Istituzioni di Diritto Pubblico autore Cuocolo (integrato con appunti)
IL DIRITTO E LE SUE FONTI
Le fonti in generale
Il concetto di “diritto”
Non è necessaria la coincidenza fra diritto e giustizia. Il diritto si qualifica quale diritto “oggettivo”, cioè quale norma alla quale deve conformarsi il comportamento del soggetto in una società.
Ogni uomo incontra, nel suo agire, una molteplicità di regole di condotta, ma non tutte hanno rilevanza giuridica. Le regole morali non sono giuridicamente rilevanti. Qualsiasi gruppo sociale non è concepibile senza un minimo di regole organizzative che danno ordine al gruppo.
Socialità e statualità del diritto
Le norme possono essere giuridiche se prodotte da un ordinamento giuridico. La statualità del diritto è diversa da quella della socialità, il diritto dello Stato è il fenomeno giuridico più rilevante.
Caratteri differenziali della norma giuridica
La generalità della norma giuridica è applicabile a tutti. Sotto questo profilo è anche definita astratta, in quanto essa non è diretta a disciplinare particolari situazioni. Esistono le caratteristiche della novità, esteriorità, imperatività o coazione.
L’ordinamento giuridico. Teoria “normativa” e teoria “istituzionale”
Kelsen (“teoria normativa”)ha tratto la conclusione che l’ordinamento giuridico si compone soltanto di norme. Il Santi Romano (“teoria istituzionale”) invece ha tratto la conclusione che il diritto è anche, oltre che norma, organizzazione e corpo sociale.
Diritto pubblico e diritto privato
Pluralità dei rami del diritto: interno (pubblico e privato), internazionale.
Fonti del diritto. a) Le fonti di produzione
Fonti del diritto, cioè quei procedimenti che sono idonei a porre valide norme giuridiche. Le fonti di produzione si distinguono fra “fonti – fatto” e “fonti – atto”.
A) Le fonti fatto: la consuetudine
La fonte – fatto più rilevante è la consuetudine, cioè la ripetizione nello spazio e nel tempo di comportamenti che hanno dato luogo al convincimento dell’esistenza di una regola giuridica. Nell’ordinamento britannico hanno rilevanza primaria, infatti è prevalentemente non scritta.
Segue: la necessità
E’ il caso di una necessità straordinaria. L’assunzione da parte del Governo dei poteri legislativi del Parlamento, mediante l’emanazione di atti con la forza di legge, per fronteggiare situazioni di emergenza.
L’art. 78 della Costituzione italiana ammette il conferimento al Governo dei “poteri necessari” in caso di dichiarazione dello stato di guerra.
Segue: il rinvio a fonti di altri ordinamenti
Per l’efficacia delle norme internazionali è necessario che lo Stato operi un rinvio alla fonte e gli art. 17 e ss. delle “Dichiarazioni sulla legge” premesse al nostro Codice civile, ne forniscono ampia esemplificazione. Esiste l’adattamento automatico del diritto interno al diritto internazionale in forza dell’art. 10 della Costituzione italiana.
La Costituzione
B) Le fonti – atto. La Costituzione
Le fonti – atto sono, oltre la Costituzione, le leggi e i regolamenti. Le fonti – atto si dispongono secondo un ordine gerarchico. La Costituzione è l’unica fonte costituente, il significato politico del suo contenuto è legato a scelte politiche precise.
Possibile classificazione delle diverse Costituzioni
a) Costituzioni consuetudinarie e scritte: quella britannica;
b) Costituzioni “concesse” e votate: le prime seguono per lo più il passaggio dallo Stato assoluto al costituzionale e consistono nella concessione di regole da parte del sovrano, sono anche dette ottriate. Quelle votate sono redatte da Assemblee rappresentative elette dal popolo;
c) Costituzioni flessibili e rigide: la flessibile può essere modificata o derogata. La rigida è sovraordinata rispetto a tutte le altre norme sicché una disposizione anche di grado primario con essa in contrasto non solo non potrebbe modificarla ma sarebbe illegittima in quanto incostituzionale.
d) Costituzione formale e materiale: La materiale viene utilizzata per indicare il regime politico.
La Costituzione italiana. Evoluzione storica. Cenni.
La prima fu concessa dal Re Carlo Alberto il 4 marzo 1848 denominato Statuto del Regno di Sardegna. A Costituzione concessa, lo Statuto albertino divise il potere supremo fra il Sovrano e le Camere legislative. Grazie alla sua natura di Costituzione flessibile, riuscì ad adeguarsi allo sviluppo della società. La prima guerra mondiale portò al potere il partito fascista senza un formale colpo di Stato. Il Re Vittorio Emanuele III per salvare la monarchia liquidò Mussolini e nominò Badoglio. Nel 1944 ci fu la convocazione di un’Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato. Il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati alle urne non solo per eleggere un’Assemblea Costituente ma anche per decidere, con referendum, se l’Italia doveva restar monarchia o divenire repubblica.
La Costituzione repubblicana
L’Assemblea costituente era composta da 556 deputati, i 3 maggiori partiti erano il democratico cristiano, il socialista e il comunista che sommati insieme raggiungevano quasi l’80% dell’Assemblea. La nuova Costituzione fu quindi approvata il 22 dicembre 1947; promulgata il 27 dicembre successivo, la Costituzione della Repubblica è entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
Caratteri della nuova Costituzione e iniziative di riforma
Composta di 139 articoli più 18 disposizioni transitorie, comprende un nucleo di principi fondamentali (1 – 12) e due parti, l’una (13 – 54) dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, l’altra (55 – 139) dedicata all’ordinamento della Repubblica.
E’ una Costituzione votata, scritta e rigida; coniuga le esigenze dello Stato liberal – democratico con quelle dello Stato sociale.
Le fonti subcostituzionali
a) La legge ordinaria
Gerarchicamente subordinata alla Costituzione, negli ordinamenti a costituzione rigida, si trova la legge dello Stato e con essa gli atti che hanno una forza ad essa equiparata.
b) Gli atti dello Stato “con forza di legge”
I decreti legislativi sono atti con forza di legge che il Governo adotta a seguito di delega delle Camere e valgono per un tempo limitato.
I decreti legge sono fonte con forza di legge e si presentano quando il Governo richiede interventi per calamità naturali o situazioni eccezionali. L’art. 77 Cost. consente al Governo di emanare decreti con forza di legge, circondando, però tale potere di limiti e condizioni molto stringenti.
Il decreto legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale”, deve essere presentato alle Camere per la conversione in legge; le Camere anche se sciolte, devono riunirsi entro 5 giorni per la conversione che deve avvenire entro 60 giorni dalla pubblicazione. Se non è convertito perde efficacia fin dall’inizio.
In casi di necessità e di urgenza vengono deliberati “provvedimenti provvisori” con forza di legge dal Consiglio dei ministri ed emanati dal Presidente della Repubblica.
c) Il referendum abrogativo
E’ previsto dall’art. 75 Cost. che contiene anche i limiti. La richiesta di referendum deve essere presentata da 500.000 elettori o da 5 Consigli regionali. Non può essere chiesto per leggi tributarie e di bilancio, per l’amnistia e indulto e per l’autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.
Le richieste vanno depositate fra il 1° gennaio e il 30 settembre presso la cancelleria della Corte di cassazione (eccezion fatta per gli anni che precedono la scadenza di una Camera e per i sei mesi successivi alla convocazione dei comizi per l’elezione di una delle Camere) che ne accerta la conformità costituzionale mentre l’ammissibilità è decisa dalla Corte Costituzionale . Qualora il giudizio della Corte sia nel senso dell’ammissibilità, il PR, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indice con proprio decreto il referendum. Nel caso di anticipato scioglimento viene automaticamente sospeso. Se i risultati sono favorevoli all’abrogazione il PR dichiara l’avvenuta abrogazione che decorre dal giorno successivo a quello della pubblicazione. Il PR può ritardare l’entrata in vigore per un termine non superiore a 60 giorni.
Non può proporsi nuova domanda per sottoporre a referendum abrogativo lo stesso testo prima che siano trascorsi 5 anni.
d) I regolamenti
Quando si parla di regolamenti senza specificazioni, ci si riferisce ai regolamenti governativi. Si distinguono i regolamenti esecutivi, diretti a dar esecuzione alle leggi, ai decreti legislativi e ai regolamenti comunitari, i regolamenti attuativi e integrativi delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, i regolamenti indipendenti in materie non riservate alla legge ed infine un nuovo tipo di regolamenti definiti “delegati” (al Governo).
La possibilità che siano emanati regolamenti governativi, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il Consiglio di Stato, per la disciplina di materie non coperte da riserva assoluta di legge, per le quali le leggi ordinarie, autorizza la potestà del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia, disponendo l’abrogazione delle norme vigenti all’entrata in vigore delle norme regolamentari.
La legge non è abrogata secondo lo schema dell’art. 15 delle preleggi, ma dall’adozione di un regolamento, che la legge considera risolutivo della vigenza della legge preesistente.
Si annoverano anche i regolamenti ministeriali di competenza del ministro. I regolamenti ministeriali ed interministeriali vanno sottoposti al visto e alla registrazione della Corte dei conti.
e) Le fonti comunitarie
Trattato di Maastricht del 1992 e di Amsterdam del 1997. Le fonti del diritto comunitario sorgono fin dai trattati del 1951 sulla Comunità Europea, sulla CECA e sull’Euratom. Le fonti della Comunità sono i regolamenti, le direttive e le decisioni.
Il regolamento ha portata regionale, è immediatamente obbligatorio ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La direttiva vincola il risultato da raggiungere. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi.
In forza dell’art. 11 Cost. l’Italia può consentire “limitazioni di sovranità” nei termini indicati nella ridetta disposizione. Per le direttive è previsto un atto di recepimento da parte dello Stato, reso sollecito dalla “legge comunitaria”.
Le fonti regionali
Gli statuti regionali
Il potere di adottare leggi è conferito anche alle Regioni. Questi enti sono oggi distinti in Regioni a statuto speciale e ordinario. L’elemento differenziale consiste nell’atto con cui viene adottato lo Statuto che nelle Regioni a regime speciale è una legge costituzionale dello Stato, mentre nelle ordinarie è la stessa legge regionale. Questo al giorno d’oggi si è trasformato in uno svantaggio per le 5 Regioni speciali che non hanno potestà statutaria.
Ogni statuto è deliberato dal Consiglio regionale, il Governo centrale può soltanto promuovere la questione di legittimità della legge statutaria dinanzi alla Corte costituzionale entro 30 giorni dalla pubblicazione; può essere sottoposto a referendum.
Lo statuto regionale determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione.
Le leggi regionali
Dopo la riforma è del tutto scomparsa la legislazione regionale attuativa. La legge regionale è approvata dal Consiglio regionale.
I regolamenti regionali
Tanto la Giunta quanto il Consiglio possono adottare regolamenti, nell’ambito delle rispettive competenze. I regolamenti regionali sono subordinati tanto alla legge statale a quella regionale, mentre sembra da escludersi una loro subordinazione ai regolamenti statali.
L’interpretazione delle fonti – atto e la loro efficacia
L’interpretazione delle fonti – atto. L’analogia
Da ricordarsi l’art. 12 delle “Disposizioni sulla legge in generale”, per il quale nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore (interpretazione teleologica). Se non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe mentre, se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Nell’interpretazione autentica è lo stesso legislatore che rendendosi conto delle possibili ambiguità, precisa. Interpretazione letterale. E’ generalmente ammessa, un’interpretazione adeguatrice o se si preferisce storico – evolutiva, purché sia conservato il significato della disposizione originaria. L’interpretazione sistematica mira a ricostruire la volontà della legge (ratio legis). Interpretazione estensiva e restrittiva.
Indicata dall’art. 12 delle Preleggi è l’analogia legis e qualora non possa utilizzarsi la disciplina di casi analoghi è possibile far ricorso all’analogia iuris.
L’efficacia delle fonti nel tempo e nello spazio
Con l’entrata in vigore, la fonte acquista efficacia. Quanto al tempo, il principio fondamentale, ribadito dall’art. 11 delle preleggi, è che la legge non dispone che per l’avvenire e dunque è irretroattiva. Non ha valore se non nel campo penale e per le sole norme incriminatici. Fanno eccezione a questa regola le leggi temporanee. Efficacia spaziale > all’ente; legge statale > a tutto il territorio dello Stato.
Pluralità, gerarchia e possibili contraddizioni fra le fonti. Criteri di superamento
Costituzione > fonti primarie (legge ordinaria statale, fonti pariordinate alla legge statale alle quali è attribuita “forza di legge”, fonti di enti non statali) > fonti secondarie (regolamenti statali). Fra fonti pariordinate la prevalenza debba essere riconosciuta alla fonte più recente. La fonte posteriore ha infatti, di regola, un effetto abrogativo.
I regolamenti (e gli statuti) degli enti locali
L’art. 128 Cost. riconosce la possibilità di dotarsi di un ordinamento giuridico nei limiti dei principi fissati dallo Stato. Tanto gli statuti quanto i regolamenti sono deliberati dai consigli comunali e provinciali.
Preferenza e riserva di legge
La legge prevale su tutte le fonti regolamentari e rende illegittime le disposizioni regolamentari. A questo principio fanno solo eccezione i regolamenti parlamentari ai sensi dell’art. 72 Cost. Diversa dalla preferenza è la riserva di legge. Per essa, una materia non può essere disciplinata che mediante legge ordinaria statale o fonte equiparata, sicché una disciplina contenuta in norma secondaria sarebbe incostituzionale e dunque invalida. Quando la riserva è “assoluta” l’intera materia deve essere regolata con norme di grado legislativo; quando è “relativa” la legge può limitare e dettare i principi della materia lasciando a fonti subordinate l’emanazione di norme di dettaglio.
LO STATO
Lo Stato come ente politico sovrano
Può definirsi come Stato l’ente politico costituito da una collettività stabilmente stanziata su un territorio e fornito di sovranità tanto all’esterno quanto all’interno. E’ un ente politico, territoriale, sovrano. Ha due finalità: difesa dall’esterno e l’ordine interno.
Elementi costitutivi dello Stato
A) Il territorio
Nell’antichità si estendeva fino al limite massimo di gittata dei cannoni. Oggi è di 3 miglia marine, arriva ad una profondità nel mare di 200 m., mentre in terra sino al limite max di utilizzazione, nonché tutto lo spazio aereo sovrastante lo Stato.
Extraterritorialità: porzione di territorio straniero in Italia
Ultraterritorialità: porzione di teritorio italiano all’estero (ambasciate)
B) La cittadinanza
La cittadinanza può essere acquistata per:
•nascita: si acquista per discendenza o per nascita sul territorio (è ammesso solo in via sussidiaria, qualora i genitori siano ignoti)
•Eventi successivi: adozione, riconoscimento, matrimonio (se risiede in italia da almeno 6 mesi e se è sposato da 3 anni), per beneficio di legge, per decreto del PR (deve prestare giuramento di fedeltà entro 6 mesi)
Perdita e riacquisto della cittadinanza
L’art.22 Cost. esclude la perdita per motivi politici. Il cittadino che possiede o acquista cittadinanza straniera conserva quella italiana. La perde sicuramente colui che abbia accettato un impego pubblico o abbia prestato servizio militare in un altro Stato (in caso di guerra la perdita è automatica, altrimenti si ha solo se il governo gli ha intimato abbandonare l’impego.
La cittadinanza europea
I cittadini dell’Unione sono anche europei, tale cittadinanza coesiste con quella del proprio Stato. Ciò comporta il diritto di circolazione, di voto e di eleggibilità, nonché la tutela consolare in territori terzi.
Popolo, popolazione e Nazione
Popolo: è la componente costitutiva dello Stato (cittadinanza); è un concetto giuridico.
Popolazione: è soltanto l’insieme delle persone che risiedono in un territorio indipendentemente dalla cittadinanza.
Nazione: è una collettività con lingua, tradizioni, religioni e cultura simili (Non sempre c’è coincidenza fra popolo e nazione).
- Gli italiani residenti all’estero
- Tutela della maternità e interruzione volontaria della gravidanza
- La responsabilità politica del Governo e il rapporto fiduciario con le Camere
- Il dibattito sul federalismo
- Segue: la posizione sistematica degli statuti fra le fonti regionali
- L’autonomia dei comuni e delle province. Le città metropolitane
- La composizione della Corte costituzionale
Gli italiani residenti all’estero
Considerato il problema che molti italiani all’estero hanno mantenuto la cittadinanza è stato istituito l’A.I.R.E. (Anagrafica Italiani Residenti Estero) ed il C.G.I.E. (Consiglio Generale Italiani Estero) che sono presieduti dal ministro degli esteri.
Le minoranze linguistiche ed etniche
L’Art 6 le tutela con riferimento alle regioni a statuto speciale.
