Le quotazioni a termine
Per prima cosa precisiamo che anche in caso di quotazioni a termine dovremmo considerare sia i tassi bid che i tassi ask, ma per comodità parleremo di un unico tasso medio.
Il prezzo a termine è in realtà un prezzo fissato oggi, ma la consegna avverrà in una data futura. Quindi, sebbene il prezzo a termine sia una sorta di previsore del tasso di cambio, il modo in cui viene costruito non ha nulla a che vedere con le aspettative, bensì si basa su informazioni note oggi.
Supponiamo di dover decidere se investire un capitale di 1000 euro in euro oppure in dollari. Se investiamo tale capitale in euro, esso sarà remunerato al tasso a 12 mesi sull’euro, ossia 1,37%; perciò, a fine anno, otterremo una somma corrispondente al montante:
M12 = 1000 (1 + 1,37%) = 1013, 70 €.
Se invece volessimo investire il nostro denaro in dollari, dovremmo innanzitutto trasformare il nostro capitale iniziale in dollari: 1000 € = 1315,3 $ (1 € = 1,3153 $). Tale capitale sarà quindi remunerato al tasso a 12 mesi sul dollaro, ossia 1,05%; perciò a fine anno otterremo una somma corrispondente al montante: M12 = 1315,3 (1 + 1,05%) = 1329,1 $.
Tuttavia, è impossibile sapere al tempo 0 quale dei due investimenti risulterà migliore: infatti, la convenienza dipenderà dal tasso di cambio euro-dollaro che sarà in vigore tra 12 mesi. Ciò che sappiamo è che la quotazione a termine è quel tasso di cambio che rende indifferente l’investimento in euro rispetto all’investimento in dollari; matematicamente, è quel tasso che, usato per convertire il montante dell’investimento in euro, rende tale montante uguale a quello dell’investimento in dollari. Perciò risulterà: 1329,1 QP$/€ (1 + i$ t)
X = 1,311 1013,7 1 (1 + i€ · t)
ossia: (1 + i$ · t)
QT$/€ = QP$/€ · (1 + i€ · t)
Il prezzo a termine, quindi è funzione di due variabili note oggi, ossia della condizione a pronti e del differenziale tra i tassi di interesse delle valute che ci interessano.
Tuttavia, l’esempio che abbiamo visto è una semplificazione della strada reale che porta al calcolo dei cambi a termine. Come nel caso dei cross rates, supponiamo che nessuno sia disposto a quotare un prezzo per la consegna di euro contro dollari a 12 mesi. Tutti gli strumenti derivati prendono avvio da questa problematica e dal ragionamento che ne consegue, che prende il nome di teoria del cost of carry (costo di carico).
Prima di ragionare sui tassi di cambio, è utile riportare un esempio di immediata comprensione: supponiamo che una ditta voglia avere certezza sul prezzo che una determinata merce avrà fra 12 mesi, ma che nessuno sia disposto a quotare un prezzo oggi. In questo caso, la ditta potrebbe acquistare oggi la merce, ma sorgerebbero diversi problemi: innanzitutto, la ditta potrebbe non disporre del denaro per comprare la merce, perciò sarebbe costretta a indebitarsi; in secondo luogo, la merce non verrà utilizzata immediatamente, perciò dovrà essere immagazzinata, con tutta una serie di costi di stoccaggio e di assicurazione, indispensabili per evitare il rischio di deterioramento o distruzione. Si parla quindi di costo di carico perché non bisogna considerare solo il costo della merce, ma anche i costi di indebitamento, di stoccaggio e di assicurazione.
Tale ragionamento può essere riportato in maniera analoga per la costruzione dei tassi di cambio a termine, sebbene le voci di costo da considerare saranno diverse da quelle previste per i beni fisici. Riprendendo l’esempio precedente, relativo al cambio euro-dollaro, andiamo a vedere che cosa accade quando abbiamo necessità di acquistare euro a termine oppure di vendere euro (acquistare dollari) a termine e nessuno è disposto a quotare un prezzo oggi. In questi casi si parla di acquisto sintetico di euro a termine, oppure di vendita sintetica di euro a termine.