. Oggi la giurisprudenza ha approfondito il tema della causa e l’ha resa più aderente alla situazione concreta. Oggi la causa, che abbiamo detto significa a cosa serve il contratto nell’ordinamento, in realtà è lo scopo pratico perseguito da quel contratto. È un po’ diverso rispetto alla domanda precedente. L’analisi si è spostata dal piano teorico al piano attuale.
Scendo ad un livello concreto. Devo analizzare lo scopo pratico che, nella compravendita, è trasferire la proprietà del bene dietro corrispettivo. Le ragioni sul perché lo compro fanno parte della mia sfera interna. Il venditore perché mi vende il bene? Perché ha interesse a incassare, guadagnare denaro. C’è un’unica situazione in cui i motivi sono importanti, rilevanti per l’ordinamento. Non deve perseguire un motivo illecito e determinante ai fini della stipulazione del contratto: entrambe le parti devono essere consapevoli e partecipi. Altro principio riguarda la forma del contratto. Quale è questo principio? Abbiamo la libertà delle forme salvo che l’ordinamento non disponga diversamente a pena di nullità. Il 1345 descrive gli elementi indispensabili del contratto per la sua validità. La forma, se l’ordinamento non la prevede, è libera. Il contratto può stipularsi verbalmente, per comportamento concludente. Comportamento concludente significa vado al supermercato compro la frutta, vado alla cassa e pago: ho stipulato un contratto di compravendita. Salgo sull’autobus e stipulo un contratto di trasporto.
Non è più semplice mettere per iscritto il contenuto del contratto? Normalmente si fa per iscritto ma non perché è obbligatorio ma perché è più utile. Come fa l’azienda a conservare la memoria dei contratti? Si usa la forma scritta maggiormente anche se non è sempre obbligatoria. La tendenza dell’ordinamento è invogliare la forma scritta. Soprattutto per le prestazioni di valore. I contratti che riguardano i diritti reali (come la costituzione di una servitù), devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità. Il 1350 fa un elenco dei contratti che devono essere per iscritto. È molto importante la sua catalogazione. Se non c’è la forma scritta il contratto è invalido, nullo cioè non produce effetto.
Nella realtà è successo ma è nullo nell’ordinamento. L’ordinamento si sta evolvendo, prevede la forma scritta a pena di nullità per i contratti col consumatore, servizi finanziari e bancari. Come mai? Non è per la straordinaria importanza del contratto che la legge prevede la forma scritta. È una protezione nei confronti del contraente più debole. Fino al 1992 la maggior parte dei contratti bancari avveniva senza l’obbligo della forma scritta. Dal 1992 in poi i contratti del settore bancario devono essere fatti per iscritto a pena di nullità. Grande categoria ce la da il 1350.
La regola generale rimane tuttavia la libertà della forma. Non va bene dire che la forma è un requisito del contratto ma bisogna aggiungere se non è prevista diversamente a pena di nullità. Altri contratti in cui nei manuali non si fa riferimento riguardano il settore con la Pubblica Amministrazione e sorge il problema della forma del contratto con o della Pubblica Amministrazione. Sfogliando l’indice analitico del codice civile non troviamo una norma che mi dica la forma del contratto con o della Pubblica Amministrazione. Vuol dire forma libera? No. I contratti con e della Pubblica Amministrazione hanno dei requisiti formali più stringenti di quelli coi privati. Come si farebbe sennò a controllare il comportamento della Pubblica Amministrazione se contrattasse verbalmente coi cittadini? Sarebbe impossibile. Come si fa a controllare la coerenza della Pubblica Amministrazione nell’ambito del contratto verbale? Ci vuole la forma scritta in realtà della Pubblica Amministrazione.
Importante è il 96 costituzione che afferma i principi della correttezza e trasparenza. Ma nel codice non trovo nessuna norma che dice che ci vuole a pena di nullità la forma scritta in questi contratti. Il principio generale della autonomia c’è anche per la forma salvo che la legge non dia informazioni specifiche. Se un principio è contraddetto da una affermazione non è tale.
Dove risiede il principio? Nell’antichissima norma del 1924 che disciplina minuziosamente come fa la Pubblica Amministrazione a contrattare. Mi dice una cosa di più rispetto a quello che può dire il codice. Il codice dice che se un contratto deve essere fatto per iscritto a pena di nullità non è vietato lo scambio per corrispondenza. Per i contratti con la Pubblica Amministrazione l’ordinanza contabile prevede l’obbligo della forma scritta e della contestualità della sottoscrizione. In un unico documento devono risultare le sottoscrizione delle parti. È un qualcosa di più.
C’è l’eccezione alla regola? Si , una piccola che riguarda gli approvvigionamenti dei beni di consumo. Si può fare con lo scambio di corrispondenza. In questo caso ci esuliamo dalla contestualità del contratto ma non dalla forma scritta. Le conseguenze della omissione dei requisiti formali sono sgradevoli. Si può avere il cosiddetto arricchimento senza causa: attribuzioni patrimoniali in assenza di un valido titolo. Sarebbe troppo facile far pagare all’amministrazione attività inutili. Occorre anche la verifica dell’utilità. Se non c’è non si ha l’arricchimento senza causa. Se è vero il principio della libertà delle forme, se l’ordinamento ne prevede una specifica e io non la rispetto, le conseguenze sono gravissime.