La nuova disciplina dell’immigrazione
L’ingresso in Italia è consentito allo straniero con passaporto e visto di ingresso oppure con permessso di soggiorno da 3 mesi (turismo) a 2 anni (lavoro), senza limitazioni di rinnovo
C) La sovranità
E’ la suprema zia nei confronti di ogni altro ente esterno. L’art. 11 ne ammette limitazioni per evitare conflitti
Stato e ordinamento internazionale
L’adattamento del diritto interno al diritto internazionale: a) in via pattizia
I trattati obbligano ogni contraente sul piano internazionale ma non hanno di per sé alcuna efficacia interna. E’ necessario un ulteriore atto che dia esecuzione al trattato nell’ordinamento interno. L’organo competente a rappresentare il nostro Stato nei rapporti con gli altri Stati è il PR (art. 80 e 87). Per i trattati internazionali la ratifica è subordinata alla preventiva autorizzazione delle Camere.
Segue: b) in via automatica
Art. 10: di fronte ad una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta, il nostro ordinamento deve conformarsi ad essa automaticamente. Qualora una norma ordinaria venisse a trovarsi in contrasto con le norme di diritto internazionale sarebbe costituzionalmente illegittima. Può darsi che la norma statale venga disapplicata o che il giudice dichiari l’abrogazione; qualora ciò non avvenga, chi vi abbia interesse potrà impugnare in via incidentale (in un processo) la norma.
Le eventuali limitazioni di sovranità. Organizzazioni internazionali intermedie cui partecipa l’Italia
Adozione dell’Atto unico europeo e dei Trattati prima di Maastricht e poi di Amsterdam. Aderisce all’ O.N.U, alla N.A.T.O, alla C.E.C.A. Con il Trattato di Maastricht è stata costituita una Unione europea con unificazione degli organi comunitari (Parlamento europeo, Consiglio dei ministri, Commissione della comunità, Corte di giustizia e Corte dei Conti). Per il conseguente mercato aperto e libera concorrenza è stata creata una moneta unica europea denominata Euro.
Stato e Chiesa cattolica e altre confessioni religiose
Possibili rapporti fra Stato e Chiesa cattolica. I Patti lateranensi
I rapporti fra Stato e Chiesa Cattolica possono essere di quattro tipi:
- Stato confessionale, quando lo Stato riconosce la posizione preminente della Chiesa;
- Giurisdizionalismo, quando lo Stato rivendica una sua ingerenza nell’organizzazione ecclesiastica;
- Laicismo, vi è netta distinzione tra Stato e religione;
- Sistema concordatario.
Lo Statuto albertino si ispirava al confessionalismo, dichiarando “la religione cattolica la sola religione dello Stato”; poi con la “legge delle guarentigie” si passò al giurisdizionalismo; con Cavour al laicismo “libera Chiesa in libero Stato”.
L’11 febbraio 1929 > Patti lateranensi che constano:
a) “trattato” (Città del Vaticano);
b) “convenzione finanziaria”;
c) “concordato” con il quale sono stati regolati i rapporti.
Dopo la fine della guerra si pose il problema della opportunità di inserire in Costituzione un richiamo ai Patti ed alla fine si un lungo dibattito venne approvato l’art. 7.
La revisione dei Patti lateranensi e l’Accordo di Villa Madama
Si era resa evidente la necessità di una revisione del Concordato del 1929 così il 18 febbraio 1984 è stato sottoscritto fra lo Stato e la Chiesa l’accordo di Villa Madama: “la religione cattolica non era più la religione degli italiani ma la religione semplicemente tra di essi più diffusa”.
I rapporti fra lo Stato e le altre confessioni religiose
La Costituzione parifica tutte le confessioni. Le altre confessioni possono regolare i loro rapporti con lo Stato nei modi previsti dall’ art. 8 Cost.
DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI
Il principio di eguaglianza
I diritti pubblici soggettivi
Mentre nel diritto privato viene in considerazione la potestà del soggetto nei confronti di un bene, nel diritto pubblico si realizza un rapporto fra il soggetto e lo Stato. Vi è disparità tra cittadino e Stato in quanto quest’ultimo è sovrano.
La storia delle libertà si intreccia fittamente con l’evoluzione dello Stato costituzionale moderno.
Le dichiarazioni dei diritti sono state:
“Magna Charta” del 1215 e il Bill of rights del 1689 in Inghilterra; negli Stati nordamericani la proclamazione dell’indipendenza (1776); in Francia la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” nel 1789; la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” in Russia nel 1918.
I diritti inviolabili (ed i doveri inderogabili) dell’uomo nell’art. 2 Cost.
L’art. 2 “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. La parola “riconosce” ha un significato ricognitivo e di garanzia ma non costitutivo (perché sono diritti dell’uomo in quanto tale). L’art. 2 presenta il riconoscimento di diritti inviolabili dell’uomo non solo come singolo ma anche come partecipe di quelle formazioni sociali nelle quali si svolge la sua personalità.
Le formazioni sociali riconosciute dall’art. 2 sono quelle dirette a garantire la tutela degli interessi diffusi, costituzionalmente rilevanti.
La Costituzione stabilisce la libertà di associazione (art. 18), contiene disposizioni dal fine religioso, sindacale o politico ma soprattutto per la disciplina di comunità intermedie, quali la famiglia e la scuola, e di comunità locali territoriali, quali, segnatamente, il comune, la provincia, la Regione.
La condizione giuridica dello straniero e dell’apolide. L’immigrazione extracomunitaria nel Testo Unico 25 luglio 1998, n. 286.
L’art. 3 (materia di eguaglianza, 1° parte) è dedicato ai soli cittadini, lasciando aperto il problema della posizione giuridica degli stranieri e degli apolidi.
L’art. 10 stabilisce:
a) che la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali;
b) che lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica.
Nel T.U. approvato con D. lgs. 25 luglio 1998 sono state dettate nuove disposizioni per disciplinare l’immigrazione. Con il T.U. 286/98 viene definito il concetto di “straniero”, tale essendo, il cittadino di Stati non appartenente all’Unione Europea (anche gli apolidi).
Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano e se munito della carta di soggiorno può partecipare all’elettorato.
L’ingresso è consentito a chi sia in possesso del passaporto e del visto di ingresso mentre per il soggiorno è necessario il permesso o la carta di soggiorno.
Il T.U. prevede pesanti sanzioni a carico di chi, per trarne ingiusto profitto, favorisca la permanenza dello straniero.
Il principio di eguaglianza e la sua attuazione costituzionale
Non è sufficiente la sola eguaglianza formale, va integrata con l’eguaglianza sostanziale. L’art. 3, 1° comma Cost. si apre affermando la pari dignità sociale di tutti i cittadini, qualifica la loro posizione. Questo però non può né vuole significare che la posizione giuridica dello straniero non sia garantita sotto il profilo dell’eguaglianza. La Corte Costituzionale ha dato sentenze di interpretazione estensiva.
Il principio di eguaglianza e le specificazioni dell’art. 3 Cost.
L’art. 3 precisa che non potrebbero ammettersi diversità di trattamento fondate sulla differenza di sesso, di razza, di lingua, di religione e di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. L’eguaglianza va intesa come eguaglianza di opportunità (sostanziale). Questo introduce il discorso sulla possibilità di trattamenti differenziati: periodi di gravidanza, cure agli indigenti (art. 32), diritto di difesa anche ai non abbienti (art. 24), borse di studio (art. 33-34) et cetera.
L’eguaglianza sostanziale
Art. 3, 2° comma. Elementi:
1. Nella società italiana del 1946/47 e poi anche negli anni seguenti, esistevano “ostacoli di ordine economico e sociale” capaci di limitare di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini;
2. Consiste nelle finalità che la Repubblica deve perseguire nel rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale.
L’art. 3 si collega necessariamente all’art. 2 e sottolinea il dovere della Repubblica di assicurare le condizioni perché la persona umana possa pienamente svilupparsi.
I diritti di libertà
La libertà personale. Contenuto e tutela della riservatezza
Tutti i regimi autoritari hanno limitato la libertà personale. Mira a proteggere dagli arresti arbitrari dal potere pubblico ma non fondate sulla legge.
La garanzia dell’ art. 13 (la libertà personale è inviolabile) deve estendersi non solo alle limitazioni materiali della libertà personale, ma anche a quelle che incidano in qualche misura sulla personalità morale del singolo e sulla sua dignità sociale.
La libertà personale in senso stretto consiste nella libera disponibilità della propria persona tanto nel senso attivo, cioè del poter fare, quanto nel senso passivo, cioè dello escludere interferenze nella sfera della personalità. Tutela il singolo dagli eventuali abusi del potere esecutivo. Non è ammessa “forma alcuna di restrizione della libertà personale”.
Collegato alla libertà personale è il trattamento dei dati personali (dati sensibili) cosiddetta privacy. Per garantire la corretta applicazione della legge e per rilasciare le prescritte autorizzazioni è istituito un “Garante” (4 membri eletti 2 per ogni Camera).
Le possibili limitazioni della libertà personale. Riserva di legge e riserva di giurisdizione
La Costituzione subordina le limitazioni o le restrizioni a due condizioni:
a) con “atto motivato dell’autorità giudiziaria”;
b) “nei soli casi e modi previsti dalla legge.
L’art. 13 dovrebbe essere inteso in senso restrittivo, nel senso cioè di richiedere il provvedimento di un giudice, ma nella pratica si era ammesso anche il provvedimento del p.m.
Le misure preventive di sicurezza
Le misure di sicurezza della polizia, anche dette misure di prevenzione (per chi ha già commesso reato) o preventive (incensurati), sono adottate per prevenire la commissione di reati.
L’art. 25, 3° comma, della Cost. sancisce che nessuno può “essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.
Le misure di prevenzione vengono applicate indipendentemente sull’avvenuta commissione di un reato, attualmente sono l’ordine di rientro al Comune di residenza.
Libertà personale, processo penale, regime delle pene
L’art. 13 Cost. punisce ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni della libertà, fissa dei limiti massimi della carcerazione preventiva. In oggi la “custodia cautelare” varia da tre mesi a un anno.
Secondo l’art 25 Cost. vige il principio per cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore dopo il fatto commesso (irretroattività) ma se la legge del tempo in cui fu commesso il reato o le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.
L’art. 27 Cost., 1° comma, afferma che la responsabilità penale è personale; stabilisce, al 2° comma, che l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva. Non si tratta della cosiddetta “presunzione di innocenza” ma soltanto di una “presunzione di non colpevolezza”, fino alla condanna definitiva. L’art. si riferisce a quelle che possono incidere sulla vita o sulla libertà personale del condannato.
Per quanto riguarda la pena di morte, la Cost. la consente nei soli casi previsti dalle leggi militari di guerra. E’ stata esclusa anche dal codice penale militare di guerra, sicché oggi non esiste. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e debbono tendere alla rieducazione del condannato. I condannati alla pena dell’ergastolo possono essere posti in libertà condizionale dopo aver scontato 25 anni di reclusione e purché abbiano tenuto buona condotta.
Amnistia e indulto
Amnistia: estinzione del reato (fedina penale pulita)
Indulto: clemenza del PR su delega delle Camere e conseguente estinzione della pena (sporca).
Il reato si estingue con la morte del presunto colpevole prima della sentenza definitiva, con la remissione della querela in caso di delitti punibili a querela della persona offesa, per prescrizione da due a venti anni, per oblazione (la pena si trasforma in ammenda).
Il reato può anche estinguersi per amnistia. Gli istituti dell’amnistia e dell’indulto sono disciplinati dall’art. 79 Cost., il potere di concederli spetta alle Camere che vi provvedono con legge approvata a maggioranza di due terzi.
L’estradizione del cittadino. I reati politici
L’estradizione consiste nella consegna di un individuo accusato o condannato in un altro Stato, al fine della sottoposizione al processo o all’espiazione della pena. L’art. 26 consente l’estradizione del cittadino solo ove prevista in convenzioni internazionali. E’ delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato. L’estradizione non può essere concessa per reati politici (art. 10 Cost.).
Prestazioni personali e riserva di legge
L’art. 23 Cost. afferma che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La riserva di legge in questo caso va intesa come riserva assoluta, la legge non può in nessuno caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
La libertà di domicilio
L’art. 14 > libertà di domicilio. Il domicilio è “inviolabile”, sono consentite ispezioni soltanto mediante atto motivato dell’autorità giudiziaria. Fra i casi di necessità e urgenza si indica come tipico quello della flagranza di reato. L’ultimo comma dell’art. 14 prevede, infine, la regolamentazione da parte di leggi speciali di accertamenti e ispezioni per motivi di sanità e incolumità pubblica o per fini economici e fiscali.
La libertà di espatrio e il diritto di emigrazione
La libertà di espatrio è la libertà dei cittadini di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi. Il cittadino può sempre rimpatriare, nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
La libertà di riunione. I cortei e le processioni
L’art. 17 Cost. disciplina e garantisce la libertà di riunione, riconoscendola a tutti i cittadini con disposizione che non vale per gli stranieri.
Per quanto riguarda le riunioni in luogo privato, di esse non si occupa la Cost. e la loro garanzia può trovarsi, se mai, nella libertà di domicilio. Le riunioni in luogo pubblico sono sia quelle disciplinate mediante particolari prescrizioni (teatri, stadi..) sia quelle dove l’accesso è consentito a tutti senza formalità (strade…). L’art. 17 Cost. solo per le riunioni da svolgersi in luogo pubblico deve esser dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
L’art. 19 garantisce a tutti il diritto di esercitare il culto religioso “in pubblico” senza prescrivere obblighi di preavviso.
La libertà di associazione
E’ garantita dall’art. 18 Cost., pone come unico limite il perseguimento di fini che non siano vietati dalla legge penale.
Si considerano segrete le associazioni che occultano la loro esistenza ovvero tengono segrete congiuntamente finalità ed attività sociali ovvero rendono sconosciuti i soci. Le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare sono proibite. Tale norma va intesa anche in senso negativo, ovvero nella libertà di potersi non associare.
La libertà religiosa (art. 7-8)
La nostra Cost. agli art. 19 e 20 detta due disposizioni, la prima a garantire la libertà di coscienza e la libertà religiosa in tutte le loro manifestazioni, sia positive sia negative. Esiste la libera possibilità di esercitare in privato e in pubblico il culto.
La liberta di manifestazione del pensiero: a) la stampa
L’art. 21 della nostra Cost. statuisce che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Alla stampa è dedicata la parte centrale dell’art. 21. Per reprimere gli abusi esiste il sequestro “preventivo” diretto a prevenire la diffusione degli stampati o ad interromperla, deve essere disposto con atto motivato dell’autorità giudiziaria (stampa periodica e non i libri). Se l’autorità giudiziaria non convalida il sequestro entro le successive 24 ore si intende revocato. L’ultimo comma dell’art. 21 stabilisce il divieto delle pubblicazioni contrarie al buon costume.
Al fine di garantire la libertà di stampa, evitandone però abusi, la legge sulla stampa, all’art. 8, ha stabilito l’obbligo della ratifica, disponendo che il direttore responsabile è tenuto a far inserire nel periodico, integralmente e gratuitamente, le risposte rettifiche o dichiarazioni delle persone cui siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da esse ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità.
Segue: b) la radio e la televisione
Per assicurare i principi del pluralismo e della concorrenza, non possono essere rilasciate a uno stesso soggetto concessioni né autorizzazioni che consentono di irradiare più del 20 per cento.
I telegiornali e i giornali radio sono equiparati ai giornali e periodici. E’ vietata la trasmissione di messaggi cifrati o di carattere subliminale: è vietata la violenza gratuita o la pornografia che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenza etniche, sessuali o religiose.
E’ stata istituita un’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, quattro eletti dalla Camera e quattro dal Senato mentre il presidente è nominato dal PR.
I diritti di prestazione
La famiglia nella Costituzione
La Cost. detta, agli art. 29/31, i principi fondamentali del diritto familiare. L’art. 29 Cost. prende ad oggetto di disciplina la famiglia “fondata sul matrimonio” (no unioni omosessuali).
Il divorzio riguarda il matrimonio civile, non il matrimonio cattolico per il quale continua a valere il principio della indissolubilità. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Abolita la patria potestà e ad essa viene sostituita la potestà dei genitori. In caso di contrasto si può ricorrere al giudice che suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. La legge impone ad entrambi i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto della capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. Recentemente la Corte di Cassazione ha stabilito il dovere di mantenimento anche per i figli maggiorenni in casi particolari.
La tutela dei figli illegittimi
Il testo finale della Cost. contiene tre importanti enunciazioni:
a) la parificazione del diritto – dovere dei genitori di mantenere, educare, istruire i figli, sia quelli legittimi sia quelli nati fuori dal matrimonio;
b) la assicurazione, ai figli nati fuori del matrimonio, di ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima;
c) la previsione di disposizioni di legge per fissare i criteri e i limiti per la ricerca della paternità.
Doveri della Repubblica nei confronti della famiglia
L’art. 31 indica i compiti attivi dello Stato nei confronti della famiglia (art. 34 – 36 – 37).
Tutela della maternità e interruzione volontaria della gravidanza
L’art. 31 protegge la maternità. E’ concessa l’assoluta libertà di abortire concessa anche alla donna minorenne entro i primi 90 giorni di gestazione. La legge n. 194 introduce la possibilità di “obiezione di coscienza” riconoscendola al personale sanitario ed esercente attività ausiliarie.
La tutela della salute
L’art. 32 Cost. lo afferma sia come diritto dell’individuo, sia come interesse della collettività. La Repubblica garantisce cure gratuite agli indigenti. L’art. 117 Cost. dispone che l’assistenza sanitaria ed ospedaliera è materia di competenza delle Regioni. Il 2° comma dell’art. 32 dispone che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
Si è discusso se l’espressione “trattamento sanitario”, che si legge nell’art. 32, si riferisca a cure protratte, o destinate a protrarsi nel tempo; non sembra contestabile invece che vadano ricompresse nella previsione dell’art. 32 le prescrizioni di vaccinazioni.
La tutela dell’ambiente
Ne trattiamo qui per le connessioni esistenti con il diritto alla salute. Dapprima, il concetto di ambiente si è quasi identificato con quello di paesaggio tutelato dall’art. 9 Cost.; più di recente si è tentata una ricostruzione unitaria dell’ambiente e dei beni ambientali.
Con la legge del 1986 è stato istituito il Ministero dell’ambiente; sono state trasferite alle Regioni importanti competenze.
La libertà dell’arte e della scienza, la libertà di insegnamento e la libertà di istruzione
Art. 33 e 34 Cost. La libertà di istruzione si inquadra nei diritti di prestazione, crando pretese del cittadino nei confronti dello Stato.
La libertà di insegnamento si lega strettamente alla libertà di istruzione; in quanto libertà nell’insegnamento garantisce ad ogni docente la possibilità di esercitare le sue funzioni di insegnante in conformità alle proprie convinzioni, non può tuttavia comportare arbitrarie alterazioni dei programmi o dei contenuti delle materie da insegnare.
Il primo punto fermo che risulta dalla Costituzione è la preminenza della posizione statale. Viene statuito il diritto per enti e privati di istituire scuole e istituti di istruzione, senza oneri per lo Stato (art. 33, 3° comma).
Le scuole private
Non possono rilasciare titoli di studio aventi valore legale, salvo che tali scuole abbiano chiesto ed ottenuto la parificazione. C’è l’esigenza di un esame di Stato.
Le università e le istituzioni di alta cultura
La Cost. riconosce alle istituzioni di alta cultura, alle università e alle accademie il diritto di darsi ordinamenti autonomi. Libertà della ricerca scientifica. Non si esclude l’insegnamento universitario non statale.
I rapporti economici
Lineamenti di una “Costituzione economica”
Vanno rimossi gli ostacoli di ordine economico che si oppongono all’eguaglianza sostanziale.
Importante il passaggio dallo Stato del liberalismo classico dell’800 allo Stato “sociale” deciso ad intervenire nei rapporti sociali per modificarne gli effetti a favore dei gruppi e delle categorie economicamente più deboli.
La disciplina del lavoro nella Costituzione (dal 35 al 38)
L’art. 1 dice che la Repubblica è “fondata sul lavoro”, l’art. 4 pone il diritto al lavoro fra i principi fondamentali dell’ordinamento, espressione di Stato sociale. Lo stesso art. 4 aggiunge che ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
L’art. 35 stabilisce che è compito della Repubblica tutelare il lavoro in tutte le sue forme.
L’art. 36 afferma i principi della retribuzione giusta e sufficiente, della durata massima della giornata lavorativa, del riposo settimanale e delle ferie retribuite e irrinunciabili.
L’art. 37 dedica attenzione al lavoro femminile e a quello dei minori.
L’art. 38 prevede un adeguato sistema di sicurezza sociale.
Con l’art. 36, 1° comma, la Cost. fissa due principi: giusta retribuzione e retribuzione familiare. Per il primo, la retribuzione va riferita al rapporto di scambio fra prestatore d’opera e datore di lavoro; per il secondo la si richiede adeguata alle esigenze della famiglia del lavoratore, sicché è legittima l’esistenza accanto al salario base di una parte di retribuzione che tenga conto del fatto che il lavoratore abbia o no famiglia.
Per il lavoro minorile l’età minima è 15 anni.
Lo “Statuto dei lavoratori”
Così vengono garantiti i diritti del lavoratore sotto il profilo della libertà di opinione; del controllo dell’applicazione delle norme a tutela della salute e dell’integrità fisica del lavoratore; del divieto di accertamenti sanitari non effettuati attraverso gli istituti previdenziali competenti; del diritto dei lavoratori studenti a turni di lavoro particolari; del diritto di associazione e di libertà sindacale; del divieto di trattamenti economici collettivi discriminatori.
Il sindacato e i contratti collettivi di lavoro
Si è adottato il criterio della libertà senza imposizione di sindacato unico. Non si esclude l’ammissibilità di sindacati dei datori di lavoro, l’art. 39 Cost. li tutela. Spesso si è voluto riconoscere un ruolo politico ai sindacati e alle attività sindacali. I sindacati non hanno una rappresentanza politica che spetta ai partiti nei termini previsti dall’art. 49 Cost. e dalle Camere.
La disciplina dell’art. 39 Cost. stabilisce il principio fondamentale della libertà dell’organizzazione sindacale. L’unico obbligo che può essere imposto ai sindacati è la loro registrazione presso gli uffici centrali e locali, con essa acquistano personalità giuridica. I sindacati possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro. Ove la contrattazione collettiva si realizzi nei modi previsti dalla Cost., il contratto collettivo acquista una rilevanza normativa e la sua natura pubblicistica non può essere contestata.
Il diritto di sciopero e i suoi limiti
Lo sciopero è un fondamentale strumento di autotutela dei lavoratori ed è stato dichiarato dall’art. 40 Cost. un diritto. E’ un’astensione dalla prestazione del lavoro sicché il datore di lavoro può solo non corrispondere la retribuzione. Al datore di lavoro è vietata la possibilità di adottare provvedimenti disciplinari verso i lavoratori scioperanti. La garanzia costituzionale non resta più circoscritta alle sole rivendicazioni di indole meramente salariale, ma si estende agli interessi dei lavoratori. Per impedire abusi è stata adottata la legge n. 146, oggi integrata dalla legge n. 83 per disciplinare lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Per servizi pubblici essenziali sono considerati quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione. Nei servizi pubblici essenziali, il diritto di sciopero non può esercitarsi se non:
a) con preavviso di almeno 10 giorni;
b) predisposizione di prestazioni indispensabili;
c) indicazione della durata e delle modalità della astensione dal lavoro nonché delle sue motivazioni;
d) comunicazione agli utenti.
La libertà di iniziativa economica privata e la programmazione
L’art. 41 disciplina l’iniziativa economica privata e introduce il principio della programmazione e l’art. 42 regola la proprietà privata e ne definisce alcune limitazioni.
La libertà dell’iniziativa economica privata non è illimitata, assume particolare importanza la programmazione economica che può essere indicativa o coattiva (o imperativa). La prima più conforme alle esigenze complessive, la seconda potrebbe accreditare forme di dirigismo economico incompatibili con la libertà di iniziativa privata. Da ultima la possibilità, prevista dall’art. 43 Cost., della nazionalizzazione delle imprese.
L’art. 43, il meccanismo della nazionalizzazione, si fonda sui seguenti principi:
a) l’atto abilitato a disporre la nazionalizzazione è la legge;
b) deve esistere un fine di utilità generale;
c) deve trattarsi di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio.
Il regime costituzionale della proprietà
L’art. 42 Cost. afferma il riconoscimento e la garanzia della proprietà privata, rinviando alla legge per la determinazione dei modi di acquisto e di godimento e dei limiti di tale proprietà. La proprietà riprende il tema dei diritti inviolabili dell’uomo. L’espropriazione richiede l’esistenza di motivi di interesse generale e fissa il principio dell’indennizzo, non è legittimo un indennizzo simbolico.
L’assistenza e la sicurezza sociale
L’art. 38 Cost. ha introdotto il principio della sicurezza sociale come espressione di uno dei diritti inviolabili dell’uomo. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e alla assistenza sociale. Non tutela coloro che non esercitino alcuna funzione socialmente utile. E’ collocato a riposo il lavoratore che non possa prestare l’attività per infortunio, malattia, invalidità, disoccupazione involontaria ed età.
I diritti politici
Diritti politici e rappresentatività dello Stato
Nel titolo IV della Parte Prima, la Cost. disciplina i diritti politici, cioè le situazioni giuridiche soggettive in forza delle quali la pretesa del singolo di partecipare alla comunità statale di cui fa parte assurge al rango di diritto, costituzionalmente affermato e garantito.
Il diritto di voto. Sua rilevanza funzionale
La Cost., all’art. 48, correttamente esprime questa situazione affermando il diritto di voto ma stabilendo che il suo esercizio è dovere civico.
Caratteri del diritto di voto
L’art. 48 della Cost. attribuisce il diritto elettorale a tutti i cittadini maggiorenni, stabilendo che il voto è personale ed eguale, libero e segreto.
Dapprima il diritto di voto era a suffragio censitario, con la riforma Giolitti il suffragio divenne “universale” escluse le donne e gli uomini al di sotto dei 30 anni. Il 2 giugno 1946 tutti gli italiani maggiorenni potevano votare (per il Senato il limite minimo di età per poter eleggere è di 25 anni) e nel 2000 anche i cittadini residenti all’estero con l’aggiunta di un comma all’art. 48 Cost.
La personalità del voto esclude la possibilità di votare per delega, eccezione in caso di elettori fisicamente impediti. L’eguaglianza del voto indica che tutti i voti concorrono in pari misura.
La disciplina delle liste elettorali
Il diritto di voto diviene esercitabile mediante l’iscrizione nelle liste elettorali. In caso contrario il cittadino ha strumenti per ottenere l’iscrizione ma non può votare prima che l’iscrizione sia avvenuta. Le liste sono effettuate per ogni Comune da una apposita commissione.
Sono iscritti di ufficio coloro che hanno compiuto il 18° anno di età.
Il diritto di voto può essere limitato per incapacità civile o per effetto di sentenza penale.
Sono esclusi dall’elettorato attivo i discendenti di Casa Savoia.
Ogni sezione comprende un numero di elettori fra un minimo di 500 e un massimo di 1200.
I partiti politici
L’art. 49 conferisce rilevanza pubblicistica formale ai partiti politici ma se ne definisce in termini generali la funzione affermandosi che, con essi, i cittadini (esclusi gli stranieri e gli apolidi) concorrono con metodo democratico a determinare la politica nazionale. La libertà di associarsi in partiti significa potenziale pluralità di partiti politici. Tutti i partiti pongono limitazioni o condizioni per l’accettazione di nuovi iscritti. I partiti devono indicare nei loro statuti le cause che possono giustificare diniego di iscrizioni ed espulsioni, sebbene nella pratica facciano ciò che più desiderano. E’ da escludere la ammissibilità di partiti che pratichino la violenza (art. 18 Cost.).
Il finanziamento pubblico dei partiti
Dopo un lungo dibattito è stata approvata la legge del 1974 con cui è stato fissato il contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici. Il referendum, svoltosi il 18 aprile 1993, ha registrato una larga maggioranza favorevole sicché il finanziamento pubblico è stato limitato al solo rimborso di spese elettorali. In oggi sono vietati i finanziamenti superiori al 20% del capitale. Le persone fisiche possono procedere ad erogazioni liberali in favore di partiti e movimenti politici con detrazione del 22% dall’importo lordo dell’IRPEF per somme comprese fra 100 mila e 200 milioni di lire effettuate mediante versamento bancario o postale. I partiti che hanno goduto dei contributi debbono redigere un rendiconto annuale. Tali documentazioni sono sottoposte a un collegio di 5 revisori e il Presidente della Camera comunica al ministro del tesoro l’avvenuto riscontro della regolarità del rendiconto.
Il diritto di petizione
L’art. 50 attribuisce il diritto di petizione ai soli cittadini, che hanno la possibilità di denunciare abusi della pubblica autorità. Le petizioni sono rivolte alle Camere e dunque vanno inoltrate per iscritto e non possono essere presentate personalmente. Soltanto al Senato il regolamento prevede la possibilità che la petizione sia “presentata di persona da un senatore”.
Il diritto di accesso ai pubblici uffici e alle cariche elettive
L’art. 51 Cost. dice che tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
I doveri dei cittadini
I doveri pubblici in generale
Gli art. 52/54 parlano del dovere di difesa della Patria, del dovere fiscale, del dovere di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e delle leggi.
La fedeltà alla Repubblica e l’osservanza della Costituzione e delle leggi
Il dovere di fedeltà è del solo cittadino. Il dovere dei cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. La Cost. prevede l’obbligo di giuramento sia per il PR, sia per il presidente del Consiglio sia per i ministri. La legge richiede la prestazione del giuramento a tutti i pubblici dipendenti con rare eccezioni (i professori universitari).
Il dovere di difendere la Patria
L’art. 52 stabilisce il dovere di difesa della Patria che è dovere di prestazione personale, potendo comportare il sacrificio della stessa vita. Il dovere del cittadino si assolve attraverso la prestazione del servizio militare (reclutamento obbligatorio), è stata ammessa l’obiezione di coscienza cioè “di essere contrario in ogni circostanza all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza”. L’art. 52, 3° comma parla del metodo democratico nell’ordinamento delle Forze armate.
Il dovere tributario. Lo Statuto del contribuente
L’art. 53 dispone che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva a criteri di progressività (uguaglianza sostanziale: art.3 comma 2) che si contrappone a quello della proporzionalità. Esiste un’autorità Garante del contribuente.
L’ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA
Concetto di “forma di governo”
Questo concetto non può confondersi con quello di “forma di Stato”. Mentre infatti la forma di Stato indica il tipo di rapporti che si instaura fra gli elementi costitutivi dello Stato (popolo, nazione, territorio), con l’espressione forma di governo si indica il diverso assetto che si instaura fra gli organi titolari della potestà suprema (potere legislativo, esecutivo, giudiziario) e segnatamente fra capo dello Stato, governo, parlamento e ordine giudiziario.
Cenni sulle forme di Stato: (in ordine temporale)
Stato Assoluto: il potere era accentrato nelle mani del sovrano. Termina con l’ascesa della borghesia, il crollo della legittimazione divina e la crisi di fiscalità.
Stato liberale: costituzionale, rappresentativo, stato di diritto (tutti sono sottoposti alla legge), minimo (garantisce solo la giustizia, l’ordine pubblico e la difesa), basato sull’eguaglianza formale, è censitario (diritto di voto in base alla ricchezza), criteri fiscali basati sulla proporzionalità.
Stato totalitario: nasce dal fallimento dello stato liberale che non poteva contrastare le tensioni sociali e l’ordine scarso, intervenne in tutti gli aspetti della vita. Mentre negli stati fascista e nazista lo scopo era il controllo, nello Stato sovietico lo scopo era l’eliminazione finale dello Stato stesso.
Stato Democratico: welfare state: nasce con l’urbanizzazione e l’industrializzazione, dalle quali sorgono i problemi sociali. Vi è un forte intervento dello Stato nell’economia (uguaglianza sostanziale) per la tutela dei diritti sociali; criteri fiscali basati sulla progressività. E’ lo stato odierno in crisi: rischia di trasformarsi in uno Stato eccessivamente assistenzialista, questo infatti ha dato luogo a tentativi di federalismo.
Le forme di governo:
a) Il governo costituzionale puro
E’ caratterizzato da una rigida distinzione fra potere legislativo (formazione delle leggi) ed esecutivo (attività amministrativa). Il punto di equilibrio si trova nel sovrano che è capo dell’esecutivo, il cui esercizio, però, è attribuito al governo.
b) Il governo convenzionale o assembleare
Tutto il potere politico è concentrato nell’assemblea elettiva. Si accosta ad essa il solo governo “direttoriale” realizzato in Svizzera.
c) Il governo presidenziale
Stati Uniti d’America. Entrambi poteri, rappresentati da Congresso e Presidente traggono investitura e legittimazione direttamente dal popolo. Il potere legislativo spetta al Congresso composto dalla Camera dei rappresentanti e del Senato. A sua volta, il potere esecutivo, composto dal presidente federale e dai segretari di Stato liberamente scelti dal presidente, non dipende dal Congresso. Nella pratica il Presidente ha buone probabilità di realizzare i suoi programmi solo se gode del consenso congressuale che stanzia i fondi.
La variante semi – presidenziale
Repubblica francese. Il PR è eletto a suffragio universale ma c’è dipendenza dal Parlamento.
d) Il governo parlamentare. La “razionalizzazione” del parlamentarismo
Inghilterra (e Italia). Legislativo ed esecutivo sono corpi diversi, ma si condizionano reciprocamente, da un lato la fiducia di cui l’esecutivo deve godere da parte del legislativo e dall’altro il potere attribuito all’esecutivo di sciogliere il parlamento.
Il Parlamento
SEZIONE PRIMA: LA STRUTTURA
Monocameralismo e bicameralismo
Esiste il bicameralismo perfetto dove ci sono parità di posizione o l’imperfetto dove ci sono disparità, nel senso della preminenza di una delle Camere. Il costituente finì con lo scegliere il perfetto. I più importanti caratteri differenziali fra Camera e Senato dovevano essere:
a) il collegamento del Senato con l’ordinamento regionale;
b) la diversa età prescritta;
c) il minor numero di senatori;
d) la diversa durata della legislatura della Camera (5 anni) rispetto a quella del Senato (6 anni).
Composizione delle due Camere
Entrambe le Camere sono elette, oggi, dopo la riforma del 1963, per 5 anni e il periodo intercorrente fra l’elezione di una Camera e il suo scioglimento (anche se anticipato) viene denominato legislatura.
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto; il numero dei deputati è di 630 e sono eleggibili a deputato tutti i cittadini elettori che abbiano compiuto il 25° anno d’età nel giorno delle elezioni, sono elettori coloro che abbiano raggiunto il 18° anno d’età.
Il Senato è eletto “a base regionale” (vedi punto a); i senatori sono 315, sono eleggibili tutti i cittadini che abbiano compiuto il 40° anno d’età, mentre sono elettori coloro che abbiano compiuto il 25° anno d’età. Sono senatori di diritto a vita gli ex PR (art.59 Cost.). Il PR può nominare senatori a vita 5 cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti.
L’ineleggibilità è causa ostativa all’elezione. L’incompatibilità è quando si deve rinunciare ad altra carica, incompatibile, con quella parlamentare. Può dirsi che le situazioni di ineleggibilità sono dirette ad impedire conflitti di interesse o la possibilità di utilizzo di pubblici uffici per indirizzare o influenzare l’elettorato. Le cause di incompatibilità mirano invece ad evitare che il parlamentare possa essere distratto con altri incarichi.
I sistemi elettorali della Camera e del Senato
Nei sistemi uninominali il territorio è diviso in collegi e in ogni collegio si presenta un solo candidato per simbolo o gruppo politico.
Nei sistemi plurinominali i candidati sono raggruppati in liste e l’elettore sceglie non la persona ma la lista, pur potendo spesso esprimere una o più preferenze fra i candidati della lista votata.
Nei sistemi maggioritari il seggio (uninominale) o i seggi (plurinominale) sono attribuiti al candidato, o alla lista, che abbia riportato il maggior numero di voti.
Può succedere che chi abbia realmente raggiunto il maggior numero di voti a livello nazionale non ottenga la maggioranza in Parlamento.
Nei sistemi proporzionali sono necessariamente plurinominali, i seggi sono ripartiti fra le diverse liste in competizione in proporzione ai voti ottenuti (+ rappresentatività – governabilità).
La riforma del 1993 adotta tanto per la Camera quanto per il Senato un meccanismo di votazione a turno unico con attribuzione di tre quarti dei seggi con sistema maggioritario e del restante quarto con sistema proporzionale. L’adozione del testo unico rende necessarie alleanze. E’ stata introdotta una clausola di sbarramento, fissata nel 4% per la quale le liste che non raggiungono tale limite non acquistano il diritto di partecipare alla ripartizione dei seggi della quota proporzionale.
Chi ottiene più voti nel maggioritario subisce detrazioni nel proporzionale (scorporo).
Sistema maggiority: è necessario per comandare ricevere il 50% dei voti + 1.
Sistema plurality: è sufficiente avere più voti del secondo.
Posizione giuridica dei membri del Parlamento. Prerogative e immunità J
La posizione giuridica dei membri del Parlamento è disciplinata dalla Cost. in due articoli, il 67 (senza vincolo di mandato cioè non deve sottostare al partito) e il 68 (immunità o insindacabilità parlamentare: non è perseguibile nemmeno in caso di dibattiti politici pubblici in TV e nemmeno quando cessa le proprie funzioni).
Nel nostro ordinamento c’é l’inammissibilità di provvedimenti che incidano sullo status del parlamentare in relazione alle decisioni da lui assunte, questo non esclude la possibilità di provvedimenti disciplinari senza conseguenze sulla posizione in Parlamento. L’immunità si fonda sulla necessità di garantire l’indipendenza dei singoli parlamentari e la piena capacità di funzionare delle assemblee rappresentative. In caso di reati comuni esiste la protezione del parlamentare dall’autorità giudiziaria.
La riforma dell’art. 68 ha escluso la necessità dell’autorizzazione a procedere nei confronti dei parlamentari. E’ anche ammesso l’arresto del parlamentare che sia stato colpito da sentenza irrevocabile di condanna. La Corte costituzionale interpreta restrittivamente il compimento di atti o l’espressione di opinioni da parte del parlamentare “nell’esercizio delle funzioni”, richiedendo, per far valere l’immunità, un nesso funzionale fra atti o dichiarazioni contestate ed esercizio delle funzioni.
SEZIONE SECONDA: L’ORGANIZZAZIONE
I regolamenti parlamentari
L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLE Camere è in parte disciplinata dalla stessa Cost. ed in parte dai regolamenti parlamentari cui la Cost. rinvia. L’art. 72 Cost. riserva ai regolamenti delle Camere la disciplina del procedimento legislativo (regolamenti legislativi). I regolamenti delle Camere prescrivono la loro pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale”.
Organizzazione interna e funzionamento delle Camere
I presidenti e gli uffici di presidenza sono eletti dalla Camera fra i propri componenti. Il presidente del Senato esercita le funzioni del capo dello Stato quando questi non possa adempierle per motivi di salute o viaggi all’estero (art. 86) mentre spetta al presidente della Camera il potere – dovere di convocare il Parlamento per l’elezione del nuovo capo dello Stato. I deputati e i senatori debbono aderire ad un gruppo. Può accadere che uno o più parlamentari non intendano aderire a nessuno dei gruppi e in questo caso verranno iscritti al gruppo misto. Ci sono le Giunte (per le immunità parlamentari, le elezioni e per il regolamento), le Commissioni permanenti (in cui vi deve essere un rapporto proporzionale dei singoli gruppi), le bicamerali (per questioni regionali e per lo stato di accusa del PR). Il mandato delle Camere si denomina “legislatura” e la sua durata è di 5 anni. Le sedute delle Camere possono essere ordinarie o straordinarie. Per la validità delle sedute dei collegi ci vuole la presenza almeno della metà più uno del collegio, cioè il “quorum strutturale”. Le deliberazioni di ciascuna Camera “non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti” (art. 64).
Le votazioni a scrutinio palese avvengono per alzata di mano, per divisione o per appello nominale.
Le votazioni a scrutinio segreto avvengono per pallina bianca o nera (ovvero con apposite schede).
Il regolamento del Senato prevede l’utilizzazione del procedimento elettronico nelle votazioni a scrutinio segreto.
Il Parlamento in seduta comune delle due Camere
L’art. 55 aggiunge che il Parlamento può riunirsi anche “in seduta comune dei membri delle due Camere”. Il Parlamento in seduta comune è l’eccezione, mentre la regola è il lavoro parlamentare svolto singolarmente dalle due Camere. Il presidente e l’ufficio di presidenza e il regolamento del Parlamento in seduta comune sono quelli della Camera dei deputati.
SEZIONE TERZA: LE FUNZIONI
- – La funzione legislativa
L’iniziativa legislativa
La funzione preminente delle Camere è quella legislativa.
La presentazione dei disegni di legge da parta del Governo dà luogo a:
a) presentazione di uno schema di disegno di legge da parte di uno o più ministri;
b) deliberazione del disegno di legge da parte del Consiglio dei ministri;
c) autorizzazione da parte del PR alla presentazione del disegno;
d) presentazione a una delle Camere del disegno di legge accompagnato dal decreto presidenziale di autorizzazione.
Ogni deputato e ogni senatore può presentare proposte di legge e di iniziativa parlamentare. Le proposte di legge provenienti dal popolo debbono essere sottoscritte da almeno 50 mila elettori per la Camera dei deputati. L’iniziativa regionale è prevista dall’art. 121 Cost. che ne attribuisce l’esercizio ai Consigli regionali. L’iniziativa legislativa spetta ai Comuni nel caso di mutamento di circoscrizioni provinciali o di istituzioni di nuove province nell’ambito di una stessa Regione.
Le 3 fasi della presentazione delle leggi sono:
1. Iniziativa: secondo l’art. 71 Cost. l’iniziativa spetta a ciascun parlamentare, come già detto, al Governo (più importante), i Consigli ed agli organi ausiliari quali il CNEL.
2. Approvazione articolo per articolo
3. Approvazione generale
L’approvazione della legge
Ai sensi dell’art. 70 Cost., la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere, e l’art. 72 precisa che ogni disegno di legge è esaminato in ciascuna Camera da una Commissione e poi dall’Assemblea plenaria che l’approva articolo per articolo e poi con votazione finale.
La stessa commissione (il passaggio in commissione è obbligatorio se esse sono permanenti) può riunirsi in 3 modi per l’approvazione della legge:
1. sede referente: giudica la validità del progetto (procedimento ordinario) e lo presenta al Parlamento che lo esamina e lo approva.
2. sede redigente: fissa definitivamente il testo della legge, riservando all’Assemblea l’approvazione senza dichiarazioni di voto dei singoli articoli nonché l’approvazione finale.
3. sede deliberante: il testo è già definitivo e non deve passare dalle Camere (procedimento rapido).
Ogni progetto di legge, per divenire legge perfetta, deve essere approvato nell’identico testo da entrambe le Camere. Non sono previste procedure mediatrici per superare eventuali contrasti fra le due Assemblee.
La seconda Camera può non passare all’esame il progetto (cioè “lo insabbia”), può respingerlo o modificarlo. Questi passaggi vengono definiti “navette”, si concludono o con l’accordo delle Camere sullo stesso testo o con la reiezione del progetto.
La promulgazione della legge. L’eventuale rinvio alle Camere
Approvata dalle due Camere nello stesso testo, non è però ancora in grado di produrre effetti, segue la pubblicazione e la “vacatio legis”. Qualora le Camere ne dichiarino l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilita (art. 73 Cost.). Il PR può rinviare la legge alle Camere, ovvero ha diritto di veto (art. 74) in quanto Garante della Costituzione. Questo rinvio con richiesta di riesame è l’unico strumento che il capo dello Stato ha per intervenire nel procedimento legislativo. Qualora la legge sia riapprovata essa deve essere promulgata.
La pubblicazione e l’entrata in vigore della legge
La legge, ancorché promulgata, non entra ancora in vigore. Essa deve essere conosciuta. La pubblicazione prescritta per la legge dall’art. 73 Cost. si concreta nell’inserzione nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana nonché nella pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica. Pubblicata in quest’ultima la legge entra in vigore nel 15° giorno successivo a tale pubblicazione. Il periodo di tempo intercorrente fra pubblicazione e vigenza della legge viene definito “vacatio legis”.
B. – La funzione di controllo
Gli strumenti del controllo parlamentare
Rapporto fiduciario fra Parlamento e Governo.
L’interrogazione è un atto non legislativo, cioè una semplice domanda, rivolta per iscritto, per sapere se un fatto non ancora noto sia vero.
L’interpellanza consiste nella domanda, rivolta per iscritto, per conoscere gli intendimenti della condotta del Governo su fatti noti (ad esempio come intende intervenire su un’alluvione).
Con la risoluzione vengono manifestati orientamenti su specifici argomenti (consiste cioè nella risposta del Governo sulle questione domandate)
La mozione promuove una deliberazione dell’Assemblea su un determinato argomento; si distingue da interrogazioni e da interpellanze per tre aspetti: si apre una discussione generale, possono essere presentati emendamenti, l’Assemblea si esprime mediante votazione.
Infine nell’ambito dell’attività di controllo delle Camere rientrano anche le Commissioni d’inchiesta (art. 82) che possono avere un contenuto conoscitivo o ispettivo. Ciascuna Camera può nominare fra i propri componenti una Commissione in proporzione fra i vari gruppi con le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Le commissioni d’inchiesta possono essere istituite separatamente da ognuna delle due Camere o da entrambe le Camere congiuntamente. I gruppi non possono adottare deliberazioni o provvedimenti, ma debbono riferire alla Camera. Sarà poi la Camera ad assumere le decisioni conseguenti.
C. – La funzione di indirizzo
Le leggi di autorizzazione e di approvazione. La legge di bilancio
Gli atti di indirizzo sono anche considerate le leggi di autorizzazione e di approvazione.
Art. 81: Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a 4 mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese (art. 81 comma 3). Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
Il Governo deve presentare alle Camere:
a) entro il 15 maggio il documento di programmazione economico – finanziario, da trasmettersi anche alle Regioni (detto DPEF)
b) entro il 31 luglio il disegno di legge di approvazione del bilancio annuale e del bilancio pluriennale a legislazione vigente, da trasmettersi anche alle Regioni;
c) entro il 30 settembre il disegno di legge finanziaria, la relazione revisionale e programmatica, il bilancio pluriennale programmatico, i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale.
La legge di approvazione del bilancio non può essere deliberata dalle Commissioni in sede legislativa, essendo espressamente prevista, per essa, la riserva di Assemblea (art. 72 Cost.) pur essendosi ritenuto, opportunamente, di prevedere procedure accelerate che si sono in effetti realizzate con la istituzione, dapprima alla Camera e poi anche al Senato, di un apposita “sessione di bilancio”.
Qualora la legge di bilancio non sia approvata entro il 31 dicembre dell’anno che precede quello al quale si riferisce, la Cost. ammette la possibilità di concessione dell’esercizio provvisorio del bilancio (scadendo dunque, più tardi, il 30 aprile).
L’approvazione del rendiconto consuntivo dello Stato
Le Camere debbono approvare annualmente anche il rendiconto consuntivo presentato dal Governo che contiene i risultati della gestione finanziaria dell’anno trascorso e si compone di due documenti, il conto del bilancio e il conto generale del patrimonio a valore, esaminati dalla Corte dei conti.
D. – Le funzioni del Parlamento in seduta comune
I casi di riunione del Parlamento in seduta comune previsti dalla Costituzione
Le sedute del Parlamento a Camere riunite sono:
a) di natura elettorale (per eleggere il PR, art. 83)
b) di natura processuale penale (art. 90: stato di accusa per alto tradimento o per attentato alla Cost. da parte del PR);
c) di accertamento (art. 91: giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza alla Cost. del PR).
Il Presidente della Repubblica (dall’art. 83 al 91)
La posizione del capo dello Stato nell’ordinamento costituzionale
Il capo dello Stato può rivestire la carica per diritto ereditario o per elezione, questa distinzione serve soprattutto a distinguere le monarchie dalle repubbliche. Il PR, non più “capo dell’esecutivo”, è fornito di poteri mediatori e di intervento, nelle ipotesi di crisi del sistema, di grande rilievo.
SEZIONE PRIMA: LA STRUTTURA
L’elezione del Presidente della Repubblica
E’ eletto da uno speciale collegio, cioè dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri, integrato da tre delegati per ogni Regione. La convocazione del collegio per procedere all’elezione del PR spetta al presidente della Camera dei deputati, che deve provvedervi 30 giorni prima che scada il termine di durata del mandato del presidente in carica. Se però le Camere sono sciolte o manca meno di 3 mesi alla loro cessazione, l’elezione ha luogo entro 15 giorni dalla riunione delle nuove Camere. In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del PR, la convocazione del Parlamento integrato dai delegati regionali ha luogo entro 15 giorni dal verificarsi dell’evento, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manchi meni di tre mesi alla loro cessazione. Il Parlamento in seduta comune, integrato dai delegati regionali, è presieduto dal presidente della Camera e si applica il regolamento di essa. L’elezione del PR ha luogo a scrutinio segreto. Risulta eletto chi consegua il voto dei due terzi dei componenti (maggioranza qualificata) dell’Assemblea. Qualora nessuno ottenga un tale risultato, si procede ad una seconda ed eventualmente ad una terza nelle quali è sempre richiesta la maggioranza dei due terzi dell’Assemblea. Soltanto a partire dal quarto scrutinio è dichiarato eletto chi consegua la maggioranza assoluta. L’ufficio del PR è incompatibile con qualsiasi altra carica (art. 84 Cost.).
L’assunzione e la cessazione della carica di PR
Il PR deve prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Cost. dinanzi al Parlamento in seduta comune (art. 91 Cost.).
La cessazione della carica può avvenire:
– per fine di mandato: il PR dura in carica 7 anni ed è rieleggibile senza limiti, sebbene ormai sia vietato dalla consuetudine. Alla cessazione dalla carica il PR diviene senatore di diritto a vita (art. 59 Cost.).
– per destituzione (alto tradimento e attentato alla Cost.)
– per dimissioni (l’atto di dimissione va controfirmato)
– per impedimento permanente (malattia grave)
– in caso di morte del PR, il presidente del Senato eserciterà le funzioni del PR e il presidente della Camera indirà, entro 15 giorni dall’evento luttuoso, l’elezione del nuovo PR (art. 86).
La sostituzione temporanea del PR
Se l’impedimento permanente è determinato da ragioni di salute e ci sarà l’elezione del nuovo PR.
Per quanto riguarda l’impedimento temporaneo, la nostra Cost. esclude comunque l’istituto della delega delle funzioni presidenziali sicché l’impedimento risulta non da decisione personale del PR; ci sono due soluzioni opposte: la prima è che si fa luogo a supplenza cioè qualora il PR ritenga di non poter esercitare pienamente i suoi poteri, viene emanato un decreto con il quale si dà atto della assunzione della supplenza da parte del presidente del Senato, per la durata del viaggio etc. La seconda è l’ipotesi da malattia dove si deve utilizzare la procedura di accertamento e in questo caso il presidente del Senato acquista immediatamente l’esercizio delle funzioni presidenziali.
SEZIONE SECONDA: LE FUNZIONI
Le funzioni del capo dello Stato nell’ordinamento internazionale
a) rappresenta lo Stato nei rapporti internazionali;
b) accredita e riceve i rappresentanti diplomatici;
c) ratifica i trattati previa l’autorizzazione delle Camere;
d) dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere (art. 78), l’unica guerra legittima è la difensiva (art. 11).
Il PR svolge la maggior parte delle proprie funzioni mediante atti che non han valore se non controfirmati.
a) La presidenza di organi collegiali
Spetta al PR la presidenza del Consiglio supremo di difesa (essendo comandante delle Forze Armate) e del Consiglio superiore della magistratura (C.S.M.).
Le funzioni del capo dello Stato nell’ordinamento interno: b) gli atti di indirizzo governativo
Si tratta di atti adottati su proposta del ministro o dei ministri competenti (art. 89 Cost.: istituto della controfirma ministeriale). Tali atti vengono definiti anche come atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente governativi, in quanto il contenuto è determinato dal Governo, firmato dal PR e controfirmato dal ministro che si assume la responsabilità, quindi l’unica funzione del Presidente in questi casi è di controllo costituzionale.
Fra gli atti presidenziali che sono preceduti da una proposta governativa sono da annoverarsi atti esecutivi di prescrizioni costituzionali, quali la promulgazione delle leggi, l’indizione delle elezioni politiche, l’indizione dei referendum popolari.
c) Gli atti di indirizzo presidenziale. Valutazioni generali
Anche qui vi è la firma del PR e la controfirma del ministro (infatti sono formalmente identici agli atti governativi), ma la responsabilità politica ricade sul Presidente mentre il ministro, al contrario di prima, svolge una funzione di controllo.
In particolare: α) la nomina del presidente del Consiglio dei ministri e l’accettazione delle dimissioni del Governo
Possono riguardare i rapporti con il Governo, o con le Camere, oppure alcune nomine di particolare rilievo. Spetta al PR nominare il presidente del Consiglio dei ministri. Con questa nomina si conclude la fase preparatoria nel procedimento formativo del Governo e si fa luogo alla fase costitutiva che consta, appunto, della nomina del presidente del Consiglio e, su proposta di questo, dei ministri. Spetta al PR accettare le dimissioni del Governo (in caso di sfiducia o morte del presidente del Coniglio).
Segue: β) l’invio di messaggi alle Camere e il potere di esternazione
Ai sensi dell’art. 87 Cost., il PR può inviare messaggi alle Camere. Il Governo può infatti parlare alle Camere quando e come vuole e la Cost. esplicitamente statuisce che i membri del Governo “debbono essere sentiti ogni volta che lo richiedono”. (Art. 64)
Il PR gode della libertà di manifestare il suo pensiero, in base all’art. 21 Cost. che infatti garantisce tale libertà a tutti, senza esclusioni. Le valutazioni che il PR può esprimere possono esser dirette alle Camere ma anche ad altre istituzioni costituzionali e al Paese. Le esternazioni presidenziali non coinvolgono la responsabilità del Governo. Nelle questioni che rientrano nella competenza del Governo e del Parlamento il PR non ha titolo di ingerirsi, sarebbe costituzionalmente inammissibile un coinvolgimento nell’indirizzo politico dinnanzi alle Camere, ai sensi degli art. 89 e 90.
Segue: γ) il rinvio delle leggi alle Camere per una seconda deliberazione
Il PR può rinviare alle Camere per una seconda deliberazione le leggi che gli sono state trasmesse per la promulgazione. Il PR deve avere il potere di richiamare le Camere a una più attenta valutazione delle leggi approvate (vedi l’approvazione della legge).
Segue: δ) lo scioglimento delle Camere
E’ definito anche come atto complesso, in quanto il contenuto è voluto sia dal ministro sia dal PR.
Il potere più rilevante che la Cost. attribuisce al PR nei rapporti con le Camere è la possibilità di sciogliere le Camere stesse o anche una sola di esse (art. 88 Cost.). Per esempio nel 1992 è stato il frutto di un periodo di contrasti. Lo scioglimento è definito “successivo” quando viene disposto a seguito della sfiducia votata nei confronti del Governo; “anticipato” quando il Governo si dimette ancor prima della mozione di sfiducia, accorgendosi delle tendenze parlamentari.
Art. 88 Cost.: il PR prima di disporre lo scioglimento deve consultare i presidenti delle due Camere (sebbene il loro parere non sia vincolante) e non può procedere a scioglimento negli ultimi sei mesi del suo mandato (semestre bianco: evita che si sciolgano le Camere solo allo scopo di nominare un Parlmento favorevole alla sua rielezione; questo quando ancora non c’era la consuetudine della non rielezione); il 2° comma ammette che il PR possa scegliere le Camere quando gli ultimi sei mesi del suo mandato “coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”, per evitare che il Parlamento prima delle elezioni abbia una fase di stallo. La Cost. ne disciplina la procedura ma non specifica i motivi dello scioglimento.
Segue: ε) la nomina di giudici costituzionali e di senatori a vita
Spetta al PR nominare un terzo dei giudici della Corte costituzionale (cioè 5, la durata dei giudici è 9 anni), può nominare 5 senatori a vita (art. 59 Cost.).
La nomina di otto componenti del C.N.E.L. (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro) e del Segretario generale della presidenza della Repubblica
Il PR nomina otto componenti del C.N.E.L. dei dodici membri scelti fra qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica. Nomina il Segretario generale della Repubblica, organo avente funzioni esclusivamente amministrative.
Altri atti del Presidente della Repubblica
Non sono di proposta governativa. Sono la concessione delle onorificenze della Repubblica, la grazia e la commutazione delle pene. Oggi, dopo la revisione dell’art. 79 Cost., che attribuisce direttamente alle Camere la concessione dell’amnistia e dell’indulto, spetta al PR solo il potere di grazia.
SEZIONE TERZA: LA RESPONSABILITA’
In generale
Il PR risponde, al pari di ogni cittadino, delle proprie azioni in ogni sede, civile, penale, amministrativa.
La controriforma dei ministri e la responsabilità del Presidente
Secondo l’art. 89 Cost. nessun atto del PR è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità (istituto della controfirma ministeriale). Per gli atti di indirizzo presidenziale la situazione è diversa, il contenuto dell’atto è voluto e deciso dal PR. Per gli atti adottati dal Governo, la firma del PR indica l’esercizio di un’attività di controllo.
La messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica e il giudizio dinanzi alla Corte costituzionale. Rinvio
La responsabilità penale del PR (art. 90) è di alto tradimento o di attentato alla Cost. La competenza a porre il PR in stato d’accusa è del Parlamento in seduta comune; quella di giudicare il presidente posto in stato d’accusa è della Corte costituzionale.
Il Governo e la Pubblica Amministrazione
SEZIONE PRIMA: LA STRUTTURA
Il Governo come Governo della Repubblica. Valutazioni generali. Il “Consiglio di Gabinetto”
Il Governo della Repubblica “è composto dal presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono, insieme, il Consiglio dei ministri”.
Gli organi del Governo:
a) non possono mancare il presidente del Consiglio e il Consiglio dei ministri. Il numero dei ministri è indeterminato;
b) l’unico organo collegiale di Governo è il Consiglio dei ministri.
La Cost. ha voluto indicare esplicitamente tutti gli organi di Governo, evitando di rimettersi alla consuetudine. Questo non esclude la possibilità di nominare un Consiglio di gabinetto avente funzioni istruttorie o di ausilio del presidente del Consiglio che non può assumere deliberazioni.
Nel 2001 è stata istituita la figura di “vice – ministro”, tale titolo può essere attribuito a non più di dieci sottosegretari per particolari settori che possono partecipare, se invitati dal presidente, a riunioni del Consiglio dei ministri, senza diritto di voto. Anche i vice – ministri sono privi di rilevanza costituzionale, in pratica sono persone mangiasoldi ed inutili cosiddetti “squaquaraqua!”.
Il procedimento formativo del Governo
L’art. 93 Cost. dispone che il presidente del Consiglio e i ministri, prima di assumere le funzioni, debbono prestare giuramento nelle mani del PR. Il procedimento formativo segue queste fasi:
a) istruttoria, nella quale il PR procede alle cosiddette consultazioni per ascoltare le indicazioni delle massime cariche della Repubblica e dei presidenti dei gruppi parlamentari, oggi di ben minore utilità;
b) in passato il PR conferiva spesso missioni esplorative o preincarichi, anche questa pratica è da considerarsi superata;
c) il PR conferisce alla personalità prescelta l’incarico di formare il nuovo Governo. Una volta scelto gode di una posizione giuridica autonoma, a lui spettando definire la politica del Governo da costituire, e da sottoporre al voto di fiducia delle Camere e la lista dei ministri da proporre al PR; vedi art. 92 comma 2.
d) la personalità prescelta prepara la lista dei ministri e quindi sottopone al PR il quale nomina l’incaricato presidente del Consiglio dei ministri e quindi, su sua proposta, i ministri del nuovo Governo. Il margine di scelta del PR ad oggi è molto limitato perchè dal ’94 in poi le coalizioni hanno indicato precedentemente chi sarebbe stato il Premier qualora essa avesse vinto (sebbene non vi sia stata una modifica formale della legge). I ministri con portafoglio sono 14 e possono aggiungersi ministri “senza portafoglio” cioè con competenze politiche;
e) il presidente del Consiglio e i ministri prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Cost (soltanto dopo vi è il giudizio sulla fiducia).
Altri organi di governo
Particolare rilevanza va riconosciuta ai sottosegretari di Stato, sono nominati con decreto del PR su proposta del presidente del Consiglio, hanno il compito generale di coordinare il ministro, possono anche intervenire alle sedute delle Camere e delle commissioni parlamentari. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio svolge le funzioni di segretario del Consiglio dei ministri.
La legge prevede la possibilità di nominare Commissari straordinari del Governo al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi, la nomina è disposta con decreto del PR. I Comitati interministeriali, invece, hanno compiti settorialmente limitati.
SEZIONE SECONDA: LE FUNZIONI
La politica generale del Governo
L’attività di governo spetta al Consiglio dei Ministri ma con la concessione e con la revoca della fiducia. Spetta alle Camere approvare o respingere le proposte di legge.
Indirizzo politico e indirizzo amministrativo
L’art. 95 Cost. assegna al presidente del Consiglio il compito di mantenere l’unità della politica generale del Governo (indirizzo politico ed amministrativo). L’indirizzo politico si concreta nella mozione motivata con la quale le Camere concedono la fiducia al Governo. L’attività amministrativa va rimessa alle scelte generali del Governo.
Le funzioni normative del Governo (art. 76-77 Cost.)
Il Governo non dovrebbe fare le leggi, nella pratica possono verificarsi necessarie eccezioni. La delegazione legislativa comporta il trasferimento dell’esercizio del potere legislativo dalle Camere al Governo e di quelle nelle quali situazioni straordinarie di necessità ed urgenza rendono necessario un intervento di grado legislativo del Governo. I decreti legislativi e i decreti – legge sono gli atti in cui si concretano le due accennate situazioni. Spetta al potere esecutivo emanare norme, dette regolamentari, con le quali vengono completati e/o eseguiti i provvedimenti. L’iniziativa governativa è quella che ha più possibilità di trasformarsi in legge. I decreti sono atti aventi forza di legge mentre i regolamenti sono ad essa subordinati.
Decreto legislativo (art. 76): la Camera delega la funzione legislativa al Governo indicando i principi cui attenersi. Vi è un controllo preventivo. Tendenzialmente si esprime su materie tecniche (sanità, codice penale etc.) perché si ritiene che i ministeri abbiano più competenza al riguardo.
Decreto legge (art. 77): il Governo, su propria iniziativa, prende provvedimenti provvisori con forza di legge entrano in vigore immediatamente ma sono nulli se non convertiti entro 60 giorni (non come in periodo fascista dove il termine era 2 anni e non perdevano efficacia). Esistono però effetti irreversibili di fatto (ad esempio: è impossibile risarcire una tassa a tutti gli automobilisti) ed allora le Camere possono intervenire per equità. La legge di conversione può prevedere degli emendamenti (modifiche) ed ha, di norma, efficacia futura. Vi è un controllo successivo: prima il Governo adotta il provvedimento poi chiede al Parlamento la conversione. Si adottano in casi straordinari di necessità ed urgenza (classico esempio: catastrofe naturale) per evitare le lunghe discussioni parlamentari. La Corte ha espresso il proprio parere in merito all’urgenza affermando che non è suo compito giudicarla (a meno che non vi sia una clamorosa mancanza).
Ogni qualvolta si adottano dei decreti si ha meno controllo da parte dell’opposizione perché si saltano le discussioni camerali, per questo, secondo l’interpretazione attuale, esistono delle materie che la Cost. riserva alla legge formale, ossia solo al Parlamento (sono quegli articoli che iniziano, ad esempio, con “Le Camere regolano con legge…”):
– sulle materie previste dall’art. 72 Cost: riforme cost., elettorale, di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
– sulle leggi dissanatorie (art. 77 ultimo comma), cioè sui “decreti non convertiti”.
– non può riproporre decreti respinti dal Parlamento (divieto di reiterazione). La Corte Cost. ha precisato che la reiterazione non è valida neanche se il Parlamento si è semplicemente astenuto dal giudicare.
I regolamenti
La differenza coi decreti è che sono fonti secondarie. La legge pone dei principi fondamentali mentre i regolamenti danno attuazione specifica agli aspetti pratici. Sono sottoposti al controllo della Corte dei Conti. Si dividono in:
– Regolamenti di esecuzione: ampliano il contenuto di una legge rendendolo specifico.
– Di attuazione: intervengono qualora la legge lo abbia espressamente richiesto.
– Di organizzazione: per organizzare gli uffici pubblici e governativi
– Indipendenti o autonomi: possono intervenire solo se la Cost. o la legge non regolino già la materia. Sono rari in quanto rara è l’eventualità di assenza di legge in una materia.
– Ministeriali: ovviamente sono fatte dai singoli ministri, devono essere autorizzati con legge e non possono essere in contrasto coi regolamenti governativi.
– DELEGATI: sono stati introdotti per delegificare l’ordinamento (togliere lavoro alle Camere). Il Parlamento delega al Governo la regolamentazione e l’abrogazione o la deroga (modifica) delle norme preesistenti ponendo dei principi ai quali si deve attenere (nel frattempo la legge resta in vigore per consentire un certo margine di tempo per la manovra).
Principi e criteri delle direttive:
Il Parlamento deve indicare un termine ed i criteri su come redigere una riforma governativa. Spesso può anche obbligare il Governo ad ascoltare pareri (dell’autorità Garante, tecnici etc.). I provvedimenti sono in seguito emanati con decreto del PR (si ritiene che anche qui egli abbia potere di veto, per ovviare al problema del minor controllo dell’opposizione su tali direttive).
Le funzioni dei singoli organi del Governo
a) il Consiglio dei ministri decide la politica generale del Governo (art. 95);
b) il presidente del Consiglio dei ministri è l’organo individuale di maggior rilevanza nell’ambito del Governo, dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile, mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo;
c) i vice – presidenti del Consiglio suppliscono il presidente in caso di assenza o impedimento temporaneo. In mancanza del vice – presidente tale supplenza spetta al ministro più anziano di età;
d) i ministri contribuiscono a decidere la politica generale del Governo assicurando che vi si conformi ed hanno una serie di competenze amministrative;
e) i comitati interministeriali hanno competenze preparatorie settoriali;
f) i commissari straordinari del Governo hanno la funzione di realizzare specifici obiettivi ed anche la funzione temporanea di coordinamento operativo fra amministrazioni statali;
g) ai sottosegretari di Stato spetta di coadiuvare il ministro.
SEZIONE TERZA: LA RESPONSABILITA’ GOVERNATIVA. LE CRISI DI GOVERNO
La responsabilità del Governo e dei ministri in generale
I ministri possono essere responsabili in sede penale, civile (art. 28) o contabile.
La responsabilità politica del Governo e il rapporto fiduciario con le Camere
Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere (art. 94). L’instaurazione della fiducia deve avvenire mediante una votazione delle Camere su una apposita mozione motivata e votata per appello nominale. La Cost. fissa un termine entro il quale il Governo deve presentarsi alle Camere per chiedere la fiducia. Quanto all’appello nominale, ogni parlamentare assume pubblicamente le proprie responsabilità. L’art. 93 dispone che con il giuramento i ministri acquistano il diritto – dovere di esercitare le loro funzioni. La mancata fiducia non determina l’inefficacia dell’atto ma fa sorgere l’obbligo per il Governo di dimettersi. E’ dunque da ritenersi che il Governo, dopo aver prestato il giuramento, possa esercitare tutte le funzioni.
LA CADUTA DEL GOVERNO
La permanenza della fiducia si presume e la sua messa in causa può ottenersi mediante apposito voto di una Camera su una mozione di sfiducia (art. 94). La mozione di sfiducia deve essere motivata, sottoscritta da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere posta in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione (questo per imporre un momento di riflessione e per prevenire i cosiddetti “assalti alla diligenza”, ovvero evitare che, in un giorno di assenza dei membri della maggioranza, la minoranza possa far cadere il Governo), deve essere votata per appello nominale ed è necessaria la maggioranza assoluta (50%+1). Se la mozione è approvata, è l’ipotesi classica della crisi parlamentare. Nella realtà la regola è diventata la rottura della solidarietà fra le forze politiche di maggioranza per fatti avvenuti fuori dalle aule parlamentari, con conseguenti crisi di governo extraparlamentare.
Con la questione di fiducia è il Governo che chiede al Parlamento di votare su una propria legge che, se respinta (sebbene non previsto in Cost.) obbliga il Governo alle dimissioni (Prodi), se approvata però non è soggetta a modifiche.
Il Governo dimissionario
Se il Governo si è dimesso in seguito a una crisi parlamentare, non sembra possa continuare le proprie funzioni. Se le dimissioni sono state determinate da contrasti realizzatisi fuori del Parlamento, nulla impedisce da un punto di vista formale, la prosecuzione. Il PR si riserva di accettare le dimissioni chiedendo di restare in carica per l’ordinaria amministrazione. Sino ad oggi il PR non ha mai sciolto le Camere ma si è limitato a scegliere un nuovo premier. La crisi, infatti, può esservi anche con le dimissioni del primo ministro, non di un singolo ministro, per il quale la Corte Cost. ha ritenuto lecita una mozione di sfiducia individuale.
La responsabilità penale dei ministri
I ministri non godono di alcuna immunità. Secondo l’art. 96 Cost. i ministri sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria (in passato alla Corte Cost.). Il Parlamento può bloccare il giudizio con votazione a maggioranza assoluta qualora ritenga che il ministro abbia agito per scopi costituzionali. Nei confronti del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri non può essere disposta l’applicazione di pene accessorie che comportino la sospensione degli stessi dal loro ufficio. Le pene per reati ministeriali possono essere aumentate fino ad un terzo, sono quei reati commessi dai ministri “nell’esercizio delle loro funzioni”.
SEZIONE QUARTA: LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
L’attività amministrativa
Essa ha per oggetto la cura di interessi pubblici ed il soddisfacimento di esigenze sociali. Alcune funzioni della Pubblica amministrazione sono conservative (ricollegandosi ai principi dello Stato liberale come stato minimo: tutela dell’ordine interno ed esterno) altre hanno come obiettivo il benessere (Stato democratico-sociale: sanità, istruzione etc.). Le amministrazioni indipendenti non sono subordinate ai ministeri.
L’amministrazione si suddivide in:
- attiva (ad esempio in casi di esproprio art. 43)
- consultiva: è ausiliaria dell’attiva: dà pareri facoltativi o obbligatori (raramente vincolanti)
- di controllo: la differenza è sotto il profilo temporale, ovvero il parere è espresso dopo che l’atto è stato concluso (l’organo di controllo per eccellenza è la Corte dei Conti)
- vincolata: tutto è predeterminato dalla legge (ad es.: l’iscrizione scolastica)
- discrezionale: le legge fissa solo i principi fondamentali, spetta poi all’amministrazione valutare gli interessi in gioco (ad esempio: le giornate senza auto, le epidemie, i muri pericolanti etc.)
La discrezionalità tecnica: si basa non su interessi in gioco, ma su regole scientifico-tecniche. (ad es.: l’idoneità psico-fisica di un candidato ad un concorso o le valutazioni sulla tossicità di un prodotto)
Costituzione e pubblica Amministrazione.
La Cost. contiene almeno tre principi fondamentali: legalità, buon andamento e imparzialità.
a) Il principio di legalità
L’art. 23 stabilisce che nessuno può essere obbligato a prestazioni personali se non in base alla legge. L’art. 97 dispone che i pubblici uffici sono organizzati “secondo disposizioni di legge”. Il potere del Parlamento che risulta dall’art. 97 è un potere di indirizzo.
b) Il buon andamento della pubblica Amministrazione
L’organizzazione dei pubblici uffici deve essere finalizzata ad assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Mira ad assicurare l’efficienza (rapporto tra risorse impiegate e risultati), l’efficacia (corrispondenza tra gli obiettivi prefissati e raggiunti), la rapidità e la correttezza. Il controllo di gestione viene fatto da parte della Corte dei Conti. L’art. 28 stabilisce che i funzionari sono responsabili per gli atti compiuti, mentre il 113 statuisce che tutti gli atti della P.A. sono impugnabili di fronte al TAR.
c) L’imparzialità della pubblica Amministrazione
Prevede l’esaminazione di tutti gli interessi in gioco, dovendo perseguire però l’interesse pubblico.
Agli impieghi si accede mediante concorso: l’intendimento del costituente era di garantire l’indipendenza della pubblica Amministrazione da influenze politiche.
Gli atti amministrativi. I provvedimenti
L’atto amministrativo è una manifestazione di volontà, conoscenza o giudizio di un organo della P.A.spesso caratterizzato dalla esecutorietà senza necessità di una previa pronuncia giudiziaria.
I provvedimenti sono atti amministrativi con efficacia esternna che ampliano, restringono o modificano situazioni giuridiche preesistenti. Possono consistere anche in atti di diritto privato (ad esempio: anzichè far ricorso ad un esproprio si ricorre ad un contratto di locazione o vendita).
Distinzione fra meri atti e atti negoziali: i primi consistono in manifestazioni di giudizi, i secondi dovrebbero ricomprendere le manifestazioni di volontà della pubblica Amministrazione.
Elementi essenziali dell’atto amministrativo
La mancanza di un elemento essenziale determina la nullità dell’atto, la mancanza di un elemento eventuale può, al più, determinarne l’invalidità. Elementi essenziali (simile art. 1325 Cod Civ.):
- il soggetto deve essere un organo della pubblica Amministrazione, non un privato;
- l’oggetto deve essere possibile, lecito e determinato (per esempio il terreno espropriato);
- il contenuto è quanto l’atto dispone;
- la causa cioè lo scopo (la cui mancanza dei motivi, invece, determina soltanto l’annullabilità);
- la forma che è di regola scritta e deve illustrare le ragioni. Può essere non scritta (ad es.: semaforo)
Elementi eventuali dell’atto amministrativo
Si possono considerare clausole accessorie e sono:
- la condizione che è l’avvenimento futuro e incerto al cui verificarsi è subordinato l’inizio o la cessazione dell’efficacia dell’atto. Nel primo caso la condizione è sospensiva, nel secondo risolutiva;
- il termine che indica il momento a partire dal quale, o fino al quale, l’atto ha efficacia;
- il modo che è l’onere cui può essere assoggettato il destinatario dell’atto.
I comportamenti della pubblica Amministrazione. Il silenzio
L’inerzia dell’Amministrazione viene interpretata come atto di rifiuto o di accoglimento (più rari).
Il procedimento amministrativo
Sono atti preordinati all’emanazione di un provvedimento finale.
Le fasi sono le seguenti:
- Iniziativa o preparatoria: il procedimento può essere aperto d’ufficio (cioè dalla P.A.) o di parte (viene attivato da un soggetto che è il destinatario del provvedimento. Ad es.: una concessione)
- Costitutiva
- Integrativa
- Istruttoria: sopraluoghi, perizie, pareri (in alcuni casi obbligatori), conferenze di servizi (nei casi in cui differenti amministrzioni siano coinvolte, si procede alla convocazione dei loro rappresentanti per un esame contestuale simultaneo. Ha il vantaggio della celerità, poichè tutti i nulla osta vengono concessi in blocco, e della scelta qualitativa migliore sulle operazioni da svolgere)
La legge 241 del 1990 regola il procedimento amministrativo stabilendo dei principi generali:
- L’obbligo di comunicare l’avvio del provvedimento al privato entro 30 giorni (salvo casi d’urgenza) e questo gli consente di intervenire nella fase iniziativa;
- L’obbligo di nominare un responsabile del procedimento;
- Il diritto di accedere ai documenti per tutti i soggetti che ne abbiano interesse (prima dell’entrata in vigore della legge erano segreti). Ad esempio: l’apertura di una discarica o di un areoporto non interessa soltanto il proprietario del terreno espropriato per costruirlo, ma anche tutti i vicini.
- La notifica cioè l’atto che porta i destinatari a conoscenza dell’atto amministrativo.
- La pubblicazione, invece, è prevista nei casi in cui sia indirizzato alla collettività.
I possibili vizi dell’atto amministrativo
Vizio di legittimità: vi è un contrasto tra atto e ordinamento giuridico, consiste cioè nella difformità dell’atto da una norma legislativa o regolamentare. Essi sono oggetto di censura del giudice. Tale vizio può comportare:
- nullità: non è sanabile. E’ il caso della mancanza di un elemento essenziale o della incompetenza assoluta dell’autorità che ha emesso l’atto. Sono esperibili senza limiti di tempo, ovvero la tutela giurisdizionale non ha decadenza.
- annullabilità: (L’art. 113 impedisce la limitazione o l’esclusione della tutela giurisdizionale dei cittadini contro gli atti illegittimi dell’Amministrazione “a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti”.)
Un atto si può annullare entro 60 gg. L’annullabilità è oggi identificata, prevalentemente, in un vizio della causa. Si ha in 3 casi:
– incompetenza relativa: l’organo che ha emesso l’atto è competente, ma non di grado (ad esempio: una decisione presa dal prefetto anzichè dal ministro).
– violazione di legge: qualora l’atto non ripeta il contenuto o di disposizioni normative che regolano il procedimento o sia in contrasto con la legge.
– eccesso di potere: si ha quando un atto sebbene conforme alla legge, sia stato esercitato scorrettamente. Si ha eccesso di potere nei seguenti casi:
* non corrispondenza fra l’atto e le finalità da perseguire
* sviamento di potere: se l’attività si è svolta per perseguire interessi differenti da quelli che avrebbe dovuto perseguire (anche se pubblici)
* carenza o difetto d’istruttoria: se l’amministrazione ha deciso senza valutazioni opportune degli interessi in gioco
* travisazione dei fatti: falsa rappresentazione della realtà: supposizioni erronee
* contradditorietà estrinseca (tra provvedimenti: se sulla base di 2 identiche situazioni si hanno differenti riscontri con una disparità di trattamento), intrinseca (cioè all’interno dell’atto stesso. Ad esempio si elogia un impiegato e poi lo si sanziona) o contradditorietà della motivazione.
* violazione ingiustificata della prassi: qualora vengano violate le regole interne dell’organo per finalità non pubbliche
* ingiustizia manifesta: contrasto con principi di equità e imparzialità (ad esempio: licenziare un impiegato che ha avuto un incidente)
Vizio di merito: anche se conforme un atto può essere inopportuno, non rispondente all’interesse pubblico o violare una regola di buona amministrazione o di opportunità amministrativa. Di regola non è il giudice l’orano competente in questi casi. Comporta solo la annullabilità.
I vizi possono anche sopravvenire dopo l’avvenuta emanazione dell’atto.
I rimedi per l’eliminazione dei vizi
1. L’autotutela amministrativa: è la P.A. stessa che ha emanato l’atto ad eliminarli.
La scelta migliore, secondo il principio di conservazione (lo stesso che si adotta per giustificare le sentenze interpretative), è quella di eliminare i vizi conservando l’atto.
Questo accade in 3 casi:
- Ratifica: classico esempio è quello sull’incompetenza, dove l’autorità effettivamente competente sana il vizio appropriandosi dell’atto.
- Convalida: se manca un elemento essenziale e lo si integra successivamente (ad esempio non è stato ascoltato un parere obbligatorio e lo si richiede a cose fatte)
- Conversione: si ha nei casi in cui l’atto emanato non era del tutto corretto (se ad esempio è stato assunto qualcuno senza concorso si trasforma il suo contratto da indeterminato a tempo determinato)
2. Ricorsi per l’eliminazione:
- Annullamento d’ufficio: scatta se si ha un vizio di legittimità insanabile; se deve essere motivato qualora sia trascorso un lasso di tempo considerevole (anni)
- Revoca: il risultato è identico: la nullità, però si ha in caso di vizi di merito (l’atto è legittimo ma non ha più interesse pubblico o è divenuto inopportuno)
- Ricorsi amministrativi: 1. Ricorso in opposizione: viene portato all’autorità stessa che ha emesso l’atto. 2. Ricorso gerarchico: viene portato all’attenzione di un’autorità ad essa superiore. 3. Ricorso straordinario al capo dello Stato: è alternativo ai primi due ricorsi, può essere richiesto (entro 120 giorni anzichè entro 30) soltanto per vizi di legittimità e qualora non abbia successo si può comunque richiedere l’annullamento in sede giurisdizionale (di fronte al TAR).
3. Rimedi giurisdizionali: giudice, TAR, Consiglio di Stato, Cassazione.
Se è stato leso un diritto soggettivo (tra privati) o un interesse legittimo (privati e P.A.) si può far ricorso entro 60 giorni. Per interesse legittimo (oggi risarcibile) si intende un interesse alla legalità dell’atto pubblico (ad es.: in caso d’espropriazione mediante atto illegale, il privato che subisce il provvedimento ha diritto di tutela, che consiste in una posizione giuridica di vantaggio su un bene che è oggetto del potere amministrativo).
Esistono però delle giurisdizioni esclusive, per le quali, su certe materie, è sempre competente un determinato organo a prescindere da quale interesse sia stato leso.
a) L’amministrazione diretta centrale. Le Agenzie
I ministeri sono gli uffici amministrativi di vertice. Le Agenzie (servizi sanitari regionali) svolgono attività a carattere tecnico – operativo.
b) L’amministrazione periferica
La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane. Questi uffici, corrispondenti alla ripartizione per materie dei ministeri, avevano sede nelle province e il loro coordinamento era operato dal prefetto, oggi le prefetture sono state trasformate in uffici territoriali del Governo.
c) L’amministrazione locale
Comuni e province.
a) Amministrazioni indipendenti
Tali organismi, sono forniti di personalità giuridica e non sono sottordinati né al Parlamento né al Governo, hanno competenze di controllo e di vigilanza ma non di amministrazione attiva. Le principali sono la CONSOB e l’antitrust ecc.
La giustizia nell’Amministrazione
Convalida: rimozione dei difetti.
Ratifica: si realizza soprattutto nei casi nei quali l’organo che ha emanato l’atto era incompetente, sicché l’atto è ratificato dall’organo competente.
Conversione: si attribuiscono all’atto invalido gli effetti di altro atto del quale possiede i requisiti.
Il TAR ha giurisdizione generale di legittimità e giurisdizione particolare di merito.
Gli organi ausiliari
Nozione e contenuto della ausiliarietà
La Cost. (art. 99 e 100) tratta degli organi ausiliari, cioè del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), del Consiglio di Stato e della Corte dei conti (azione consultiva o di controllo).
Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro
Tali organi non sono costituzionali ma solo costituzionalmente rilevanti e garantiti.
Il C.N.E.L. è composto di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, esattamente di 112 membri, compreso il presidente, che è nominato con decreto del presidente della Repubblica; le funzioni sono consultiva e di iniziativa legislativa; è organo di consulenza delle Camere e del Governo; può agire o di propria iniziativa o su richiesta del Governo.
Il Consiglio di Stato
E’ un “organo di consulenza giuridico – amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione”; si divide in sei sezioni, tre consultive e tre giurisdizionali; il parere non è vincolante; può formulare i progetti di legge e i regolamenti che gli vengano commessi dal Governo.
La Corte dei conti
Fa un controllo (non di merito, cioè solo sul rispetto delle leggi e non su come le spese vengono affrontate) non solo contabile ma anzitutto di legittimità sugli atti del Governo e anche sulla gestione del bilancio dello Stato.
La magistratura
SEZIONE PRIMA: PRINCIPI GENERALI
L’indipendenza del potere giudiziario in generale
La tutela dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura da ogni potere è essa stessa garanzia costituzionale. Il problema sull’interpretazione delle leggi astratte è però politico tutt’oggi.
In particolare: l’indipendenza funzionale e l’indipendenza organizzativa
L’indipendenza funzionale del giudice consiste nella possibilità di giudicare senza soggezione, deve escludersi ogni possibile confusione fra applicazione e creazione del diritto. L’indipendenza organizzativa è la tutela del giudice fuori del giudizio cioè l’autonomia e l’autogoverno del potere giudiziario, garantito e reso concreto dal Consiglio superiore della Magistratura.
Il Consiglio superiore della Magistratura
Si compone di membri di diritto che sono il PR a cui spetta presiedere il C.S.M., il presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione ed elettivi che sono 30 membri, 1/3 dei quali (7) eletti dal Parlamento in seduta comune e 2/3 scelti tra i magistrati ordinari penali e civili. Spettano al Consiglio superiore della magistratura i provvedimenti nei riguardi dei magistrati (art. 105). Per la validità delle adunanze è necessaria la presenza di almeno 21 membri.
Il funzionamento
Il Consiglio elegge un vice presidente fra i dieci componenti di nomina parlamentare. La sezione disciplinare è competente riguardo ai procedimenti disciplinari a carico dei magistrati ed è composta di 15 membri. L’azione disciplinare può essere promossa anche dal Ministro della giustizia (art. 107II), al quale spetta anche l’organizzazione dei servizi (art.110).
Giurisdizione ordinaria e giurisdizioni speciali
Principio fondamentale (art. 102) è quello per il quale la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari. Può subire eccezioni e la stessa Cost. prevede la possibilità di istituire sezioni specializzate.
La responsabilità civile dei giudici
La legge 1988 dispone il “risarcimento dei danni cagionati, con dolo o colpa, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati”. L’azione si propone contro lo Stato, solo successivamente entro un anno lo Stato esercita l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato.
L’azione disciplinare nei confronti dei magistrati
Può essere promossa dal Ministro di Giustizia o dal procuratore generale della Corte di Cassazione.
Il giudice ha l’obbligo non solo di essere “super partes”, ma anche di apparire all’esterno come incorruttibile. Egli non può, dunque, accettare regali, frequentare gli avvocati delle parti o iscriversi ad associazioni massoniche (anche se legali) o partiti.
SEZIONE SECONDA: LA MAGISTRATURA ORDINARIA
La giurisdizione ordinaria
La giustizia, nelle materie civile e penale, è amministrata dal giudice di pace, dal tribunale ordinario, dalla Corte di appello, dalla Corte d’assise e dalla Corte di cassazione. L’art. 107 dice che “i magistrati si distinguono fra di loro soltanto per diversità di funzioni”. Tale articolo ribadisce anche il concetto dell’inamovibilità. Riguardo ad essa, si può obiettare che comporti inefficenza.
Altro problema sostanziale è quello che riguarda le promozioni per anzianità: esse garantiscono l’indipendenza, ma non incentivano l’aggiornamento dello studio da parte dei magistrati.
In sede civile il giudice di pace e il tribunale sono giudici di primo grado. Le sentenze pronunziate in grado di appello possono essere impugnate con ricorso dinanzi alla Corte di cassazione per questioni di mero diritto. In sede penale vige il principio del doppio grado di giurisdizione. Possono essere impugnati dinanzi alla Corte di cassazione i provvedimenti penali non soggetti di per sé stessi ad appello o pronunciati in grado d’appello, per soli motivi di diritto. Sia in sede civile sia penale, il processo si articola in tre fasi: la fase istruttoria, giudiziale ed esecutoria. Le prime due fasi danno luogo al processo di cognizione; la terza al processo di esecuzione.
L’ufficio del pubblico ministero. Posizione e funzioni
In materia civile, il pubblico ministero esercita l’azione civile e interviene nei processi, nei casi stabiliti dalla legge. Il p.m. esercita l’azione penale ed interviene a tutte le udienze penali delle corti e dei tribunali. L’art. 112 Cost. sottolinea l’obbligo del p.m. di esercitare l’azione penale.
Il giudice naturale precostituito per legge e le garanzie del processo
Art. 25: nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, ovvero non è possibile istituire giudici speciali per casi specifici. Nessuno può essere punito in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso (irretroattività). Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
L’art. 113 Cost. stabilisce che “contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale” che non può essere esclusa o limitata. L’art. 24 (2° comma) dichiara la difesa un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Deve essere affidata ad un avvocato abilitato, la Cost. richiede che siano assicurati ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi (uguaglianza sostanziale art 3 comma 2). L’art. 24 (4° comma) affida alla legge il compito di determinare le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari. L’art. 111 Cost. contiene i principi del “giusto processo”.
In particolare: le garanzie del processo penale
In materia penale il principio è di norma quello dell’irretroattività a meno che la legge precedente non fosse meno favorevole al reo. L’art. 27 Cost. detta principi in materia penale, così della personalità della responsabilità penale, quello della presunzione di non colpevolezza dell’imputato fino alla condanna definitiva.
SEZIONE TERZA: I GIUDICI SPECIALI
La giustizia amministrativa
I giudici speciali sono i giudici amministrativi, cioè i giudici ai quali spetta dirimere le controversie nelle quali sia posto in discussione un comportamento della pubblica Amministrazione (TAR).
L’art. 113 detta tre principi:
a) la possibilità di ricorrere ai giudici ordinari o speciali, contro gli atti della PA per la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi;
b) l’impossibilità di escludere o limitare tale tutela giurisdizionale a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti (ad esempio: non ci deve essere un tribunale che tratti soltanto di una materia specifica).
c) la possibilità di indicare con legge gli organi giurisdizionali competenti ad annullare atti della pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.
I Tribunali amministrativi regionali e il Consiglio di Stato
I Tribunali amministrativi regionali (T.A.R.), sono previsti dall’art. 125 Cost. come “organi regionali di giustizia amministrativa di primo grado”. La giurisdizione del T.A.R. è di regola di legittimità (cioè può conoscere solo dei vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge) ed ha una competenza particolare di merito. Il procedimento dinanzi al T.A.R. si conclude con una sentenza che può essere impugnata in appello dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, che si configura così come giudice amministrativo di secondo grado. Il Consiglio di Stato, si compone di sei sezioni, delle quali le prime tre con competenza consultiva mentre le altre hanno competenza giurisdizionale. La decisione del Consiglio di Stato è definitiva e, salvo i casi di revocazione, può proporsi ricorso in Cassazione.
La competenza giurisdizionale della Corte dei conti
Si compone di sezioni centrali e di sezioni regionali. Le sezioni giurisdizionali hanno competenza in materia di responsabilità contabile e in materia pensionistica. Le sezioni regionali giudicano in materia di contabilità pubblica e contro le loro sentenze è ammesso ricorso, entro 60 giorni, alle sezioni giurisdizionali centrali. E’ pur sempre ammissibile il ricorso in Cassazione.
REGIONI E AUTONOMIE LOCALI
Le autonomie locali territoriali
Le autonomie locali indicano la possibilità che gli enti locali hanno di creare diritto dando vita a norme che entrano a comporre l’ordinamento giuridico statale. Nell’ambito della propria competenza, la Regione è libera di compiere le proprie scelte, può quindi concludersi che anche la Regione ha il potere di svolgere attività politica.
Le Regioni
Il dibattito sul federalismo
Le mire espansionistiche delle monarchie portarono alla nascita degli Stati europei, che nacquero, dunque, allo scopo di ampliare i propri territori, con il conseguente sperpero di risorse pubbliche.
In Italia il federalismo oggi si concretizza in una maggiore autonomia delle Regioni. Chi è favorevole al federalismo generalmente critica lo Stato centralizzato sul modello francese, mentre elogia quello statunitense degli stati federati. La globalizzazione riduce ulteriormente il potere dello Stato come ente centrale poiché eccessive restrizioni o tassazioni comportano la fuga di capitali all’estero, ponendo gli Stati stessi in concorrenza tra loro. Per ridurre il prelievo fiscale e distribuire in maniera più adeguata le risorse si vuole, dunque, ricorrere ad una decentralizzazione dei poteri e delle entrate tributarie.
Il movimento regionalista e l’istituzione delle Regioni
Le Regioni sono 5 a statuto speciale (poteri maggiori) e le quindici rimanenti a statuto ordinario.
SEZIONE PRIMA: LA POTESTA’ NORMATIVA REGIONALE
Le fonti giuridiche regionali: a) gli statuti ordinari
Le Regioni sono titolari di competenza alla emanazione di fonti di tre tipi: gli statuti, le leggi regionali e i regolamenti regionali. Gli statuti sono le fonti regionali di maggior rilievo. Gli statuti delle Regioni ad autonomia speciale sono leggi costituzionali dello Stato. L’art. 123 dispone che “ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Cost., ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento” e ancora che l’approvazione di ogni statuto ordinario è del Consiglio regionale. Dopo la riforma del ’99, il Governo entro 30 giorni può proporre la questione di legittimità di uno statuto regionale di fronte alla Corte Cost, perché ad oggi gli Statuti debbono essere in armonia con la sola Costituzione e non più anche con le leggi statali.
Segue: la posizione sistematica degli statuti fra le fonti regionali
L’autonomia statutaria
Gli statuti sono atti regionali, lo statuto regionale è sovraordinato alla legge regionale. Sarebbe la “Costituzione regionale”. Secondo l’art. 123 “lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Con la riforma del ’99 è stato ampliato l’oggetto degli Statuti potendo essi oggi regolare le forme di Governo regionali. Si elegge direttamente il Presidente della Regione (cosiddetto Governatore).
Per quanto riguarda gli Statuti delle Regioni speciali, prima della riforma esse erano parificate a leggi statali, per questo dovevano essere approvate dal Parlamento che poteva persino rifiutarle e questo comportava paradossalmente una minore indipendenza di tali Regioni.
b) Le leggi regionali – La legislazione esclusiva e l’autonomia legislativa
La più rilevante e qualificante potestà conferita alle Regioni è la competenza a porre disposizioni equiparate alla legge ordinaria statale. Prima della riforma, le Regioni potevano soltanto legiferare sulle materie indicate dall’art. 117. Oggi il principio è stato ribaltato: l’art. 117 elenca le materie di competenza legislativa statale, mentre tutte le restanti spettano alle Regioni (il che dovrebbe dimostrare una deriva federalista del nostro Stato, sebbene non manchino errori palesi quali l’attribuzione alle Regioni della viabilità, del Codice della strada e dell’industria, mentre allo Stato è stato attribuita la tutela ambientale).
I diversi tipi di legislazione regionale sono la legislazione:
- Esclusiva (spetta alle Regioni a Statuto speciale, e riguarda quelle materie sulle quali soltanto tali Regioni hanno facoltà di disporre)
- Concorrente (lo Stato fornisce i principi fondamentali e tutte le Regioni entrano nel dettaglio)
- Libera
- Integrativa (integra una legge statale)
Segue: la legislazione concorrente
L’art. 117 stabilisce quali sono le “materie di legislazione concorrente” fra Stato e Regioni precisando che in tali materie spetta alle Regioni la potestà legislativa salvo che per la determinazione dei principi fondamentali riservata alla legislazione dello Stato.
Segue: la legislazione “libera”
L’art. 117 stabilisce che nelle materie non espressamente riservate alla legislazione dello Stato spetta alle Regioni la potestà legislativa.
I limiti della legislazione regionale
a) costituzionale;
b) territoriale;
c) impegni internazionali dello Stato (rapporti con l’estero);
d) principi generali dell’ordinamento giuridico;
e) materie;
f) principi fondamentali della legislazione statale;
g) riforme economico-sociali;
h) diritto penale
i) Prima della riforma vi erano altri due limiti: l’interesse nazionale (le leggi regionali potevano essere censurate anche se solo in contrasto con la politica nazionale) e la concordanza con le leggi attuali. Questi due limiti sono stati eliminati ritenuti eccessivamente mobili: cambiando il Governo o le leggi anche la Regione si sarebbe dovuta adattare.
Il procedimento formativo delle leggi regionali
Le leggi regionali vengono deliberate dai Consigli regionali. Approvata dal Consiglio, la legge regionale deve essere sottoposta al controllo di legittimità e di merito, del Governo nazionale. A tal fine (art. 127 Cost.) la legge deve essere comunicata entro 5 giorni al Commissario del Governo per il visto da apporsi entro 30 giorni da tale comunicazione. Il Governo può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge. La legge è promulgata dal presidente della Giunta regionale; viene poi pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione e riprodotta nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica; entra in vigore non prima di 15 giorni dalla sua pubblicazione sul Bollettino regionale.
La posizione della legge regionale nel sistema delle fonti normative
Anche la legge statale deve cedere alla legge regionale, quando quest’ultima disciplini una materia attribuita alla legislazione regionale, nei limiti costituzionalmente stabiliti.
I regolamenti regionali
L’art. 123 afferma che il presidente della Giunta regionale emana i regolamenti regionali. I regolamenti sono fonti secondarie e pertanto subordinate alle fonti di grado primario tanto statali quanto regionali. Sembra da escludersi una loro subordinazione ai regolamenti statali.
SEZIONE SECONDA: LA POTESTA’ AMMINISTRATIVA REGIONALE
L’autonomia amministrativa
Precedentemente alla riforma del 2001, l’art. 118 (rimandando alle materie elencate nel 117) disciplinava le competenze amministrative secondo un criterio di parallelismo con quelle legislative (ovvero se poteva legiferare poteva amministrare). In caso di inerzia lo Stato spesso si ingeriva nelle materie del vecchio art. 117, con conseguente critica da parte della Corte Costituzionale stessa.
Oggi l’art. 118 stabilisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che per assicurarne l’esercizio unitario, ovvero qualora sia necessaria una regolamentazione superiore rifacendosi al principio di sussidiarietà:
- Sussidiarietà verticale: si passa da Comuni a Province a Regioni a Stato
- Sussidiarietà orizzontale: si cerca di favorire l’intervento della comunità e di enti privati, poiché si suppone che conoscano più da vicino i loro problemi (liberalismo)
Il controllo preventivo sugli atti amministrativi regionali è stato abrogato (art. 125 comma 1), infatti non esiste più la Commissione Statale di Controllo.
Il principio di sussidiarietà
Il principio di sussidiarietà (con un’affermazione positiva nel Trattato di Maastricht) attribuisce le funzioni “all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini” (anche art. 5 Cost.).
SEZIONE TERZA: LA POTESTA’ FINANZIARIA REGIONALE
L’autonomia finanziaria regionale
L’art. 119 Cost. precisa che le Regioni, i Comuni e le Province hanno risorse autonome e stabiliscono tributi ed entrate proprie e dispongono di compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo (cioè contributi a fondo perso) senza vincoli di destinazione per i territori più poveri. Le innovazioni più significative, dall’anno 2001, sono:
- la soppressione dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni a statuto ordinario;
- la compartecipazione sull’IVA;
- l’aumento dell’aliquota dell’addizione IRPEF;
- l’aumento della compartecipazione regionale all’accisa sulle benzine;
- la possibilità di emettere titoli obbligazionari (“Bot regionali”), senza alcuna garanzia statale, con il vincolo che essi vadano a finanziare delle spese di investimento.
Con la nuova regolamentazione, sorge tuttavia il problema dell’eccessiva tassazione: essendo le imposte già al loro limite massimo, è necessario un bilanciamento tra quelle regionali e quelle statali.
Particolare importanza, nel quadro delle uscite, rivestono le spese sanitarie. Le Regioni hanno un proprio demanio (strade) e un proprio patrimonio.
SEZIONE QUARTA: GLI ORGANI DELLE REGIONI
Il Consiglio regionale
L’art. 121 afferma che organi della Regione sono il Consiglio regionale, la Giunta e il suo presidente. Il Consiglio regionale è un organo rappresentativo in via diretta della volontà popolare ed ha la potestà di decisione. Prima della riforma ‘99 il Consiglio era l’unico organo eletto (vi è una similitudine col Governo Parlamentare), mentre oggi lo è anche il Presidente (similitudine col Governo Presidenziale).
La legge prevede in generale, “salvo statuto contrario”, che:
a) il numero dei consiglieri regionali è fissato fra un massimo di 80 e un minimo di 30;
b) sono elettori i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l’elezione della Camera dei deputati;
c) sono eleggibili i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un qualsiasi comune della Repubblica;
d) il sistema elettorale per le Regioni ordinarie è conformato al sistema per l’elezione della Camera dei deputati e dal 1995 è stato introdotto un nuovo sistema che combina il sistema proporzionale con quello maggioritario, tale sistema è stato integrato introducendo l’elezione diretta del presidente della Giunta che entra di diritto a far parte del Consiglio regionale;
e) i Consigli regionali durano in carica 5 anni.
“Status” dei consiglieri regionali
I consiglieri regionali godono di insindacabilità per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni (come l’immunità parlamentare).
Attribuzioni del Consiglio regionale
Il Consiglio regionale “esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Cost. e dalle leggi” inoltre “può fare proposte di legge alle Camere”.
Rientrano nella competenza consiliare:
a) l’esercizio della potestà statutaria regionale;
b) l’esercizio della potestà legislativa regionale;
c) l’adozione degli indirizzi generali dell’attività regionale;
d) la formulazione dei pareri per la programmazione economica nazionale;
e) la partecipazione all’elaborazione agli atti legislativi;
f) la decisione su deleghe agli enti locali sub-regionali;
g) l’adozione di voti da indirizzare al Governo o alle Camere;
h) l’assunzione di deliberazioni esplicitamente conferite dalla Cost. e cioè: formulazione di proposte di legge alle Camere ecc.
i) La mozione di sfiducia contro il Governatore (Presidente della Regione): tale provvedimento comporta anche lo scioglimento del Consiglio (che di solito non si “suicida”), con una conseguente maggiore compattezza e stabilità.
La Giunta regionale e la sua posizione nell’organizzazione regionale
La Giunta è l’organo esecutivo della Regione. Per espressa disposizione costituzionale il suo presidente rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione (art. 121) conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica. Il numero degli assessori è fissato negli statuti e non godono dell’immunità.
Nomina e revoca della Giunta
La nomina della Giunta è attribuita alla decisione del presidente; la Giunta non deve ottenere la fiducia del Consiglio né presentarsi ad esso con una dichiarazione programmatica; al presidente è attribuito oltre al potere di nomina anche di revoca degli assessori (quello che il Premier non può fare coi ministri).
Le competenze della Giunta e del suo presidente
Il compito attribuito alla Giunta è quello di attuare i programmi approvati dal Consiglio regionale; ha l’iniziativa delle leggi regionali e ricorre alla Corte costituzionale per illegittimità costituzionale di leggi o di atti aventi forza di legge dello Stato o di un’altra Regione.
SEZIONE QUINTA: I CONTROLLI SULLE REGIONI
I controlli sulle leggi regionali
Il controllo spetta al Governo, al Commissario del Governo, alla Commissione interparlamentare.
I più importanti atti oggetto di controllo sono le leggi regionali sulle quali lo Stato esercita un controllo di legittimità costituzionale sotto il profilo della competenza. Il Governo non ha la possibilità di opporsi all’entrata in vigore di una legge regionale ma può soltanto ricorrere alla Corte costituzionale. Gli atti amministrativi regionali non sono soggetto ad alcun controllo.
Il controllo sugli organi regionali
Lo scioglimento o la rimozione sono disposti con decreto motivato del PR, sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali, in caso di atti contrari alla Cost. o gravi violazioni.
Gli enti locali infraregionali (leggere)
L’autonomia dei comuni e delle province. Le città metropolitane
L’art. 114 afferma che la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane e dallo Stato.
Il Comune: gli organi
E’ un ente territoriale minore, disciplinato dalla nuova legge sull’”Ordinamento delle autonomie locali”. Premesso che il consiglio comunale dura in carica 5 anni ed è composto dal sindaco e da un numero di consiglieri variabile da 12 a 60, deve distinguersi fra comuni fino a 15 mila abitanti e comuni la cui popolazione superi tale cifra.
Per i primi l’elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente all’elezione del sindaco.
Per i secondi il Sindaco è eletto a doppio turno con suffragio universale. Al primo turno è eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. Qualora nessun candidato abbia ottenuto tale maggioranza si procede a votazione di ballottaggio fra i due candidati che al primo turno hanno riportato il maggior numero di voti.
Gli organi di governo del comune sono il sindaco, la giunta municipale e il Consiglio comunale. Nei comuni con più di 15 mila abitanti è disposta l’elezione di un presidente del Consiglio comunale negli altri può essere prevista dagli statuti. Gli assessori sono nominati dal sindaco, vi è l’incompatibilità tra la carica di consigliere e di assessore, in questo caso cessa dalla carica di consigliere. Il sindaco (ha compiti di stato civile, ordine e sicurezza pubblica, sanità ed igiene, polizia) ha la responsabilità dell’amministrazione del comune, rappresenta l’ente, convoca e presiede la giunta, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti. Il sindaco mantiene la qualifica di “ufficiale del Governo”. Quanto al consiglio, dichiarato organo di indirizzo e di controllo politico – amministrativo, spettano ad esso le decisioni sugli “atti fondamentali”.
La Provincia e la “città metropolitana”. Cenni
In alcune regioni ad autonomia speciale, la provincia è stata soppressa. Gli organi istituzionali della provincia sono il presidente, la giunta, il consiglio provinciale. La durata normale è fissata in 5 anni. Il presidente della provincia è eletto direttamente dagli elettori della circoscrizione provinciale, contestualmente all’elezione del consiglio provinciale. L’elezione può avvenire in un solo turno o a due turni. Per i consiglieri provinciali l’elezione avviene sulla base di collegi uninominali.
LE GARANZIE DELLA COSTITUZIONE
La revisione costituzionale
La rigidità della Costituzione
Essendo rigida la Cost. i procedimenti di revisione sono più meditati, la revisione può essere attribuita alla competenza di un’Assemblea costituente. La nostra Cost. richiede fra l’altro speciali maggioranze.
La revisione nella vigente Costituzione italiana
La revisione costituzionale è ammessa con il solo limite esplicito dell’art. 139 ed adotta un sistema che dà sufficienti garanzie di rigidità. L’art. 138 Cost. stabilisce così, anzitutto, che gli organi competenti alla adozione di leggi di revisione della Cost. sono le due Camere. Il procedimento è tuttavia aggravato per tre aspetti:
a) sono richieste due successive deliberazioni da parte di ogni Camera;
b) fra le due deliberazioni debbono intercorre almeno tre mesi;
c) deve essere approvata comunque, nella seconda votazione, con una maggioranza assoluta.
Qualora però la maggioranza conseguita anche in una sola Camera superi la maggioranza assoluta ma sia inferiore ai due terzi dei componenti, la legge potrà essere sottoposta a referendum popolare ove ne venga fatta richiesta. La sottoposizione a referendum popolare di una legge di revisione può essere chiesta da un quinto dei membri di una Camera o da 500.000 elettori o da 5 Consigli regionali. Per la validità del referendum costituzionale non è richiesto alcun QUORUM.
I limiti della revisione costituzionale
Un limite lo si trova nell’art. 139 Cost. per il quale “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. La Repubblica deriva immediatamente dal referendum popolare.
La giustizia costituzionale
La sottoponibilità della legge a giudizio di costituzionalità
Se la Cost. fosse flessibile, qualsiasi legge statale, in via di principio, potrebbe modificarla.
“Sindacato diffuso” (USA) e “sindacato accentrato” (Italia) di costituzionalità
Si parla di sindacato diffuso quando ogni giudice, all’atto di applicare una legge, può, e deve, accertarne la conformità costituzionale, disapplicandola in caso di difformità. Il giudice non annulla la norma ritenuta incostituzionale, ma si limita a non applicarla (fenomeno americano definito “governo dei giudici”). Sistema opposto è quello del sindacato accentrato che si realizza quando la competenza a valutare la conformità a Cost. delle leggi è attribuita a un solo organo.
Al momento di costiuirlo si ritenne necessario un organo accentrato perché i singoli giudici avevano un orientamento ancora troppo liberale o fascista. La soluzione della Cost. italiana è stato istituire la Corte costituzionale (che entrò in vigore nel ’56, 8 anni dopo la Costituzione), con competenza esclusiva sulle questioni concernenti la costituzionalità delle leggi e degli atti con forza di legge, in materia di conflitti di attribuzioni fra i poteri o fra Stato e Regioni o fra Regioni e sulla ammissibilità delle richieste di referendum. E’ competente a giudicare anche sulle accuse promosse contro il PR nei casi previsti dalla Cost.
La composizione della Corte costituzionale
La composizione è disciplinata dall’art. 135 Cost. Elettorato Attivo: la Corte è composta di 15 giudici, 5 nominati dal PR, per un terzo dal Parlamento in seduta comune a maggioranza prima di 3/5 poi di 2/3 (per promuovere una certa attenzione politica) e per un terzo dalle magistrature superiori, 3 dalla Corte di Cassazione, 1 dal Consiglio di Stato ed 1 dalla Corte dei Conti (per promuovere, invece l’attenzione giuridica).
Elettorato passivo: i giudici sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio; restano in carica per 9 anni e non sono rieleggibili.(Negli USA per garantire più indipendenza restano in carica a vita). Si pone il problema della incompatibilità successiva alla carica: potendo assumere qualsiasi ruolo, terminati i 9 anni, il giudice potrebbe essere indotto a comportamenti che favoriscano la propria carriera. La Corte ha un presidente che è eletto dai giudici ordinari a maggioranza dei componenti; la durata in carica è determinata in 3 anni (ed è rieleggibile) dall’art. 135. A parità di voti, su una questione di legittimità, il suo voto vale doppio; egli stabilisce il calendario delle udienze, decide gli incarichi dei giudici.
L’inesistenza delle opinioni della minoranza
Sono segrete le opinioni dissenzienti (quella di chi non condivide l’opinione della maggioranza dei membri della Corte) e concorrenti (non si condividono soltanto le motivazioni ma si è d’accordo sul risultato finale) dei giudici della Corte. Questa regola, con riguardo al già citato problema dell’incompatibilità successiva, fa sì che un giudice non possa farsi pubblicità ed evita, a dispetto di un minore dibattito e di una minore chiarezza, che di diminuire l’autorevolezza della sentenza.
Le funzioni della Corte costituzionale
Ai sensi dell’art. 134 Cost. la Corte è competente a giudicare:
1. sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
2. sui conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato e fra Stato – Regioni e fra le Regioni;
3. sulle accuse contro il PR.
4. Sull’ammissibilità dei referendum abrogativi (art. 75 Comma 2).
a) Il giudizio di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti con forza di legge di Stato e Regioni
Deve trattarsi di atti (con forza di legge) e quindi è da escludersi l’impugnabilità di norme consuetudinarie o regolamenti. Non si esclude che tali atti siano incostituzionali ma la competenza a giudicare spetta al giudice ordinario o al giudice amministrativo. La forza di legge comporta, per l’atto che la possiede, una duplice qualità, consistente:
a) nella capacità innovativa, cioè di abrogare o di modificare qualsiasi atto di grado legislativo;
b) nella capacità di resistenza, nella capacità cioè di non essere abrogato o derogato da parte di qualsiasi atto di grado non legislativo.
In poche parole abroga le norme di grado inferiore e non può essere da esse abrogata.
Questo porta a concludere che sono certamente atti statali con forza di legge definiti decreti legislativi e decreti legge. La Corte non controlla, invece, i regolamenti, secondo il principio di autonomia delle Camere. Tutela, però, non solo la conformità costituzionale ma anche i principi costituzionali non scritti.
I possibili vizi delle leggi
I vizi possono essere formali o sotanziali (anche detti materiali). I vizi formali, (possono interessare anche una legge costituzionale) attengono alle procedure seguite nella formazione della legge mentre i vizi sostanziali attengono al suo contenuto prescrittivo e possno esservi per incompetenza (conflitti tra Stato e Regioni), eccesso di potere e violazione della legge in generale.
Il ricorso alla Corte costituzionale in via di azione (o principale)
L’accesso alla Corte costituzionale si concreta in un ricorso, poiché essa non agisce mai d’ufficio.
Il procedimento in via di azione può essere avviato soltanto dalle Regioni nei confronti delle leggi di Stato e viceversa (e tra Regione e Regione). Le leggi statali possono essere impugnate dalle regioni solo per invasione di competenza. La legge regionale può essere impugnata dal Governo, quando esso ritenga che la legge “ecceda la competenza della Regione”, entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta, mediante, dunque un controllo successivo (un tempo era preventivo).
Il ricorso alla Corte costituzionale in via di eccezione (o incidentale)
I giudici o le parti in causa, per far valere l’illegittimità costituzionale di una legge, possono accedere alla Corte solo in via di eccezione o incidentale (durante un processo). Il legislatore si è preoccupato di non gravare il giudice costituzionale di questioni pretestuose dirette solo a ritardare il giudizio principale e ha fissato due condizioni di ammissibilità del ricorso, cioè la rilevanza della questione e la sua non manifesta infondatezza.
Problemi collegati con il procedimento in via di eccezione (incidentale). In particolare: la “rilevanza” della questione
E’ stata esclusa la competenza a sollevare questione di costituzionalità sia del pubblico ministero nonché del giudice dopo la proposizione del ricorso per regolamento di giurisdizione. La “rilevanza” consiste nell’accertamento che tale processo non può essere definito “indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale”.
Segue: la “non manifesta infondatezza” della questione
E’ un esempio di esame deliberativo: esprime un giudizio approvando o respingendo la questione. E’ l’autorità giurisdizionale a giudicare se la legge in questione è palesemente conforme alla Cost.
Elementi essenziali dell’ordinanza
La richiesta di incostituzionalità deve indicare: 1. oggetto (la legge ritenuta incostituzionale) 2. parametro (i principi violati) 3. motivazioni (spiegandone la rilevanza).
Successivamente deve essere notificata alle parti, inviata alla Corte e pubblicata sulla Gazzetta (per permetterne la conoscenza in caso di processi simili).
La decisione della Corte
Qualora non vi sia una sentenza processuale, nei casi di questione infondata o irrilevante, la Corte giudica in via definitiva con sentenza di merito che può essere di accoglimento o di rigetto. Con le prime viene accolto il ricorso e quindi viene dichiarata incostituzionale la disposizione. Con le seconde il ricorso viene invece respinto.
Effetti delle sentenze di accoglimento
Debbono essere pubblicate immediatamente e comunque non oltre 10 giorni sulla “Gazzetta Ufficiale” e in caso di legge regionale sul “Bollettino Ufficiale” della Regione.
L’art. 136 dispone che la norma dichiarata incostituzionale dalla Corte “cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. L’efficacia della sentenza di accoglimento, sotto il profilo temporale, pone il problema della retroattività della pronuncia della Corte. Le sentenze di accoglimento spiegano i loro effetti nei confronti di tutti i rapporti giuridici pendenti (cioè i processi in corso) restando esclusi i soli rapporti esauriti, eccezion fatta in ambito penale dove, se la sentenza è più favorevole al reo rispetto a quella per la quale era stato condannato, essa regola anche i rapporti esauriti favorendo, dunque, la libertà personale.
Le sentenze di rigetto
Qualora la Corte costituzionale non ritenga fondata la questione di costituzionalità sottoposta al suo giudizio pronuncia una sentenza di rigetto. Tali sentenze sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. A differenza delle sentenze di accoglimento, le decisioni di rigetto non hanno efficacia generale, e i loro effetti sono limitati al processo e vincolano soltanto le parti (“inter partes”) e quel giudice in particolare. Nulla esclude pertanto che la questione di costituzionalità venga nuovamente sollevata sia nello stesso processo sia in altro.
Le “altre” sentenze della Corte costituzionale
Se non è la disposizione ad essere oggetto del giudizio ma l’interpretazione che ne è stata data dall’operatore giuridico la sentenza viene definita “interpretativa” (anch’essa può essere di accoglimento o di rigetto). Essa non è vincolante, ma se l’interpretazione risultasse sempre errata alla fine la Corte dichiarerebbe incostituzionale la norma. Le sentenze “additive” dichiarano incostituzionale una norma per omissione del legislatore (cioè manca qualcosa). Altre sentenze che non si limitano a dichiarare la legittimità o l’illegittimità di una legge sono quelle definite “manipolative” con le quali la Corte si comporta da legislatore modificandola. Le sentenze “monitorie” con le quali la Corte respinge il ricorso, avvertendo però il Parlamento che la mancata modificazione di una certa disciplina legislativa costringerà la Corte a dichiarare incostituzionale la disciplina vigente (questo perché si preferisce in quel contesto politico posticiparne l’abrogazione).
b) Il giudizio sui conflitti di attribuzione
Si ha conflitto quando due o più organi pretendano di essere entrambi competenti (conflitto positivo) o incompetenti (conflitto negativo) in una certa materia. Si richiede, dunque, l’esistenza di un atto ed un giudizio preventivo della Corte sull’ammissibilità dei conflitti. Essi sono di 2 tipi:
a. Fra Stato e Regioni
b. Fra poteri dello Stato
– Soggetti: Parlamento, Governo, Magistratura, PR, gli enti promotori dei referendum etc.
– Oggetto: per rivolgersi alla Corte il conflitto deve ovviamente riguardare la Costituzione
c) Il giudizio sull’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo
La Corte costituzionale giudica sull’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo (art. 75). Dovrà accertare che non siano leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali.
d) Il giudizio sulle accuse contro il presidente della Repubblica
Possono riguardare solo l’alto tradimento e l’attentato alla Cost. Ai sensi dell’art. 90 Cost. il PR è posto in stato di accusa con votazione del Parlamento. La deliberazione è trasmessa entro due giorni al presidente della Corte. Investita del procedimento di accusa, la Corte costituzionale deve, anzitutto procedere alla propria integrazione con i cosiddetti giudici “aggregati” (previsto dall’art. 135). I sedici giudici “aggregati”, il cui unico requisito è l’eleggibilità a senatore, sono estratti a sorte dall’elenco di 45 nominativi formato dal Parlamento ogni 9 anni mediante elezione. Il giudice che non sia intervenuto ad una udienza non può partecipare alle udienze successive. Il Collegio deve essere costituito da almeno 21 giudici. La sentenza è inappellabile, la Corte determina le sanzioni penali nei limiti del massimo di pena vigenti al momento del fatto (oggi l’ergastolo).